sabato
19 Luglio 2025

«Una consultazione popolare sulle casse di colmata tra le dighe»

L’opposizione compatta chiede di interpellare i cittadini

Tutti i consiglieri comunali di opposizione (Ancisi, Ancarani, Baldini, Bucci, Foschini, Gatti, Grandi, Guerra, Santarella, Stampa e Vandini) hanno sottoscritto una richiesta di convocazione del consiglio comunale perché il Comune indica una “Consultazione della popolazione sulla realizzazione di casse di colmata all’interno delle dighe foranee del porto di Ravenna”. Si tratta come ormai noto della proposta dell’Autorità portuale (vedi articoli correlati) contenuta nella cosiddetta rimodulazione del Progettone. Un’opera, scrivono dall’opposizione, che «pone rilevanti problemi d’impatto ambientale, di sicurezza e di fattibilità».

Già individuato anche il quesito per la consultazione: “Siete favorevoli alla realizzazione di casse di colmata all’interno delle dighe foranee del porto di Ravenna destinate a collocarvi sedimenti estratti dal dragaggio del porto?”.

Secondo l’opposizione la consultazione si potrebbe fare in tempi rapidi e a costo zero: «il titolo ad esprimere il proprio giudizio sarebbe riconosciuto agli elettori del Comune di Ravenna, che potrebbero esercitarlo scrivendo il numero della propria tessera elettorale in un messaggio mail o in un SMS, oppure presentandosi, nel giorno e negli orari fissati, direttamente nei punti di raccolta stabiliti, quali le sedi dei consigli territoriali o del Comune; una volta votato in un modo, il programma informatico predisposto impedirebbe che, con lo stesso numero di tessera elettorale, si possa farlo una seconda volta».

Caso Versalis, Eni in Regione conferma: «Ravenna e Ferrara sono strategiche»

Confronto a Bologna, gli assessori: «Porteremo la questione
all’attenzione del Ministro dello sviluppo economico»

Confronto in Regione sulla situazione che riguarda i poli petrolchimici di Ravenna e di Ferrara. All’incontro, alla presenza di un rappresentante del ministero dello Sviluppo economico, hanno partecipato l’assessore alle Attività Produttive Palma Costi, l’assessore al Lavoro Patrizio Bianchi e i rappresentanti di Eni-Versalis e di Eni.

La Regione – si legge in una nota da Bologna – ha ribadito l’importanza strategica del settore petrolchimico per la competitività di tutto il sistema manifatturiero e dunque l’importanza dei due poli regionali, che rappresentano una eccellenza nazionale per l’attività di ricerca e sviluppo.

Il management di Eni-Versalis «ha confermato la valenza strategica dei propri stabilimenti emiliani di Ferrara e Ravenna nonché i programmi di sviluppo e di investimento previsti in linea con l’andamento del mercato di riferimento». Eni-versalis ha confermato, inoltre, quanto già comunicato in relazione alla ricerca di un partner internazionale con connotazione industriale. Il piano di investimenti per lo sviluppo delle attività prevede sia l’ambito della ricerca sia quello degli impianti. Allo stesso tempo sono stati illustrati due obiettivi prioritari della strategia aziendale: il riposizionamento sul mercato internazionale e l’aumento della quota di specialities nel portafoglio prodotti. Particolare attenzione inoltre sarà concentrata nello sviluppo della chimica verde.

«Le tematiche emerse nell’incontro odierno – hanno sottolineato gli assessori Palma Costi e Patrizio Bianchi -, sono importanti in riferimento alla conferma della strategicità dei siti emiliano romagnoli e al programma degli investimenti, ribaditi oggi. Comunque dovranno essere valutate in un ambito più ampio ovvero in una strategia complessiva che riguardi utto il quadrilatero padano che comprende anche i siti di Mantova e Porto Marghera. Proprio per comprendere meglio la strategia nazionale sui petrolchimici, porteremo la questione all’attenzione del Ministro dello sviluppo economico».

Filmava sotto le gonne delle signore con una telecamera sulla scarpa

Lo stratagemma di un uomo a processo per materiale pedoporno Sul computer 28 filmati girati al lavoro o al centro commerciale

Era riuscito a installare una piccola telecamera sulla scarpa: con questo stratagemma artigianale riusciva a filmare sotto le gonne delle signore ignare di tutto, a volte erano le clienti del centro commerciale Le Cicogne a Faenza e altre volte erano colleghe di lavoro. Un faentino di mezza età è indagato dalla polizia postale di Bologna, con l’accusa di interferenze illecite nella vita privata così come riportato da Il Resto del Carlino e Il Corriere Romagna in edicola oggi.

