Faccio la parrucchiera e spesso mi sento un po’ psicologa Seguici su Telegram e resta aggiornato Gentile Dottore, seguo la sua rubrica. Ho un negozio di parrucchiera e spesso penso di fare un po’ il suo lavoro. Intanto perché ogni volta mi devo adeguare al modo di essere delle clienti. C’è chi è pignola, quella che pretende che intuisca senza darmi praticamente indicazioni. Ma soprattutto devo ascoltare le loro storie, i problemi di famiglia, di lavoro e dare consigli, che immagino dia anche lei. Siamo un po’ colleghi, non trova? Luisa, Cervia Perché no, siamo un po’ colleghi. La sua lettera mi da l’occasione per accennare ad alcune caratteristiche di quello che è il lavoro di uno psicoterapeuta. Lei ha molto più libertà di me, sintetizzerei così. Chi fa un lavoro come il suo incontra persone che, anche con il pretesto di acconciarsi i capelli, cercano un momento di relazione. Ma se avesse fatto la psicologa alcune differenze ci sarebbero state. Dico alcune come eufemismo, perché sono ovviamente tante. Intanto, primo dettaglio importante: non potrebbe ricevere le persone che già conosce. Mi spiego. Quando una persona inizia una terapia ripropone al professionista, in gran parte senza accorgersene, dinamiche che già gli appartengono e che manifesta anche nel suo quotidiano. Allo stesso modo percepisce e associa il terapeuta, essendo fino a quel momento per lui un soggetto sconosciuto, a figure precedenti, importanti per la sua vita. Una sorta di «processo di trasposizione inconsapevole, nella persona dell’analista, di sentimenti provati dal soggetto nei riguardi di persone che ebbero importanza nella sua vita infantile». Se mi conoscesse avrebbe già un’idea di me, ci sarebbero delle opinioni specifiche nei miei confronti che non consentirebbero questa dinamica molto preziosa, di nome transfert. Utile per il lavoro terapeutico. Un’altra differenza sono i consigli. Io non ne propongo, oppure cerco di esprimerli il meno possibile. Se nella vita quotidiana, per due persone che si parlano, è normale manifestare le proprie opinioni e dare consigli, nel mio lavoro non è così scontato. Sarebbe più facile anche per me, ma darei un disservizio al mio paziente. Non gli consentirei di costruire il suo processo interno per arrivare alla sua scelta. È chiaro che non è sempre così, le parlo anche per linea teorica. Piccole indicazioni si danno, ma strada più faticosa ma sanamente evolutiva è quella che le ho descritto. Spero di averle offerto qualche elemento di riflessione. Total0 0 0 0 Seguici su Telegram e resta aggiornato leggi gli altri post di: Lo sguardo dello psicologo