domenica
20 Luglio 2025

Quell’indagine top secret sul rilievo sismico 3d nel sito di stoccaggio gas

Interpellanza M5s in Regione: «Finanziata con 3,6 milioni pubblici
e l’Emilia Romagna nemmeno ha chiesto di avere i risultati»

La Regione ha finanziato con 3,6 milioni di euro un’indagine per un rilievo sismico 3d portato avanti dalla Edison sul sito di stoccaggio gas di San Potito e Cotignola ma non ha ancora chiesto i risultati delle rilevazione ultimate. È quanto sostiene Andrea Bertani, consigliere regionale del Movimento 5 stelle, che ha presentato un’interpellanza urgente alla giunta: «È inaccettabile che delle rilevazioni, finanziate anche con soldi pubblici e che potrebbero essere utili per una migliore pianificazione dell’uso di risorse naturali e per combattere meglio rischi come la subsidenza ed i terremoti non vengano neppure acquisite dalla Regione».

L’anomalia segnalata dai grillini è infatti questa: «I risultati sono al momento top secret. Sia i Comuni interessati che la Regione non sembrano avere intenzione di renderli disponibili. I primi, a una precisa richiesta della consigliera cotignolese dell’Unione dei Comuni della Bassa Romagna, Ilaria Ricci Picciloni del M5s, hanno risposto che l’autorizzazione a fornire i dati doveva essere concessa da Edison, mentre la Regione ha risposto a un nostro accesso agli atti affermando che al momento non li ha nemmeno ancora chiesti. Un paradosso».

L’indagine si era resa necessaria perché dall’entrata in funzione degli impianti di San Potito e Cotignola la compagnia di stoccaggio aveva registrato valori di pressione diversi rispetto a quelli attesi. Si tratta di accertamenti effettuati in un’ottica commerciale «ma i cui risultati devono essere pubblici secondo le prescrizioni ministeriali e regionali. Di che cosa si ha paura? Noi crediamo che, alla luce di quanto è accaduto nella nostra regione nel 2012 e ai dubbi che sono nati sulla possibile correlazione tra attività estrattive e terremoti, i dati in 3d di questa indagine possano essere di fondamentale importanza per capire meglio la morfologia del nostro sottosuolo. Per questo chiediamo alla Giunta di sbloccare al più presto questa impasse ed in futuro, in casi analoghi, di rendere automatico il travaso di queste informazioni in banche dati pubbliche».

La vicenda ha poi anche una ramificazione europea: «Duecentocinquanta milioni di euro della Banca Europea per gli Investimenti destinati ad un progetto Edison di cui non sappiamo niente – aggiunge Marco Affronte, europarlamentare del Movimento 5 Stelle, che ha presentato un’interrogazione Europea alla quale ancora non è stata data risposta -. O meglio, sappiamo che il progetto esiste solo in parte, e nonostante questo ha già avuto delle anomalie. Mi domando: possibile che la Banca conceda 250 milioni di euro, su un totale di 540 milioni di costo, sulla base di una scarna sintesi non tecnica? E per quale motivo dovrebbero essere pubbliche solo quelle poche informazioni?».

Quell’indagine top secret sul rilievo sismico 3d nel sito di stoccaggio gas

Interpellanza M5s in Regione: «Finanziata con 3,6 milioni pubblici e l’Emilia Romagna nemmeno ha chiesto di avere i risultati»

La Regione ha finanziato con 3,6 milioni di euro un’indagine per un rilievo sismico 3d portato avanti dalla Edison sul sito di stoccaggio gas di San Potito e Cotignola ma non ha ancora chiesto i risultati delle rilevazione ultimate. È quanto sostiene Andrea Bertani, consigliere regionale del Movimento 5 stelle, che ha presentato un’interpellanza urgente alla giunta: «È inaccettabile che delle rilevazioni, finanziate anche con soldi pubblici e che potrebbero essere utili per una migliore pianificazione dell’uso di risorse naturali e per combattere meglio rischi come la subsidenza ed i terremoti non vengano neppure acquisite dalla Regione».

L’anomalia segnalata dai grillini è infatti questa: «I risultati sono al momento top secret. Sia i Comuni interessati che la Regione non sembrano avere intenzione di renderli disponibili. I primi, a una precisa richiesta della consigliera cotignolese dell’Unione dei Comuni della Bassa Romagna, Ilaria Ricci Picciloni del M5s, hanno risposto che l’autorizzazione a fornire i dati doveva essere concessa da Edison, mentre la Regione ha risposto a un nostro accesso agli atti affermando che al momento non li ha nemmeno ancora chiesti. Un paradosso».

