A proposito di politica, passione e condivisione: un lettore risponde Seguici su Telegram e resta aggiornato Prendo e pubblico quanto ricevuto. (Considerazioni di un lettore in merito alla mia ultima rubrica pubblicata a questo link) «Caro Enrico, quanti pensieri ed emozioni mi ha stimolato la tua risposta ad una lettrice sull’impegno politico del proprio partner ! Provo a mettere in fila e ad esprimere le mie impressioni non tanto come rappresentante di una istituzione ma come persona normale, iscritta ad un partito, che svolge attività politica in maniera attiva. Penso al fatto che partecipare alla vita politica per la maggior parte delle persone era, forse, più comprensibile in passato, quando era diffuso il modello del militante a tempo pieno ma si viveva tutto come impegno per la conquista di qualcosa. I modelli erano più “astratti” (l’ideologia anziché il leader in carne ed ossa) e, forse, proprio per questo carattere più “trascendente”, più attrattivi: non a caso si è parlato in politologia delle “due chiese ” per i due grandi partiti di massa, DC e PCI. Oggi chi guarda da fuori il militante politico penso che fatichi a capire il perché dell’impegno e della partecipazione, un po’ perché lo spettacolo dato dalla politica (e la “narrazione” che ne danno i media) è spesso avvilente in termini di conflittualità, un po’ perché forse, a volte, non c’ è l’esatta percezione di quanto la società sia in crisi e, proprio per questo, ci sia bisogno di politica e di partecipazione dei singoli ad un progetto collettivo. In più c’è una questione che vedo spesso, cioè il vivere la quotidianità politica come una sorta di “soap opera”, rincorrendo in maniera morbosa le dichiarazioni di uno contro l’altro. Temo sia un vizio molto latino e italiano, questo. La politica deve essere qualcosa di diverso, vissuta e anche combattuta sulle idee e sulle proposte concrete.Sulle spinte narcisistiche e identitarie di cui parli concordo pienamente. E’ indubbio che il bisogno di essere ascoltati e considerati è una componente non indifferente del fare politica: ovviamente la differenza è data dalla “percentuale” che il singolo attribuisce a questa parte narcisistica nella motivazione all’agire politico. La motivazione identitaria, fare politica per sentirsi parte di un gruppo, credo sia una motivazione forte e profonda e credo che dovrebbe essere una delle leve positive su cui spingere proprio per tornare a promuovere la partecipazione attiva ai partiti: soprattutto per i giovani, tornare a fare sentire i ragazzi a casa loro, fosse anche solo per una festa o per qualsiasi cosa essi sentano come consona alle loro esigenze, penso sia importante; è il primo passo per portarli, adeguatamente stimolati, a prendersi cura di “casa propria” e della propria comunità e in futuro, chissà, anche a fare politica attiva. Pensando alla lettera e alla canzone di Rita Pavone che citavi tu mi viene in mente che la gelosia di cui parla la lettrice, oltre che da insicurezze personali più o meno motivate, nasca molte volte da scarsa capacità di condivisione e del fare comprendere la sincerità del proprio impegno per una comunità che non sia “il proprio orto personale”. Ecco, a noi che facciamo politica attivamente il compito di impegnarci non solo in estenuanti riunioni ma anche a fare comprendere fuori, a partire da chi sta vicino a noi, l’importanza e la bellezza di togliere tempo al proprio “privato” per metterlo in un progetto collettivo e stare con le persone. Grazie per lo stimolo che mi hai dato! Un caro saluto, buona giornata e a presto! Mirco Bagnari» Total0 0 0 0 Seguici su Telegram e resta aggiornato leggi gli altri post di: Lo sguardo dello psicologo