Ormai la moda è passata ma non ho ancora capito il gioco dei Pokemon… Seguici su Telegram e resta aggiornato Caro Dottore, mi sono ritrovata un biglietto dello scorso anno, dove mio figlio mi diceva di non aspettarlo e che era uscito in cerca di Pokemon. È una moda passata, adesso ha altri interessi, ma mi è rimasta la curiosità, come mai quella moda aveva così tanto seguito? Maria. Cara Maria, Pokemon Go è un’applicazione che unisce al mondo della realtà quello della fantasia. Fino a poco tempo fa chi usciva per andare in cerca di qualcosa sperava di trovare funghi o tartufi, oggi c’è una possibilità in più. Si accende il cellulare e si gira per le strade del proprio quartiere. Da una parte abbiamo quindi il “reale”, attraverso la funzione street view. Dall’altra abbiamo l’integrazione con il mondo della fantasia. La geniale specificità di questo gioco è che la strada su cui camminiamo fisicamente e quella che ci appare sul display sono la stessa cosa. Solo che sullo schermo vediamo anche un “aggiunta”, una specie di cartone animato, un oggetto fantastico che si integra con il mondo che ci circonda tutti i giorni, e che va raccolto. È possibile che suo figlio, con questa applicazione, integri e contatti aspetti interni di sé. Questi animaletti hanno la funzione, come qualsiasi altro oggetto di gioco, di andare in avanscoperta emotiva. Pensi a quanta aggressività è sintetizzata, ad esempio, in una partita a tennis. Tutti noi abbiamo paure, timori, e l’oggetto di gioco ci consente trasferire lì le nostre paure, i nostri desideri. Di potere dire come vorremmo essere in modo indiretto e protetto. È un modo, un banco di prova, per interfacciarsi con il mondo. Se ci pensa, quando si recita accade questo, ci si immagina in un modo, si consente ad aspetti di noi stessi di rappresentarsi ed emergere. Aspetti a volte buoni, altre volte cattivi e violenti, ma che comunque ci appartengono e che facciamo fatica a riconoscere. Attraverso il teatro è plausibile contattare queste nostre parti. Non a caso recitare in francese si traduce con il verbo giocare, “jouer”. Così come in inglese si usa il verbo “to play”. Giocare e recitare si dicono allo stesso modo. La genialità di chi ha inventato questa applicazione nel fatto che l’integrazione tra mondo della fantasia ed il mondo reale non sono mai state così prossime. I giorni scorsi ho visto una fotografia che ritraeva lo schermo di uno smartphone dove un ragazzo reale era intento a dare un calcio uno di questi animaletti virtuali che aveva trovato. Se avessimo assistito alla scena dal vero avremmo visto questo ragazzo calciare il nulla, ma appunto stava giocando… Total0 0 0 0 Seguici su Telegram e resta aggiornato leggi gli altri post di: Lo sguardo dello psicologo