Oltre all’indagine riguardante la vicenda della telecamera, l’uomo si trova a processo a Ravenna per detenzione di materiale pedopornografico. Durante una perquisizione a casa nell’ottobre 2011 – nell’ambito di un’inchiesta partita da Potenza – la polizia trovò diverso materiale illegale sul computer. Sullo stesso disco rigido c’erano 28 brevi filmati realizzati furtivamente con la microcamera.

Le madri e loro ansia da prestazione

Elisabetta Gualmini, vicepresidente della Regione, presenta il libro “Le mamme ce la fanno”: «Che fatica lasciare i figli liberi di sbagliare»

“Di mamma ce n’è una sola” recita il motto popolare, “e per fortuna” potrebbero replicare alcuni. La “mamma” italiana è ormai diventata una icona globale dell’italianità nel mondo. Conosciuta come la pizza o i ponti di Venezia, la mamma italiana è amata e al tempo stesso temuta dai suoi pargoli che spesso si sentono bambini a vita. Questo è il quadro ironico tracciato da una mamma di tutto riguardo come Elisabetta Gualmini, scrittrice, vicepresidente della Regione Emilia-Romagna e autrice di Le mamme ce la fanno. Storie di donne sempre in bilico tra famiglia, scuola e lavoro (Mondadori) che presenterà alla rassegna “Il tempo ritrovato” mercoledì 18 alle 18 alla Biblioteca Classense di Ravenna.

La mamma italiana rischia di soffocare d’amore i suoi figli?
«Questo è uno dei filoni degli aneddoti raccontati nel libro che ho trattato con tono autoironico. Anche io sono un po’ così… Le madri sono ingombranti e presenti in ogni decisione dei figli. Fanno fatica a rimanere dietro le quinte, lasciando liberi i figli di sbagliare. Vogliono sempre il meglio e spesso entrano troppo nelle decisioni dei figli limitando la loro libertà».

E questo ha conseguenze anche grottesche…
«Già, accadono paradossi per cui il genitore entra in competizione con il figlio. Fanno i compiti al suo posto, i riassunti. Nel libro racconto di un padre specializzato a colorare i mandala, quei grandi disegni buddisti che il bambino doveva colorare come compito. Il padre negava al figlio di farli perché non era abbastanza bravo. Il genitore organizza le feste dei figli come le vuole lui, chiama gli animatori che piacciono a lui, e alla fine… si diverte lui e il figlio si annoia».

Insomma per un eccesso di zelo nell’aiutare i figli si finisce col boicottarli?
«Spesso si tende a strafare perché si pensa che il figlio non sia all’altezza e possa fare brutta figura, ma così non lo si aiuta veramente. Crescerà con molte paure del mondo reale se nella crescita gli si negano gli spazi per sviluppare le proprie suggestioni».

Nasce da questa tendenza degli ultimi quaranta anni il fenomeno dei “bambocioni” che rimangono a vivere con la mamma fino all’età adulta?
«In qualche modo le due cose sono collegate. Le madri passano la vita a riordinare armadi, cucinare, fare la spesa, fare tutto per i figli, e i figli si fanno coccolare e anche viziare volentieri. Negli studi sociologici questo fenomeno si chiama “famiglia hotel”. La famiglia offre servizi gratuiti: stiratura, pasti caldi, frigo pieno, vestiti gratis. Insomma è un hotel all inclusive che presenta molti vantaggi».

Questo pare in contraddizione con il ruolo della donna di oggi, che grazie alle rivendicazioni del movimento femminista, è impegnata nel mondo del lavoro con grandi responsabilità, apparentemente con meno tempo per i figli.
«In realtà è proprio quella la spiegazione. Le madri soffrono oggi di ansia da prestazione. Vogliono fare tutto al meglio: la madre, il lavoro, e anche andare in palestra. Viviamo in un delirio di onnipotenza. Lavoriamo e appena c’è una pausa ne approfittiamo per fare una ricerca per la scuola dei figli, li accompagnamo a fare mille sport, è un tourbillon di acrobazie. E abbiamo un senso di inadeguatezza che ci perseguita sempre. Quando lavori ti senti in colpa perché potresti stare di più con i tuoi figli, quando stai con i figli, pensi dovresti lavorare…».