L’indagine si era resa necessaria perché dall’entrata in funzione degli impianti di San Potito e Cotignola la compagnia di stoccaggio aveva registrato valori di pressione diversi rispetto a quelli attesi. Si tratta di accertamenti effettuati in un’ottica commerciale «ma i cui risultati devono essere pubblici secondo le prescrizioni ministeriali e regionali. Di che cosa si ha paura? Noi crediamo che, alla luce di quanto è accaduto nella nostra regione nel 2012 e ai dubbi che sono nati sulla possibile correlazione tra attività estrattive e terremoti, i dati in 3d di questa indagine possano essere di fondamentale importanza per capire meglio la morfologia del nostro sottosuolo. Per questo chiediamo alla Giunta di sbloccare al più presto questa impasse ed in futuro, in casi analoghi, di rendere automatico il travaso di queste informazioni in banche dati pubbliche».

La vicenda ha poi anche una ramificazione europea: «Duecentocinquanta milioni di euro della Banca Europea per gli Investimenti destinati ad un progetto Edison di cui non sappiamo niente – aggiunge Marco Affronte, europarlamentare del Movimento 5 Stelle, che ha presentato un’interrogazione Europea alla quale ancora non è stata data risposta -. O meglio, sappiamo che il progetto esiste solo in parte, e nonostante questo ha già avuto delle anomalie. Mi domando: possibile che la Banca conceda 250 milioni di euro, su un totale di 540 milioni di costo, sulla base di una scarna sintesi non tecnica? E per quale motivo dovrebbero essere pubbliche solo quelle poche informazioni?».

«Licenziata perché sindacalista» Azione legale di Cgil contro Agrintesa

La Flai sostiene che si tratti di rappresaglia perché la donna si candida
alle elezioni Rsu. L’azienda parla di indisponibilità della lavoratrice

«Licenziata per rappresaglia perché intende candidarsi nuovamente per le prossime elezione per il rinnovo della Rappresentanza sindacale unitaria». Questa sarebbe, secondo la Flai-Cgil di Ravenna, la vera motivazione all’origine dell’interruzione del rapporto di lavoro deciso dalla cooperativa Agrintesa di Faenza per una lavoratrice componente Rsu dal 2006. Il sindacato ha quindi presentato ricorso contro la coop per condotta antisindacale.

«Siamo di fronte a un licenziamento discriminatorio – commenta il segretario provinciale della Flai-Cgil, Raffaele Vicidomini -. Reputiamo il licenziamento illegittimo e immotivato per cui ci siamo rivolti alle vie legali per tutelare, innanzitutto, la lavoratrice e tutti i lavoratori che intendono esercitare attività sindacale senza che questi subiscano ritorsioni o discriminazioni». Secondo quanto scrive la Cgil in una nota inviata alla stampa il licenziamento della donna sarebbe solo l’ultimo di una serie di atti persecutori perpetrati ai suoi danni fin dalla sua prima elezione nella Rsu.

E Agrintesa? L’azienda motiva il licenziamento per l’indisponibilità della lavoratrice, legata da un rapporto di avventiziato agricolo, a effettuare alcune giornate di lavoro. «L’impossibilità a recarsi al lavoro, dovuta tra l’altro a una delicata situazione familiare, era stata ampiamente giustificata». La vicenda presenta ulteriori elementi: «Non può essere solo una coincidenza il fatto che il giorno in cui la donna si è recata al lavoro, Agrintesa le ha contestato di non avere svolto correttamente il suo compito e per questo è stata sospesa in via cautelare e poi licenziata in tronco».

Autotrasporti: Ctf in liquidazione La Lega Nord critica il mondo coop

Una sessantina i soci del consorzio, il Carroccio: «Vigileremo per loro,
solita storia: lavoratori sul lastrico e i responsabili restano impuniti»

Dirigenti incompetenti incaricati per appartenenza politica che sono riusciti a portare al fallimento uno dei fiori all’occhiello del mondo imprenditoriale faentino mentre il mondo cooperativo e politico non vigilavano: è l’accusa mossa dalla Lega Nord a Faenza per il destino del Ctf, il Consorzio trasporti Faenza in liquidazione coatta amministrativa dall’inizio di novembre per decisione del tribunale di Ravenna a conclusione della procedura di concordato. La vicenda coinvolge una sessantina di soci: «Vigileremo sulla situazione e lo faremo in nome di tutti quei soci che ora sono sul lastrico», dichiarano il capogruppo Gabriele Padovani, il consigliere regionale Andrea Liverani e il consigliere provinciale Jacopo Berti.

