Gli investimenti immobiliari all’epoca della guerra e dell’inflazione

Ecco come cambiano le logiche delle compravendite durante un periodo di crisi, secondo Cesare Rosati della start up di settore “Salva Casa”

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Una serie di recenti analisi in campo economico e finanziario hanno rilevato che la guerra in Ucraina potrebbe far aumentare ulteriormente l’inflazione nel nostro paese. Se a febbraio l’aumento dei prezzi è cresciuto a quota +5,7% su base annua, un valore che non veniva riscontrato dal 1995, le stime di Confesercenti prospettano uno scenario ancora più preoccupante.
Il costo delle materie prime importate e delle possibili carenze energetiche, infatti, rischiano di spingere il tasso inflazionistico oltre il 6% nel 2022. Le ripercussioni sono prevedibili: quella più evidente è la possibilità di un impoverimento generale di famiglie e lavoratori, che perdono potere d’acquisto, ma anche bollette e prezzi sempre più alti a fronte di salari, risparmi e capitali che vengono deprezzati.

A questo punto c’è da chiedersi, in questo scenario incerto e complesso, quale sarà il mutare e l’orientamento delle logiche di investimento per chi ha disponibilità finanziarie.
«Veniamo da un lungo periodo di deflazione o comunque di inflazione molto bassa, di fatto stagnante – spiega l’esperto Cesare Rosati, imprenditore che ha dato vita alle startup SalvaCasa e ReCredito e che si occupa da anni di formazione sugli investimenti immobiliari con IoInvesto Academy –. Oggi, con un incremento del costo della vita così  importante, anche tutte le logiche di investimento immobiliare devono necessariamente cambiare».

«Comprando un immobile per un investimento sul lungo periodo, ad esempio – spiega Rosati – si ottiene il risultato di riparare i soldi dall’inflazione ma anche di non guadagnare nulla. Infatti, se si rapporta la capacità economica di rivendita dello stesso immobile alla probabile inflazione che ci sarà, il rischio è proprio quello di ritrovarsi con un nulla di fatto in mano».

Il giovane imprenditore sottolinea anche il problema dei mutui e dei redditi, in un’ottica di investimenti, in cui il cambio di visione diventa imprescindibile: «Gli obiettivi di investimento cambiano – prosegue Rosati – e non ha senso continuare a ragionare sulla base delle prospettive degli ultimi dieci anni. Oggi persino la possibilità di stipulare un mutuo si fa più difficile, anche perchè la Banca Centrale Europea potrebbe a breve mettere in atto provvedimenti per moderare l’inflazione: primo di tutti aumentare i tassi di interesse. Con l’aumento delle quote di interessi, quindi, le rate dei mutui sono destinate a salire entro qualche anno».

Questo aumento nei prossimi anni dei costi del credito potrebbe avere dei sensibili effetti sulle dinamiche del mercato immobiliare. «Il meccanismo di accesso al credito bancario comporterà in futuro un rallentamento fisiologico delle compravendite – conferma Cesare Rosati – com’è già successo in tempi di tassi di interesse sostenuti. Nel breve periodo, invece, comprare immobili sarà ancora conveniente perché a fare da contrappeso a un’inflazione che si sta alzando ci sono tassi di interesse ancora sufficientemente bassi. Acquistare con tasso fisso e destinare l’immobile in locazione può risultare tuttora redditizio, perché l’affitto si rivaluta annualmente se si sono stipulati contratti che prevedono un riallineamento su base Istat del canone. Insomma, più aumenta l’inflazione, insomma, più aumenta il valore dell’affitto».

Più concretamente, a proposito di cifre, il nostro esperto spiega che «l’ideale sarebbe comprare per generare rendite superiori al 5%: se per esempio la rendita produce un 12%, con l’inflazione che galoppa al 5%, il 7% di margine resta pur sempre un margine interessante. Un’altra operazione redditizia per generare liquidità potrebbe essere acquistare immobili per rivenderli nel breve periodo: con un 35-42% netto annuo, anche se l’inflazione arriva al 10%, i soldi si sono rivalutati. Per quanto riguarda la tutela del patrimonio occorre fare investimenti che superino l’inflazione. Se l’inflazione è al 5%, la rendita annuale dell’affitto deve essere superiore, diciamo intorno all’8-12%. Se si vuole guadagnare nel breve periodo dalla rivendita dell’immobile, il ritorno deve essere almeno del 30% sul capitale investit» conclude Cesare Rosati.

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