C’è una medicina a questa moderna paranoia del genitore onnipresente?
«La medicina è non prendersi troppo sul serio. Riuscire a sdrammatizzare. Se ti guardi da fuori ti accorgi quando stai esagerando. Capisci che stai bene anche senza andare a vedere l’ennesimo spettacolino di clavicembalo… Il carico di lavoro sulla donna è molto. Ci vuole un fisico bestiale. Bisogna rallentare e pensare che i figli, ogni tanto, possono stare anche in casa a guardare il soffitto, senza andare a studiare giapponese o judo o mille altre cose…».

Nel suo caso il lavoro di vice presidente della Regione è molto impegnativo e la mette molto in vista sui mass media, questo complica ulteriormente le cose?
«È tutto molto complesso. Ogni decisione comporta un riaggiustamento di equilibri difficile. Bisogna stare attenti che non ne risentano i figli. Per quanto riguarda l’esposizione pubblica i miei figli sono piccoli, non sanno niente di politica e non mi guardano se vado in tv. Mi piace che non si interessino troppo, e io cerco sempre di fare il mio lavoro in maniera corretta ed esemplare così da non dovermi rimproverare niente. I figli purtroppo risentono sempre degli errori dei genitori, soprattutto se sono persone esposte nella società, per questo ci vuole ancora più attenzione».

Cade dal seggiolone al nido: è grave Trauma cranico per un bimbo di 11 mesi

L’incidente mentre l’educatrice in servizio accoglieva una madre che accompagnava l’ultimo dei cinque piccoli nella sezione lattanti

Un bimbo di undici mesi è ricoverato in ospedale sotto osservazione per un trauma cranico riportato dopo essere caduto a terra da un’altezza di circa mezzo metro mentre era seduto su un seggiolone a tavola all’asilo nido comunale Babini di Russi nelle prime ore della mattinata odierna, 17 novembre. Il piccolo è stato trasportato dal 118 al Santa Maria delle Croci di Ravenna ma si sta valutando il trasferimento al Bufalini di Cesena. Sul posto, oltre al personale sanitario, sono intervenuti anche i carabinieri per accertamenti più approfonditi.

Questa la ricostruzione dei fatti fornita da Laura Errani, assessore all’Istruzione del Comune di Russi. L’incidente è avvenuto verso le 9.20 in una delle quattro sezione lattanti del nido che comprende cinque bambini: quattro erano già seduti sui seggiolini utilizzati per mettere a tavola i piccoli per una merenda a base di frutta e l’educatrice, una dipendente di una cooperativa esterna che fornisce parte del personale in affiancamento ai dipendenti comunali, è andata incontro a una madre che stava portando all’asilo il figlio. In quel momento è capitato l’incidente.

Dopo i soccorsi del caso l’attività dell’istituto è proseguita regolarmente. I genitori del bimbo rimasto coinvolto sono stati subito allertati e sono corsi al pronto soccorso.

Le giornate dell’e-commerce per la prima volta al Mic di Faenza

Tre pomeriggi dedicati ai “segreti” di web e social

Tornano le giornate dell’e-commerce e per la prima volta arrivano a Faenza: il 17, 18 e il 19 novembre, nella sala conferenze del Mic-Museo Internazionale delle Ceramiche, tre pomeriggi di focus per imprese e professionisti sui temi dell’e-commerce, web marketing e advertising sui social media, con il contributo di Bcc-Banca di Creedito Cooperativo Ravennate ed Imolese e Camera di Commercio di Ravenna ed il patrocinio del Comune di Faenza. Quella del 2015 è la quarta edizione di una rassegna consolidata che promuove la divulgazione di conoscenza sulle opportunità di sviluppo imprenditoriale attraverso il web: in questi anni sono circa 300 le imprese e i liberi professionisti che sono stati formati gratuitamente da professionisti del settore di livello nazionale e anche quest’anno il programma è ricco nei contenuti, nella qualità dei relatori e delle testimonianze.Per la prima volta, abbiamo anche organizzato due “Open Day” per mercoledì 11 novembre: a Faenza e Ravenna, presso gli uffici di Confesercenti, sarà possibile prenotare una consulenza gratuita con i professionisti del settore web e comunicazione per orientarsi e capire come costruire la propria promozione online.
Il programma dettagliato prevede martedì 17 novembre , dopo le registrazioni, l’intervento di Lorenzo Caroli alle 15 dal titolo “ABCD…E-Commerce: perché, quando e come”, alle 16 Eleonora Polacco con “Vendere con i social. Contenuti ed engagement e alle 17 “Il piano di web marketing e l’allocazione del budget al servizio degli obiettivi di business” con  Giorgio Soffiato.. Il mercoledì si comincia con Robi Veltroni che interviene su “Da Tripadvisor agli Home Restaurant come cambia la ristorazione col Web”, alle 16 si parla con iZoom di “Coupon buoni anche per il gestore” mentre alle 17 Christian Sarcuni racconta “L’esperienza di PizzaBo” come esempio di web che aumenta il business. L’ultimo giorno, sempre dalle 15 si comincia con Enrico Marchetto per Facebook Advertising, alle  16 Nicola Carmignani parla di “Costruzione dell’identità del Brand con Instagram”  e alle 17 Carlotta Taroni illustra “ #Travel #Food #Fashion – ottimi esempi di utilizzo”. Eventi gratuiti, prenotazione obbligatoria sul sito impresaonline.ra.it/Durante gli eventi sarà presente un banchetto di libri sui temi del web a cura della Libreria Moby Dick.