Gli esponenti del Carroccio puntano il dito verso chi negli ultimi anni, a loro giudizio, avrebbe sottovalutato la situazione del consorzio trascurando i rischi e addirittura spendendo parole di ottimismo con i soci. La ricostruzione del declino fatta dai leghisti comincia a gennaio 2012 «quando il consiglio direttivo richiese ai soci un mutuo di 20mila euro a testa per continuare a lavorare e sui circa 150 soci, ben 100 aderirono alla richiesta». Dopo il sacrificio arrivarono ulteriori difficoltà: «Ben 16 mensilità non pagate, il dover far fronte al pagamento delle tasse e dell’Iva e il rischio che il consorzio potesse chiudere» mentre dai vertici di Legacoop, secondo il Carroccio, arrivavano rassicurazioni e incentivi a continuare. A maggio 2015 la richiesta di concordato preventivo «ma i soci continuavano a lavorare senza percepire stipendi, da quel momento il consorzio ha pagato ai soci un solo mese sui quattro lavorati. Ora la botta finale della liquidazione, in sostanza un vero e proprio fallimento ed è stato di conseguenza nominato un commissario liquidatore». La motivazione? «A giudizio del tribunale il Ctf versava in uno stato di insolvenza e non aveva presentato un piano di salvataggio».

Nel corso dell’estate i vertici di Legacoop espressero preoccupazione per la gravità della situazione mentre si cercava di elaborare un piano industriale capace di reggere e offrire una exit strategy. Si parlava già di quanto fosse a rischio la continuità aziendale ritenendo di difficile percorrenza la strada verso una nuova impresa dalle ceneri del Ctf mancndo il capitale e considerando le condizioni dei soci lavoratori, provati da anni di difficoltà. Nel 2010 la rivista di settore Uomini e Trasporti parlava di «classico consorzio di padroncini, con circa 160 soci che hanno la proprietà dei loro mezzi», fatturato oltre 40 milioni di euro all’anno, bilancio consolidato attorno ai 65, budget 2010 in linea con il 2009 che era stato in flessione tra il 9 e il 15 percento rispetto all’anno precedente.

Lo sfogo finale di Padovani, Liverani e Berti è rivolto al sindaco Giovanni Malpezzi: «Per quale motivo nessuno parla di questo scandalo? Per quale motivo Malpezzi alla dichiarazione di Padovani che il Ctf sarebbe fallito, andò su tutte le furie smentendolo categoricamente? È sempre la solita storia, i lavoratori sul lastrico e i veri responsabili rimangono impuniti».

Autotrasporti: Ctf in liquidazione La Lega Nord critica il mondo coop

Una sessantina i soci del consorzio, il Carroccio: «Vigileremo per loro, solita storia: lavoratori sul lastrico e i responsabili restano impuniti»

Dirigenti incompetenti incaricati per appartenenza politica che sono riusciti a portare al fallimento uno dei fiori all’occhiello del mondo imprenditoriale faentino mentre il mondo cooperativo e politico non vigilavano: è l’accusa mossa dalla Lega Nord a Faenza per il destino del Ctf, il Consorzio trasporti Faenza in liquidazione coatta amministrativa dall’inizio di novembre per decisione del tribunale di Ravenna a conclusione della procedura di concordato. La vicenda coinvolge una sessantina di soci: «Vigileremo sulla situazione e lo faremo in nome di tutti quei soci che ora sono sul lastrico», dichiarano il capogruppo Gabriele Padovani, il consigliere regionale Andrea Liverani e il consigliere provinciale Jacopo Berti.

