Terzo dispaccio

giovedì 11 maggio

È la terza volta che un’ambulanza mi incrocia lungo la D944, e per la terza volta fa partire per un attimo le sirene, giusto il tempo di farmi battere il cuore a vuoto e trasalire.
Prima, mentre ero seduto ai margini della strada a riposare, ho notato che i conducenti mi guardavano, ridendo a crepapelle. Mi sento come il protagonista di “Nero”, il romanzo di Tiziano Sclavi: perseguitato dai teppisti, perché i teppisti di nascondono ovunque, anche fra gli autisti delle autoambulanza
Figli di troia francesi.

Ore 14:56, 4,4 km dal mio albergo, 55 minuti di marcia attraverso la periferia di Reims.
Sole, vento, polvere, rumore, croci e tanta memoria di morte, pesante e grigia e inamovibile come la pietra.

Ivan Naqvi (Londra, 27 gennaio 1992), primo compagno a raggiungermi sulla Londra-Gerusalemme, a Reims, Francia. Presente all’atto di nascita del progetto SdD, datato 11 gennaio 2011, e facente parte dei sette che partiranno da Bologna alla volta di Firenze sul cammino battesimale della Via degli Dei l’8 aprile dello stesso anno, assieme a Giulia Sarti, Marta Resta, Lorenzo Fufolo Magnani, Luigi Romeo, Julian Alessandrini (aka Velter Apollo Waldorf) e al sottoscritto, Ivan sarà uno dei tre a terminare con successo il percorso, dopo una serie di sventurate peripezie. Nel 2012 percorre in 5 giorni la via dei Santuari da Bologna a Prato, una delle esperienze più disastrose (e intense) dell’intera storia del Progetto; nello stesso anno, mi accompagna lungo le tappe umbro-marchigiane del Coast to Coast italiano, da Perugia a Contignano (SI). Membro del Trio del Ritoio assieme a Enea Tazzari e a me medesimo, Ivan incarna l’ortodossia sentieristica più pura e intransigente; camminatore di razza, tecnicamente rigoroso e resistente. Ivan è lo spirito inquieto del Progetto, un sentierista che vive il cammino come percorso problematico verso il proprio centro occulto, spesso oscuro e inospitale. Sciamano umbratile dalla fede lacerata ma incrollabile, Ivan sintetizza le inquietudini romantiche del camminatore che sa, per citare una sua massima, come “la luce germogli solo all’ombra ineluttabile del passo”.
Ivan camminerà con me da Reims a Losanna, per 18 giorni, fino alle pendici immense delle Alpi.

Alberto Paterno (Rimini, 24 luglio 1989), secondo compagno a raggiungermi sulla Londra-Gerusalemme, a Reims, Francia. Sentierista SdD esordiente sulla Via dei santuari da Bologna a Prato datata aprile 2012, Alberto si distingue su questo complesso e sfortunato itinerario per l’abnegazione e la limpida volontà tese all’obiettivo finale; protagonista, insieme a Ivan, di una rocambolesca avventura fra le perigliose vette pratesi, è uno dei quattro a chiudere con successo la piccola impresa. Nel 2016 mi scorta nel tratto finale del Sentiero “Roberto Tassinari”, da Ponte del Faggio (bagno Romagna, FC) alle Sorgenti del Tevere (Verghereto, FC). È laureato in Lettere Moderne, specializzato in Italianistica.
Camminatore appassionato e grande cuore escursionistico, Alberto (che da ora in avanti chiamerò Pater), vive il sentiero in grazia ottimistica e con sguardo sempre nuovo sulle cose del mondo; generoso e caparbio, Pater interpreta l’andare a piedi come superamento sofferto dei proprio fragili limiti, secondo un pensiero oramai universalmente definito “l’etica dell’eroe secondo Alberto Paternò”. Pater camminerà con me e Ivan per 2 giorni, da Reims a Châlons-en-Champagne.

 

venerdì 12 maggio

Ore 13.08, Cormontreuil, 18 km a Trépail, 3h e 57 di cammino.
Partenza lentissima (sveglia tardi, visita alla cattedrale, brunch da McDonald’s, passi strascicati per via di un brutto raffreddore peggiorato nella notte e uscita dal caos stradale di Reims), dolore alle spalle per i miei compagni di viaggio e già tanta, tantissima voglia in tutti di arrivare dopo solo un’ora di marcia. Oggi il piacere di camminare in compagnia s’impasta ad una stanchezza sorda, lievitando lentamente sotto un sole malato che non dà tregua.

 

sabato 13 maggio

Ore 15:04, Puisieulx, 12 km a Trépail, 2he 38 di cammino.
Abbandonato l’ultimo satellite di Reims, un cielo franoso allaga di ombre le campagne spalmate attorno all’autostrada. Un vento caldo, cavalcato dalla pioggia, squarcia il paesaggio, lasciando trapelare bufere da dimensioni remote.

