Secondo dispaccio

giovedì 4 maggio

Ore 10:31, 26 km ad Arras, 27h di cammino.IMG 3090
Il sangue resta sulla lama, il fango resta sullo scarpone, ricordo di una vecchia scalata di sei anni fa, Lago di Pilato, Monti Sibillini, Luglio 2011, Alba del Progetto SdD.
Discesa alle sei di sera, fra gli ululati dei lupi, in compagnia di Velter, Ivana, Enea, Luigi, Davio e pochi altri.
Scendiamo le pietre fangose, scivolando fino a Foce di Montemonaco e al nostro alloggio. Dopo cena vado per spazzolare via il fango secco dagli scarponi, ma Velter mi afferra la mano: non farlo mai. Il fango resta sullo scarpone. Dentro quel fango ci sono i lupi di queste montagne. Da allora non ho mai più pulito le mie scarpe al termine di una camminata.

Vento freddo, cielo pesante, e una luce metallica ad affogare la materia. Oggi i luoghi covano una grandezza fatale e misteriosa e il passo procede grato, senza fretta.

 

venerdì 5 maggio

Dolore tibia sinistra, stretching e trattamento con Artrosilene.
Non riesco a stendere il piede e a piegarlo verso destra, ho paura. Ogni passo dolorante è un granello di coraggio spazzato via.
Oggi tappa vecchia maniera, sulla D917, con camion, furgoni, trattori e auto a farmi compagnia.
Gueudecourt è una borgata isolata, il benvenuto della desolata e sconfinata regione della Picardie.

 

sabato 6 maggio

Ieri ho pranzato con una scatoletta di tonno, sperando che all’arrivo avrei trovato ad attendermi una cena come si deve, e invece a letto senza cena. Non un bar o un ristorante aperti. In compenso, anche per non sentire la fame, ho dormito per 12h e mezza tutte filate.IMG 3096

Ah, la Picardie! 20km fra paesini e aperta campagna, non una panchina, una seggiola, un ristorante o un mini-market; in compenso decine e decine di memoriali, monumenti ai caduti e cimiteri militari. Austerità e severità. Ma io, dopo un giorno di digiuno e assetato come un cavallo, arrivato a Péronne faccio lauta e colorata scorta di roba da bere per oggi e domani, così da brindare convenientemente ai morti di questa freddissima terra.

 

domenica 7 maggio

Ore 13:06, 14 km a Tugny-et-Pont, 2h e 54 minuti di cammino.
Un enorme mastino di vetro ha rese fredde e deserte nella notte le campagne, e l’eco del suo fiato è il vento gelato che spazza le sagome perfette dei capannoni nell’area industriale, increspa l’acqua nera a bordo strada, soffia piano sopra le ossa dei morti, che per una curiosa proprietà del suolo di qui, stanno lentamente tramutandosi in cristallo. Cammino piano verso la mia meta incerta, i piedi fradici, sotto un cielo grigio senza fiamma, grigio come un cranio.

Sono a Fluquiéres sotto una pensilina di mattoni. Mi siedo qui per la prima volta da quando sono partito. Piove da stamattina, e in quasi 30km non ho incrociato un solo market, bar o ristorante, solo paesini torvamente serrati dietro la pioggia, e il posto in cui sto andando è anch’esso composto da un saracchio secco di schifose case francesi. Ho stupidamente pensato che avrei trovato delle provviste lungo la strada, e invece rischio di rimanere a stomaco vuoto fino a domani sera, se continua così.

 

lunedì 8 maggio

Dopo 15km intensi, sono finalmente giunto a Villequier Aumont, deprimente pinnacolo che si eleva stancamente dalla palude di campi e coltivi circostanti. 45km di deserto, paesi così muti e immobili da sembrare rastrellati, e un silenzio enorme che avvolge queste tristissime terre da un orizzonte all’altro.
Scrivo dall’unico albergo di Villequier Aumont, che per una coincidenza curiosa stasera non fa servizio ristorante; il posto più vicino in cui mangiare si trova a 2 km dalla mia posizione, e allora penso che tutto sommato, visto l’andazzo surreale delle ultime 48h, poteva andarmi molto peggio.

Ore 20:00 Auberge du Villequier, digiuno da quasi 24h.
Mi trovo ai margini sfrangiati del paese, e il cielo di qui è un cetaceo morto che galleggia spiaggiato sulle nere coste del cosmo. Al mio arrivo la padrona dell’Auberge ha spezzato le mie speranze in un pasto confortevole dopo giorni di peripezie culinarie e digiuni, dicendomi che il ristorante per stasera resta chiuso; in compenso, mi rassicura, a 2 km da qui qualcosa posso trovare di sicuro (scopro poi che i km che mi separano dal primo centro civilizzato sono 4 e non 2). Un’ora fa sono uscito dalla dependance dell’hotel in cui alloggio, a 50m dal corpus principale della struttura, per elemosinare alla megera un tozzo di pane e calore umano.
Il risultato?
Saracinesca abbassata, silenzio e nubi temporalesche.

 

martedì 9 maggio

Ore 7:18, sto facendo colazione con pane, miele, brioches, caffè, marmellata.
Cerco di mangiare il più possibile dopo un giorno di fame.
Oggi fuori il cielo è azzurro per la prima volta dalla sua creazione, e il sole accende il canto degli uccelli.

Partito da 5 minuti da Villequier Aumont, ho vomitato mezza colazione a margine del sentiero che stavo percorrendo. Non mi era mai successo di vomitare in cammino.
In ogni caso, sono arrivato a Tergnier baciato dal sole, e ho individuato con gratitudine un bar aperto nell’ammasso squallido e amorfo della sua periferia. Entro fiducioso sperando in un tramezzino e scopro che non tengono nulla da mangiare, neanche i cioccolatini o un pacchetto di caramelle, solo gratta e vinci, qualche giornalaccio e tantissimo alcol. Avanti, allora.

mercoledì 10 maggio

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Cattedrale “Nostra Signora” di Laon

Laon – Corbeny, 11 km ancora di cammino fra vento limpido e sole bianco.

A 45 minuti dalla partenza, un micio bianco e nero morto da poco, a alato della carreggiata, mi scaraventa addosso una frana aguzza di tristezza. Sull’asfalto solo poche macchie di sangue, una morte elegante. Avanti. Un paese scintillante e sereno da cui sono strappato per una strada di fango ed erba che s’incunea selvaggia nel colle, fino all’estuario abbacinante dei campi e del cielo, galleggianti nella luce. Salita, salita, salita nella polvere e nella solitudine domestica, come su di una tovaglia verde che si spiega pacata e senza una grinza.
Mi ricongiungo all’asfalto, mi siedo, bevo.

Oggi tappa tutta in salita, primo gentile assaggio dei giorni barbari e selvaggi che mi attendono in agguato sotto le Alpi.

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