“Marco” e “Pantani”. Identità che potevano conciliarsi Seguici su Telegram e resta aggiornato Caro Dottore, in questo periodo, nel 2004, veniva a mancare Marco Pantani. Era una giornata soleggiata e fredda come oggi. Sono anch’io un ciclista. Mi chiedo perché le cose siano andate a finire così? Ha un’opinione? Andrea. Caro Andrea, guardiamo la storia di Marco dall’inizio. Da quando era poco più che un bambino. Siamo a Cesenatico, una località balneare popolata d’estate ma che è, allo stesso tempo, un piccolo paese di provincia d’inverno. Qui nasce “Marco”, un bambino come tanti. Marco va a scuola, vive la sua vita come tutti gli altri ragazzini, tra famiglia, compiti, amichetti. Pare sia stato un ragazzino timido, intelligente, forse introverso. Gracile, dallo sguardo vivace e le orecchie a sventola. Non è il belloccio del gruppo, quello di cui le ragazzine parlano tra loro nei pomeriggi dopo la scuola. Marco inizia a giocare a calcio, così come tanti suoi coetanei. Il suo fisico minuto, la sua indole, però non fanno sì che questo sport sia per lui l’occasione per riscattarsi e sentirsi valorizzato. Succede invece con il ciclismo: una disciplina dove il suo essere magro, non atletico in senso classico, è un valore non un deficit. Marco inizia a correre ma soprattutto a salire. In salita stacca tutti, compreso sé stesso. Come in una staffetta Marco ha lanciato Pantani. E “Pantani” non aspetta “Marco”, se ne dimentica. Oppure lo stacca apposta. “Pantani” va tanto forte in montagna che lascia a valle tutti gli altri, “Marco” compreso. Lascia a valle quella parte di sé, con cui era cresciuto e che l’aveva accompagnato fino a quel momento. Quel ragazzo altrettanto apprezzabile, ma più timido, introverso e fragile. Questo “Marco” si trova staccato dal “Pantani” in piedi sui pedali e con lo sguardo fermo davanti a sé. Ciononostante “Marco” comunque continua a esistere, continua a pedalare, anche se da solo, nella pianura. “Pantani” avrebbe potuto portare “Marco” con sé, su cannone della sua bicicletta, o perlomeno aspettarlo e ricontattarlo all’arrivo. Invece se ne è dimenticato, l’ha messo da parte, complice un sistema che celebrava il “Pantani” campione, non “Marco”. Una bella storia d’amore invece ridà voce a “Marco”. Una sera in discoteca, vede una ragazza. È Christina, e diventerà il più importante amore della sua vita. Si presenta come “Pantani”, ma lei non lo conosce, non segue il ciclismo, non sa chi sia. Comunque non lo rifiuta, anzi. È disponibile a conoscere “Marco”. Questo mette le basi a un rapporto profondo e importante. I successi continuano, interrotti da incidenti a cui “Pantani” fa fronte per non perdere l’identità acquisita. Fa sacrifici che lo ripagano. L’anno dei grandi successi, dove vince Giro e Tour, Cesenatico, la sua “cittadina di provincia invernale” lo celebra d’estate. Si può fare un’equazione. La piccola cittadina d’inverno sta a Cesenatico turistica come Marco sta a Pantani. Cesenatico è inondata dei colori del campione. Ha il giallo ed il rosa di “Pantani”. Poi Madonna di Campiglio. Qui “Pantani” subisce un colpo drammatico. È delegittimato, è accusato di non essere “Pantani”, di avere millantato quell’identità. E il “Marco” abbandonato a valle, che non ha coabitato sulla bici del Campione, non ha la forza per aiutarlo. Total0 0 0 0 Seguici su Telegram e resta aggiornato leggi gli altri post di: Lo sguardo dello psicologo