Gli esponenti del Carroccio puntano il dito verso chi negli ultimi anni, a loro giudizio, avrebbe sottovalutato la situazione del consorzio trascurando i rischi e addirittura spendendo parole di ottimismo con i soci. La ricostruzione del declino fatta dai leghisti comincia a gennaio 2012 «quando il consiglio direttivo richiese ai soci un mutuo di 20mila euro a testa per continuare a lavorare e sui circa 150 soci, ben 100 aderirono alla richiesta». Dopo il sacrificio arrivarono ulteriori difficoltà: «Ben 16 mensilità non pagate, il dover far fronte al pagamento delle tasse e dell’Iva e il rischio che il consorzio potesse chiudere» mentre dai vertici di Legacoop, secondo il Carroccio, arrivavano rassicurazioni e incentivi a continuare. A maggio 2015 la richiesta di concordato preventivo «ma i soci continuavano a lavorare senza percepire stipendi, da quel momento il consorzio ha pagato ai soci un solo mese sui quattro lavorati. Ora la botta finale della liquidazione, in sostanza un vero e proprio fallimento ed è stato di conseguenza nominato un commissario liquidatore». La motivazione? «A giudizio del tribunale il Ctf versava in uno stato di insolvenza e non aveva presentato un piano di salvataggio».

Nel corso dell’estate i vertici di Legacoop espressero preoccupazione per la gravità della situazione mentre si cercava di elaborare un piano industriale capace di reggere e offrire una exit strategy. Si parlava già di quanto fosse a rischio la continuità aziendale ritenendo di difficile percorrenza la strada verso una nuova impresa dalle ceneri del Ctf mancndo il capitale e considerando le condizioni dei soci lavoratori, provati da anni di difficoltà. Nel 2010 la rivista di settore Uomini e Trasporti parlava di «classico consorzio di padroncini, con circa 160 soci che hanno la proprietà dei loro mezzi», fatturato oltre 40 milioni di euro all’anno, bilancio consolidato attorno ai 65, budget 2010 in linea con il 2009 che era stato in flessione tra il 9 e il 15 percento rispetto all’anno precedente.

Lo sfogo finale di Padovani, Liverani e Berti è rivolto al sindaco Giovanni Malpezzi: «Per quale motivo nessuno parla di questo scandalo? Per quale motivo Malpezzi alla dichiarazione di Padovani che il Ctf sarebbe fallito, andò su tutte le furie smentendolo categoricamente? È sempre la solita storia, i lavoratori sul lastrico e i veri responsabili rimangono impuniti».

Premio Guidarello alle inchieste di Gatti e Farruggia e all’ironia di Proietti

Le due firme e l’attore tra i premiati dalle giurie del riconoscimento per il giornalismo d’autore di Confindustria. Cerimonia il 29 novembre

C’è il giornalismo d’inchiesta che denuncia la corruzione, la malasanità e le distorsioni dell’immigrazione ma c’è anche il giornalismo che si occupa di esteri e difesa, quanto mai attuale in questo periodo, senza dimenticare lo spettacolo tra teatro e televisioni. La serata di premiazione della 44esima edizione del premio Guidarello per il giornalismo d’autore porterà sul palco del teatro Alighieri di Ravenna il 29 novembre (dalle 18) l’occasione per un dibattito su temi di respiro internazionale con le parole di firme come Fabrizio Gatti e Alessandro Farruggia. Ma non mancheranno punte di ironia con Gigi Proietti e Ivano Marescotti, attori di teatro e cinema contraddistinti da una verve ironica capace di guardare alla quotidianità e alle tradizioni con occhio diverso. La cerimonia di consegna dei premi sarà condotta da Bruno Vespa e presentata dalla giornalista Rai Margherita Ghinassi.

Per il giornalismo nazionale nella sezione cultura premio a Fabrizio Gatti: inviato di punta dell’Espresso, ha condotto inchieste sull’immigrazione, la malasanità e la corruzione negli appalti pubblici che gli sono valse importanti premi internazionali, da alcuni suoi libri sono stati tratti testi teatrali. Per la sezione società riceve il riconoscimento Alessandro Farruggia: giornalista del Qn, si occupa di esteri e difesa, è stato autore dello scoop sulle trattative segrete tra il governo statunitense e i talebani, ha partecipato alle maggiori conferenze Onu sul clima. Il premio della sezione radio-tv va a Gigi Proietti, attore di teatro e di cinema, protagonista di fiction televisive di successo e di programmi radiofonici, cantante, ballerino, regista, imitatore, doppiatore, conduttore, scrittore.

Il premio Guidarello Turismo è stato assegnato a Evelina Christillin, recentemente nominata presidente dell’Ente nazionale per il Turismo (Enit), manager di successo di grandi eventi internazionali, come i XX Giochi Olimpici Invernali del 2006, presidente della Fondazione del Teatro Stabile di Torino e della Fondazione Museo delle Antichità Egizie.