Ore 16:42, Verzenay, 6,8 km a Trépail, 1h e 27 di cammino.
Le nubi sorgono all’orizzonte placide e guardinghe, morbidamente turrite in bastioni d’argento e trombe terribili. Le nubi sono le ciclopiche greggi del Signore che pascolano alberi di luce.
Attraversiamo le campagne infestate dai vitigni di Champagne. Terra ricca e grassa coltivata da possidenti ricchi, grassi e porci. La parola “Champagne” ovunque, risuona, detona, rimbomba a bordo strada, sulle case di Verzenay, grasse, ricche e serrate. Fiumi di Champagne per i vicoli, ma solo nell’idea, perché tutto è chiuso, tutto è fermo, escluso un brulicare sulle colline di turisti del vino e braccianti eleganti. Io ho sete, ma il vino mi fa schifo, lo Champagne mi fa schifo, ho sete di Coca e Perrier, col vostro Champagne di merda fatevici un clistere, francesi inospitali teste di cazzo, ho sete.

 

domenica 14 maggio
Mi sto scoprendo animalista sempre più settoriale e parziale: le carcasse di daini, lepri, conigli ecc. mi lasciano quasi del tutto indifferente, quelle dei cani idem (ma a me i cani stanno pure un po’ sul cazzo, soprattutto quelli piccoli), per no parlare degli uccelli, mentre quelle dei mici – per ora solo una, (s)fortunatamente – mi gettano in una tristezza abissale che dura anche alcune ore. Adoro i mici, Dio li benedica e li protegga sempre dagli orrori del mondo e dalla crudeltà degli uomini.

Ore 16:22, 4,7 km a Châlons-en-Champagne, 58 minuti di cammino.
Ancora costeggiando il canale, affiancati dalla frescura placida degli alberi, che di quando in quando inaspriscono raggrumandosi in piccole e dense masse boscose. Mi ricorda il percorso della Bevanella, che dalla Statale Adriatica passa per il cimitero di savio, entra nella pineta e sfocia dopo chilometri e chilometri a Lido di Classe, sul mare.

 

lunedì 15 maggio
Ore 13:27, 24 km a Le Meix-Tiercelin, 4h e 50 di cammino.
Dalla periferia gentile di Châlons-en-Champagne, alle placide strade campestri della Champagne-Ardenne, sorvegliate da schiere, schiere, schiere di pale eoliche che fanno ruotare i loro bracci nella brezza fresca. Da qualche parte, poco lontano da dove io e Ivan camminiamo faticosamente, i lupi mannari tengono un conciliabolo lungo il muro di qualche cimitero di campagna abbandonato, scambiandosi consigli e storie di caccia; qualcuno corre per strade deserte con la testa in fiamme; una costruzione bianca e imponente increspa il paesaggio, in lontananza; i suoni non esistono più, e l’aria impercettibilmente, si fa opaca.

 

martedì 16 maggio
Saint-Léger-sous-Margerie, comune, dipartimento dell’Aube, Champagne-Ardenne, 60 abitanti. Nessun bar da ieri mattina, cioè da 50 km.
Ivan: “Questa pista somiglia a uno di quei lunghi racconti senza un punto fermo, come “L’autunno del patriarca” di Márquez”.

Ore 15:30, 6,6 km a Bar-sur-Aube, 1h e 23 di cammino.
Oggi si sconta la tappa di ieri, metro dopo metro – i pensieri sono pietre aguzze, Gerusalemme un cane macilento coi denti gialli che ride da un Golgota di carne, a cui nessuno dà da mangiare e che io non voglio accarezzare.
Ivan: “A un certo punto, al terzo o quarto km per Arsonval, mi sono fatto sempre più vicino alle macchine che passavano, per la disperazione e il caldo, così da avere un po’ di vento quando i camion mi sfioravano.”

Ore 16.30, 12 km a Brienne-le-Château, 2h e 23 di cammino.
Sul rettilineo per Rosnay-L’hôpital di 4,5 km, primo grammo d’ombra in 5 km.
Chilometri e chilometri di asfalto liquefatto al sole, in salita, dentro cui nuotano demoni in armature hi-tech e squali di luce dalla ferocia preistorica. Sulla strada sfrecciano 3 camion militari modernissimi, ma verso dove? Perché sono passati di qui?

 

mercoledì 17 maggio

Ore 11.10, 15 km a Vaudrémont, 3 ore di cammino.
In molti mi hanno detto di come saranno le Alpi a testare per davvero la mia volontà, le mie capacità, la mia fede di escursionista – ma fede in che cosa? Mi piacerebbe approfondire la faccenda, perché non mi è chiara. Io credo invece che la fede si misuri passo dopo passo in tappe come quella di oggi e dei prossimi giorni, tappe anonime, tappe “cerniera”, di lento lavoro e lenta progressione, tappe che allontanano alla visione della meta, senza strappi eclatanti, avventura o estasi di alcun genere, tappe soffocate da chilometri ciechi, risucchiate verso un centro meschino di fatica come dallo scarico di water.
“Non apparteniamo a nessuno se non al lampo di quella lampada ignota, a noi inaccessibile, che tieni desti il coraggio e il silenzio”, scriveva René Char; è tutto vero, ma in giorni come questo quasi non ci credo, e mi vien da pensare che abbia detto una gran cazzata.

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