I ravennati Schonwald in concerto a Parigi a pochi passi dal massacro

«Ci siamo esibiti senza sapere quello che stava succedendo. Siamo
poi rimasti in Francia per cercare di reagire insieme ai nostri amici»

Sono tornati in Italia nella serata di ieri, lunedì 16 novembre, i ravennati Alessandra Gismondi e Luca Bandini, coppia nella vita e nella musica. Si tratta infatti dei due membri degli Schonwald, rock band nota anche all’estero i cui ultimi due album sono stati prodotti da un’etichetta discografica parigina. E a Parigi hanno suonato proprio venerdì sera, quel venerdì 13 che resterà per sempre nella storia della capitale francese (e non solo) per gli attentati terroristici. Caso ha voluto che i due ravennati si trovassero in un locale (l’International, in rue Moret) a nemmeno un chilometro di distanza (una decina di minuti a piedi) dall’ormai tristemente noto a livello mondiale Bataclan, la sala da concerti dove hanno fatto irruzione i terroristi, sparando sugli spettatori, durante il concerto degli Eagles of Death Metal.

«Siamo arrivati verso le 21 all’International – hanno dichiarato i due ravennati al TgCom –. Il club era già gremito e pochi minuti prima di salire sul palco siamo stati avvisati dalla produzione che c’era in atto un allarme attentato. Erano all’incirca le 22, ma in altre occasioni simili di qualche anno fa gli allarmi erano rientrati e quindi ci hanno fatto salire sul palco senza problemi. Abbiamo avuto la possibilità di esibirci senza renderci conto di nulla perché il clima che ci circondava era di allegria e divertimento. Solo al termine dello spettacolo ci hanno fatto sapere quello che era successo al Bataclan». Il locale – raccontano poi gli Schonwald – «è stato barricato e chiuso in entrata-uscita, con le guardie di sicurezza su ogni ingresso. Noi siamo stati tutto il tempo nel camerino del backstage, collegati via internet con i nostri familiari, in modo tale da poterli tranquilizzare e allo stesso tempo ricevendo in tempo reale le notizie su quello che stava succedendo a pochi passi da noi».

«Abbiamo respirato un clima di terrore, tanto sgomento e impotenza – sono le parole di Luca e Alessandra – perché non potevamo reagire in nessun modo, in quanto eravamo bloccati all’interno. I parigini sono stati molto vicini a noi, rassicurandoci con tanto affetto e gentilezza. Dopo diverse ore di interminabile attesa, è stato possibile uscire, intorno alle 3, e un gruppo di amici di Parigi ci ha scortato a piedi fino all’hotel, in quanto nessun mezzo era disponibile. Durante il nostro tragitto di circa un’ora, ci siamo sentiti frastornati, in una Parigi semideserta, dove aleggiava un’atmosfera surreale e inquietante».

Gli Schonwald sono poi rimasti a Parigi durante il weekend, come ci racconta una ancora scossa («ci vorrà tempo per metabolizzare questa trasferta…») Alessandra appena rientrata in Italia. «Nonostante quello che è successo – sono le sue parole – abbiamo deciso di restare in Francia, come stabilito, per stare a fianco dei nostri amici dell’etichetta parigina Anywave per la quale sono usciti i nostri due ultimi dischi (l’ultimo solo poche settimane fa, ndr). E proprio per questo motivo abbiamo reagito con lo stesso spirito di chi vive a Parigi, con lo slancio di chi vuole reagire e deve reagire a tutti i costi a sostegno della libertà di tutti e per combattere la paura».