Per il giornalismo Romagna, la giuria ha attribuito il premio per la sezione audiovisivi a Ivano Marescotti, attore cinematografico e teatrale, impegnato nel recupero del dialetto romagnolo. Nella sezione società premio a Giuseppe Turani, giornalista economico tra i più seguiti e scrittore, ha costruito una galleria di personaggi significativi nella storia e nel costume tra Otto e Novecento, tra cui una figura femminile ravennate finita nell’oblio, Cordula (Lina) Poletti, e la rilancia nel panorama delle protagoniste del nascente femminismo italiano. La sezione cultura vede premiato Paolo Di Paolo, giornalista delle pagine culturali de La Stampa, per un articolo dedicato alla figura di Renato Serra, nel centenario della morte, in cui traccia un profilo di questo grande critico che ha lasciato una traccia profonda nella nostra letteratura.

Guidarello ad honorem assegnato all’ammiraglio Vincenzo Melone, da poche settimane comandante generale delle capitanerie di porto. La sua carriera di servitore dello Stato evoca il mare in tutte le sue declinazioni: una via per viaggiare, un patrimonio ambientale da tutelare, un confine strategico da preservare in sicurezza, un generatore di attività economiche che vanno regolate e controllate.

Disagi piazza Kennedy: ecco le strade dove non si pagheranno tributi locali

Decisione a sostegno delle imprese: nel 2016 esentate da Tari,
imposta di pubblicità e tassa di occupazione di suolo pubblico

Ecco l’elenco di strade e piazze del centro storico di Ravenna nelle quali per tutto il 2016 i titolari degli esercizi pubblici, commerciali, artigianali, turistici e ricettivi non pagheranno la tassa sui rifiuti Tari, l’imposta sulla pubblicità, sia temporanea che permanente, la tassa per l’occupazione di aree e spazi pubblici, sia temporanea che permanente, come misura di compensazione per i disagi causati dal cantiere di piazza Kennedy, aperto a giugno scorso e destinato a durare un anno per trasformare l’area da parcheggio a pedonale: via Cura, dall’incrocio con via Oberdan fino all’incrocio con via D’Azeglio, via Uccellini, via Agnello, via D’Azeglio, via Barbiani, via Cattaneo, via Camillo Morigia, via Pasolini, via Luca Longhi, via Zirardini, via Mafalda di Savoia, via Nove Febbraio, piazza Kennedy, piazzetta Paolo Serra ex piazzetta Ragazzini, via G. Rasponi, via Guerrini, via Fantuzzi, via Garatoni.

La giunta comunale ha approvato la delibera per le esenzioni tributarie nella seduta del 17 novembre ufficializzando quanto già concordato nei mesi scorsi con le associazioni di categoria. Il provvedimento sarà trasmesso a Hera, società affidataria della riscossione della Tari, e a Ravenna Entrate, società affidataria della gestione e riscossione della tassa per l’occupazione di aree e spazi pubblici e dell’imposta comunale sulla pubblicità, per gli adempimenti di competenza.

Disagi piazza Kennedy: ecco le strade dove non si pagheranno tributi locali

Decisione a sostegno delle imprese: nel 2016 esentate da Tari, imposta di pubblicità e tassa di occupazione di suolo pubblico

Ecco l’elenco di strade e piazze del centro storico di Ravenna nelle quali per tutto il 2016 i titolari degli esercizi pubblici, commerciali, artigianali, turistici e ricettivi non pagheranno la tassa sui rifiuti Tari, l’imposta sulla pubblicità, sia temporanea che permanente, la tassa per l’occupazione di aree e spazi pubblici, sia temporanea che permanente, come misura di compensazione per i disagi causati dal cantiere di piazza Kennedy, aperto a giugno scorso e destinato a durare un anno per trasformare l’area da parcheggio a pedonale: via Cura, dall’incrocio con via Oberdan fino all’incrocio con via D’Azeglio, via Uccellini, via Agnello, via D’Azeglio, via Barbiani, via Cattaneo, via Camillo Morigia, via Pasolini, via Luca Longhi, via Zirardini, via Mafalda di Savoia, via Nove Febbraio, piazza Kennedy, piazzetta Paolo Serra ex piazzetta Ragazzini, via G. Rasponi, via Guerrini, via Fantuzzi, via Garatoni.

