Dislessia, se il triennio delle superiori rischia di diventare un muro invalicabile

La madre di una 16enne: «Alle elementari e alle medie è stata una fatica immensa, sulla pagella di quinta scrissero: “Fa fatica a stare attenta”»

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Barbara oggi ha 16 anni e si trova a un bivio: cosa fare a scuola dove, concluso il biennio, dovrebbe iscriversi al triennio per completare il ciclo dell’Istituto Alberghiero di Forlimpopoli che frequenta. I suoi docenti hanno espresso serie preoccupazioni. Senza sostegno, per lei, potrebbe essere una sfida fuori portata. Dopo anni di impegno suo e della sua famiglia, che risiede a San Pietro in Vincoli, il disturbo dell’apprendimento potrebbe diventare un ostacolo insormontabile. «Abbiamo chiesto per questo di rifare la diagnosi – ci spiega la madre Giorgia, maestra di cucina e chimico – per evitare che tutti gli sforzi fatti finora, da Barbara in primis, non siano stati vani. Il suo disturbo è particolarmente grave, si può dire che si tratti di un caso “borderline” e quindi ci siamo rivolti all’Ausl nella speranza di una diagnosi che permettesse una certificazione diversa per poter avere il sostegno scolastico di cui avrebbe bisogno».

Una scelta non facile con conseguenze importanti, ma poiché nemmeno per chi ha un disturbo così importante è previsto il sostegno, alla famiglia è parsa una strada obbligata. È stato un percorso lungo quattro mesi in cui, racconta ancora Giorgia, si è sentita dire cose che avrebbe preferito non sentire.  «Mi hanno consigliata di “ri-orientarla”, sapete cosa significa? Mandarla a fare un corso professionale. Ma lei si trova bene, la scuola le piace, e sta frequentando un Alberghiero…». Giorgia parla anche di inopportune considerazioni sul fatto che lei, in attesa di un altro figlio, fosse semplicemente preoccupata di non poter più seguire la figlia con i compiti o di non volersi rassegnare alla situazione. Il tutto dal reparto di neuropsichiatria infantile dell’Ausl di Ravenna a cui si era rivolta e che alla fine ha confermato la diagnosi di “disturbo dell’apprendimento”, «anche se sul referto – dice Giorgia – si parla, fra le altre cose, di una capacità di coordinazione occhio-mano inadeguata all’età. Ora la mia speranza è trovare un neurologo accreditato che abbia il coraggio, eventualmente, di fare una diagnosi che potrebbe andare contro il parere dell’Ausl. Non sarà facile e non so se servirà, ma che scelta abbiamo? Intanto Barbara, che è pienamente consapevole della situazione e anche molto arrabbiata, è decisa a iscriversi a settembre in terza con tutti i suoi compagni. E noi la appoggeremo».

È questo l’ultimo episodio di un percorso che non è stato facile in questi anni, a cominciare dalla diagnosi. «Alle elementari, a San Pietro in Campiano, ci dicevano che era svogliata e che anzi escludevano una qualsiasi diagnosi di dislessia, continuavano a dirci che dovevamo avere pazienza perché ogni bambino ha i suoi tempi», ci racconta ancora la mamma. «Di nostra iniziativa le abbiamo fatto fare visite e test da cui è emersa una dislessia importante che le impediva di apprendere con i sistemi utilizzati dai compagni. Da allora, Barbara è sempre stata seguita, ha potuto usufruire delle mappe e degli ausili previsti e a casa, soprattutto mio marito Andrea, l’ha aiutata moltissimo con i compiti per permetterle di arrivare alla terza media e alle superiori. A tutto questo va aggiunto l’impegno economico: anni di logopedia, esercizi ortottici, ripetizioni, tutto completamente a carico della famiglia, perché per i ragazzi Dsa non c’è nessun tipo di appoggio».

Incredibilmente, racconta ancora Giorgia, il passaggio alle superiori era stato un sollievo. «A differenza di prima, abbiamo trovato docenti disponibili e desiderosi di collaborare, abbiamo avuto un dialogo aperto quasi settimanale. Mentre davvero è stata pessima l’esperienza alle elementari e alle medie, a San Pietro Vincoli. Basti pensare che sulla pagella di quinta elementare, quando già la diagnosi era ben nota, hanno scritto: “Barbara fa fatica a stare attenta”. Ora il problema è naturalmente che i contenuti sono più complessi e la mappa concettuale, per esempio, non basta più, né la sintesi vocale. Dopo tutti questi anni di fatica, ma anche di orgoglio e soddisfazione per lei e per noi, non possono chiederci adesso di fermarci e non arrivare in fondo. E vorremmo semplicemente per lei una situazione che possa vivere con il minimo della sofferenza possibile».

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