L’imperdibile ritorno del sergente di Loriano Macchiavelli

Macchiavelli Sterminio Di StelleQuando torna un amico è sempre una festa. Se poi lo si ritrova in forma, spettinato come si deve, con lo stesso sorriso e la medesima capacità di preparare il miglior caffè del mondo, ecco: non ce n’è più per nessuno.
Perché è tornato (qualche mese fa, d’accordo) dopo cinque lunghi anni, Sarti Antonio, con i compagni di sempre, qualche nemico in più, e un nuovo mistero da risolvere. Perché il sergente creato da Loriano Macchiavelli nel 1974 non solo è un amico, è una certezza. Una garanzia di qualità e del piacere di leggere.

Il romanzo è Uno sterminìo di stelle. Sarti Antonio e il mondo disotto (un “sacco di stelle”, non l’ecatombe di stermìnio) e si muove su due piani: l’Emilia del dopo terremoto da un lato, con al centro Bologna “che non è più Bologna”; e quella degli etruschi e dei sicambri, nel 363 dopo Cristo. L’incipit: un eccezionale ritrovamento archeologico (tredici salme di guerrieri giganteschi, dodici con le gambe spezzate dal “martello di Charun”, una integra) innesca una catena di eventi, con morti ammazzati e malaffare a piene mani; per risolvere l’inghippo arriva Sarti e la sua prodigiosa memoria, la sua squadra, l’amico/grillo parlante Rosas e, come sempre, la voce narrante di Loriano Macchiavelli.

Lo scrittore bolognese parla esplicitamente di connivenze, immigrazione, speculazione edilizia, con abusi e violenze, senza però allentare mai i tempi del “giallo”. Con quella scrittura cristallina di sempre, che trascina il lettore una pagina dopo l’altra. Chi ha ucciso l’architetto del cantiere per il nuovo mega stadio? Cosa si nasconde sulle colline bolognesi (dove si sono mossi altri romanzi, che vengono citati attraverso i protagonisti che tornano in questo intreccio)? Perché una diciannovenne è sparita di casa? Come è coinvolta nel mistero delle “tredici mummie”, che diventano quattordici cadaveri? Leggere per credere, e risolvere il mistero.

Se si vuole trovare una morale è che le ruberie… sono le stesse da secoli, etruschi o italiani di oggi che siano i protagonisti, non conta.
Non si pensi di trovare una qualche consolazione, nei due epiloghi, anche dopo aver riannodato tutti i fili e assegnate le responsabilità e le colpe. Il libro si chiude, poi, con una citazione di “Bologna” di Francesco Guccini, per capire da che parte stiamo. Imperdibile.

Un’ultima nota: spesso si cercano e rincorrono nuovi autori, con linguaggi particolari e invenzioni funamboliche per risolvere le trame del delitto. In troppi casi è un esercizio sterile e non soddisfacente. Meglio rileggere Loriano Macchiavelli (da Sarti alla serie scritta con Francesco Guccini, va da sé), datemi retta.

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