La giunta comunale ha approvato la delibera per le esenzioni tributarie nella seduta del 17 novembre ufficializzando quanto già concordato nei mesi scorsi con le associazioni di categoria. Il provvedimento sarà trasmesso a Hera, società affidataria della riscossione della Tari, e a Ravenna Entrate, società affidataria della gestione e riscossione della tassa per l’occupazione di aree e spazi pubblici e dell’imposta comunale sulla pubblicità, per gli adempimenti di competenza.

Quei libri sensoriali che aiutano a comunicare

Iil 20 e il 21 novembre la prima kermesse dedicata alla comunicazione aumentativa alternativa (Caa)

Il diritto alla comunicazione per chi ha difficoltà ad usare i più comuni canali comunicativi, con particolare riguardo al linguaggio orale e alla scrittura, è l’argomento principe del convegno “Altri Alfabeti” organizzato dal Centro di documentazione e formazione Reciprocamente della cooperativa sociale Il Cerchio: appuntamento il 20 e il 21 novembre, all’Almagià a Ravenna con la prima kermesse dedicata alla comunicazione aumentativa alternativa (Caa), un’area della pratica clinica che mira a compensare le disabilità legate alla comunicazione espressiva. Reciprocamente è specializzato nella creazione di libri modificati e sensoriali: libri scritti con simboli Caa per agevolare le prime esperienze di lettura dei bambini piccoli e per aiutare quelli con difficoltà di comunicazione. Il convegno a ingresso libero, con il patrocinio del Comune di Ravenna e dell’Unione dei Comuni della Bassa Romagna, avrà più di 20 relatori di rilevanza nazionale presentandosi come un momento di approfondimento e di divulgazione, ma anche come un momento di scambio e di apertura verso il pubblico. Il programma dettagliato con gli ultimi aggiornamenti sul sito www.ilcerchio.ra.it.

Cervia, il dossier del Comune per cacciare il gestore del porto

In 22 pagine le motivazioni che avviano la procedura per la decadenza
della concessione demaniale. Il sindaco: «Poi cercheremo un sostituto»

Con un dossier di 22 pagine che contengono le argomentazioni di 14 presunte inadempienze a carico del concessionario, il Comune di Cervia ha avviato il procedimento di decadenza della concessione demaniale del porto turistico assegnata da quasi cinquant’anni alla società Marina di Cervia srl. Che ora ha trenta giorni per presentare le proprie controdeduzioni. A seguire 90 giorni per il Comune per concludere il procedimento. Qualora la decadenza dovesse divenire effettiva il Comune rientrerà nella disponibilità del porto. Il sindaco Luca Coffari delinea il futuro prossimo: «Ci aspettiamo ora la solita commedia sulla stampa da parte del Marina di Cervia, ma noi andiamo avanti con la decadenza della concessione per poi trovare un nuovo gestore».

Ecco un riepilogo delle violazioni, riportate nell’avviso di avvio del procedimento. Le riassume il Comune in una nota scritta: «Oltre alla violazione del dragaggio a cui Marina di Cervia da anni non provvede costringendo il Comune a garantire con propri interventi la navigabilità del porto canale e la sicurezza della navigazione, vengono individuate come inadempienze e violazioni, la negazione di qualsiasi competenza del Comune nel determinare tariffe e modalità di gestione del porto pur qualificato come servizio pubblico locale, una gestione monopolistica che ha portato ad un elevata conflittualità con gli utenti sulle tariffe reputate arbitrarie ed eccessivamente onerose e sui servizi connessi all’ormeggio, ritenuti inadeguati ed insufficienti; l’assenza, reputata grave, di una carta dei servizi; il mancato pagamento, per tutta la durata della concessione, del canone pattuito con il Comune; diversi episodi di sospensione di servizi fondamentali all’utenza come il distributore di carburante; alcuni ritardi in passato nel pagamento del canone demaniale; problemi sulla cauzione; l’inadeguata manutenzione delle strutture e degli impianti portuali e i ritardi nell’ottemperare agli obblighi di ripristino a seguito delle mareggiate del febbraio scorso; il mancato rispetto della quota di riserva (10%) dei posti barca per il naviglio in transito; problemi nel subentro della concessione; l’esecuzione di opere senza titolo ed in violazione di norme edilizie e dell’atto d’obbligo che garantisce l’accesso pubblico alla passeggiata turistica; violazioni tributarie commesse in passato ed altre in corso di accertamento; inadeguatezze organizzative».

Le vicende travagliate del porticciolo cervese (circa 300 posti) sono cosa nota, come ricostruito di recente anche su queste pagine (vedi articoli correlati). L’ultima puntata è la sentenza del tribunale di Napoli che impone alla Marina il pagamento di 627mila euro. Secondo l’amministrazione comunale l’atteggiamento di Marina di Cervia è stato «sempre e costantemente contrario o omissivo rispetto agli obblighi ed impegni legittimamente assunti verso Comune ed utenza, sempre e costantemente conflittuale ed orientato a promuovere o opporre un contenzioso estenuante, oneroso, peraltro inutile considerando gli esiti ad essa sistematicamente sfavorevoli». L’avvio del procedimento è stato predisposto ed adottato dall’apposita task force costituita dall’amministrazione per gestire la grana. Sarebbe emerso un quadro che «non solo individua a carico del concessionario molteplici e gravi violazioni ed inadempienze, ciascuna delle quali ritenuta idonea a giustificare la decadenza (a maggior ragione se valutate complessivamente), ma supporta anche una valutazione complessiva di inidoneità ed inaffidabilità del concessionario a gestire in modo corretto il bene ed il servizio pubblico, venendo così a mancare i requisiti fondamentali per rilasciare e mantenere una concessione demaniale».

Partita tra ragazzini: il mister ritira i suoi sul 17 a 0 per gli altri e viene squalificato

Intanto dopo l’arrivo dei carabinieri il Santerno (Seconda Categoria) viene multato e un dirigente inibito per un anno per insulti razzisti

Sul 17 a 0 per gli avversari, a una decina di minuti dal termine, l’allenatore ha deciso di sospendere la partita e mandare i propri giocatori negli spogliatoi. È successo a San Pietro in Vincoli nel corso di una partita del campionato provinciale categoria Giovanissimi, con in campo ragazzini dai 12 ai 14 anni. A subìre la goleada contro i padroni di casa la società ravennate Endas Monti. E l’allenatore (e presidente) Francesco Stucci, per aver interrotto la partita, è stato pure squalificato per un mese. Ai quotidiani in edicola oggi – Carlino e Corriere Romagna – ha dichiarato di aver agito da «padre di famiglia» per interrompere una vera e propria umiliazione, con gli avversari che avrebbero schernito platealmente i giocatori della Monti facendo di tutto per segnare sempre più gol anziché invece limitarsi a gestire la partita.

Dal San Pietro in Vincoli arriva una parziale conferma: «Il regolamento prevede che per accedere alle fasi regionali una discriminante sia anche il numero di gol fatti, ecco spiegata tanta determinazione – ha dichiarato il presidente Daniele Bandini al Carlino – ma garantisco che l’avversario è stato rispettato. E se così non fosse siamo pronti a scusarci».

Intanto ieri è stato pubblicato anche il referto del giudice sportivo con una lunga squalifica di un anno comminata al dirigente del Santerno protagonista degli insulti razzisti – anche se il diretto interessato, Fabrizio Bezzi, continua a smentire (vedi anche il nostro articolo tra i correlati) e annuncia ricorso – dieci giornate di squalifica complessive a due giocatori e un mese di sospensione anche all’allenatore, oltre a 500 euro di multa alla società per le intemperanze. Il caso è finito sulle pagine delle cronache locali anche per l’arrivo dei carabinieri, che hanno scortato arbitro (un 18enne di origine albanese) e vertici ravennati della classe arbitrale (presenti in tribuna e con in mano pure un video dei “fatti”) fuori dal centro sportivo di Santerno.

Caroli e l’arte vista dai grandi maestri

Lo storico ravennate, volto noto della tv, presenta Il suo nuovo
volume: «La critica italiana è la più futile, lavora per il mercatino…»

La storia dell’Italia è la storia della sua arte. Non tutti però la raccontano allo stesso modo, per questo c’è chi ha voluto ribadire quale sia la “vera” storia dell’arte italiana, che non è quella delle aste, e nemmeno quella dei musei chiusi, ma è quella delle opere viste e toccate da vicino. Flavio Caroli, ravennate di origine, è uno dei volti più noti tra gli storici dell’arte italiani. Docente universitario e divulgatore televisivo Caroli ha deciso di dare voce ai maestri della storia dell’arte con il suo nuovo volume Con gli occhi dei maestri che uscirà tra i Saggi Mondadori e che presenterà a Ravenna il 20 novembre alla Sala D’Attorre.

Qual è stata per lei l’importanza di avere buoni maestri?
«Per me hanno avuto una importanza decisiva, tutti, quelli che ho conosciuto e quelli che ho solamente letto. Per primo Longhi, che è il “nonno” di tutti gli storici dell’arte italiani, poi Arcangeli il “padre”, con cui mi sono laureato. Poi Graziani, che ha una storia straordinaria, era il primo allievo di Longhi, e morì a soli 27 anni nel ’43 dopo aver fatto dello cose fondamentali. Suo figlio, che era appena nato quando il padre morì, diventò poi mio grandissimo amico. Anche lui ebbe una fine infausta, perché morì suicida. Poi parlo di Briganti, maestro romano dell’eleganza della storia dell’arte. Morto Arcangeli c’era una insoddisfazione perché la scuola italiana stava diventando attribuzionista, a me non bastava. Io credo in una storia dell’arte delle idee, prima di tutto. Per questo per me è inoltre molto importante il lavoro con Gombrich, che contattai per proseguire questi studi assieme e che frequentai per tutta la vita. Da questo ceppo derivano tutti i miei studi.

Spesso i lettori si appassionano alle vite degli artisti, pare però che anche le vite degli storici dell’arte siano altrettanto interessanti…
«Assolutamente sì. Ognuno di loro a modo suo. Quando Bassani descriveva Longhi diceva “non sembra un professore, ma sembra un artista”. Graziani padre e figlio hanno storie da storici e da artisti. Arcangeli poi era un poeta! Briganti era un artista a modo suo, appassionato all’arte antica e anche a quella contemporanea. Gombrich era un artista mitteleuropeo, l’equivalente dei grandi scrittori inglesi della sua generazione».

Cosa caratterizza la linea che distingue la storia italiana dell’arte di cui lei parla dalla altre?
«Non esiste una storia dell’arte, ne esistono molte, perché ogni storico fa la sua. Quelle degli storici più autorevoli sono quelle più riconosciute. C’è chi dice la verità e chi racconta delle balle per avvalorare le proprie idee. Questo è il punto di fondo. La linea maestra Longhi-Graziani-Arcangheli-Briganti è la miglior scuola italiana. Come dice la fisica per due punti passa solo una retta, qui i punti sono quattro, ma la retta è comunque una sola. Si contraddistingue da altre scuole per il rapporto fisico con l’opera, un rapporto d’occhio che mantiene un rapporto di idee. La linea invece mitteleuropea è una linea di pure idee».

Insomma vuole dire che la scuola italiana è più concreta?
«Più concreta lo era ai tempi di Longhi e Arcangeli, poi è diventata la più futile di tutte. Finita quella grande scuola, gli storici italiani hanno lavorato per il mercato, anzi per il mercatino dell’arte, come se fossero in un negozio di antiquariato».

Cos’è quindi per lei il ruolo dello storico dell’arte? O quale dovrebbe essere…
«Mark Bloch diceva che la storia dell’arte non è un corteo che passa davanti a noi, e lo storico non è quello che guarda questo corteo passare. Lo storico deve stare dentro il movimento e assumere notizie, che possono essere vere o false».

Lei è ora uno dei maestri…
«Questo lo lascio dire agli altri, faccio quello che posso cercando di capire il passato».

…che cosa direbbe ai suoi “allievi” che diventeranno i maestri di domani?
«Bisogna essere ambiziosi. Bisogna cercare di capire il senso della storia. È necessario fuggire dei giochino del para-antiquariato, giochino a cui si è ridotta la grande storia dell’arte italiana».

L’insegnamento dell’arte a volte si è arroccato nelle accademie, altre volte si è invece aperto a molti, fino ad arrivare ai grandi numeri della televisione…
«Sì, parlando di arte a Che tempo che fa siamo arrivati a tre milioni di spettatori. Lasciando da parte il mio narcisismo, questi numeri significano che molte persone sono interessate all’arte. Vogliono capire come siamo arrivati fin qui».

Quindi meglio uscire dalle accademie?
«Sicuramente sì. Quando l’accademia era altissima, come quella di Ronchi, era un conto. Oggi le accademie sono fatte da figure piccolissime, e lo dico da dentro, visto che insegno anche all’università».

In questi giorni ci sono state molte polemiche sulla chiusura dei monumenti e sulle condizioni di lavoro dei dipendenti. Che idea si è fatto a riguardo?
«L’Italia non si può permettere di tener chiuso quello che è la sua grandezza nel mondo. I custodi però dovrebbero essere qualificati e pagati bene!»

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