I ravennati Schonwald in concerto a Parigi a pochi passi dal massacro

«Ci siamo esibiti senza sapere quello che stava succedendo. Siamo poi rimasti in Francia per cercare di reagire insieme ai nostri amici»

Sono tornati in Italia nella serata di ieri, lunedì 16 novembre, i ravennati Alessandra Gismondi e Luca Bandini, coppia nella vita e nella musica. Si tratta infatti dei due membri degli Schonwald, rock band nota anche all’estero i cui ultimi due album sono stati prodotti da un’etichetta discografica parigina. E a Parigi hanno suonato proprio venerdì sera, quel venerdì 13 che resterà per sempre nella storia della capitale francese (e non solo) per gli attentati terroristici. Caso ha voluto che i due ravennati si trovassero in un locale (l’International, in rue Moret) a nemmeno un chilometro di distanza (una decina di minuti a piedi) dall’ormai tristemente noto a livello mondiale Bataclan, la sala da concerti dove hanno fatto irruzione i terroristi, sparando sugli spettatori, durante il concerto degli Eagles of Death Metal.

«Siamo arrivati verso le 21 all’International – hanno dichiarato i due ravennati al TgCom –. Il club era già gremito e pochi minuti prima di salire sul palco siamo stati avvisati dalla produzione che c’era in atto un allarme attentato. Erano all’incirca le 22, ma in altre occasioni simili di qualche anno fa gli allarmi erano rientrati e quindi ci hanno fatto salire sul palco senza problemi. Abbiamo avuto la possibilità di esibirci senza renderci conto di nulla perché il clima che ci circondava era di allegria e divertimento. Solo al termine dello spettacolo ci hanno fatto sapere quello che era successo al Bataclan». Il locale – raccontano poi gli Schonwald – «è stato barricato e chiuso in entrata-uscita, con le guardie di sicurezza su ogni ingresso. Noi siamo stati tutto il tempo nel camerino del backstage, collegati via internet con i nostri familiari, in modo tale da poterli tranquilizzare e allo stesso tempo ricevendo in tempo reale le notizie su quello che stava succedendo a pochi passi da noi».

«Abbiamo respirato un clima di terrore, tanto sgomento e impotenza – sono le parole di Luca e Alessandra – perché non potevamo reagire in nessun modo, in quanto eravamo bloccati all’interno. I parigini sono stati molto vicini a noi, rassicurandoci con tanto affetto e gentilezza. Dopo diverse ore di interminabile attesa, è stato possibile uscire, intorno alle 3, e un gruppo di amici di Parigi ci ha scortato a piedi fino all’hotel, in quanto nessun mezzo era disponibile. Durante il nostro tragitto di circa un’ora, ci siamo sentiti frastornati, in una Parigi semideserta, dove aleggiava un’atmosfera surreale e inquietante».

Gli Schonwald sono poi rimasti a Parigi durante il weekend, come ci racconta una ancora scossa («ci vorrà tempo per metabolizzare questa trasferta…») Alessandra appena rientrata in Italia. «Nonostante quello che è successo – sono le sue parole – abbiamo deciso di restare in Francia, come stabilito, per stare a fianco dei nostri amici dell’etichetta parigina Anywave per la quale sono usciti i nostri due ultimi dischi (l’ultimo solo poche settimane fa, ndr). E proprio per questo motivo abbiamo reagito con lo stesso spirito di chi vive a Parigi, con lo slancio di chi vuole reagire e deve reagire a tutti i costi a sostegno della libertà di tutti e per combattere la paura».

Cause, ricorsi, rimborsi, sentenze 50 anni di lotte al porto di Cervia

Il tribunale dice che il concessionario deve 627mila euro al Comune
L’opposizione: «Gestione inhouse frutterebbe 500mila euro all’anno»

Il logoramento dei rapporti istituzionali dura da tempo a colpi di ricorsi legali ma ora sembra avvicinarsi la parola fine, in maniera poco consensuale: a pochi anni dalla scadenza naturale della concessione demaniale rilasciata nel 1971, il Comune di Cervia sembra intenzionato a mettere alla porta il gestore del porto turistico (circa 300 posti barca) per arrivare a individuare un nuovo concessionario con cui ripartire da capo in sintonia. L’intenzione di procedere verso la decadenza della concessione in corso trapela dai corridoi dell’amministrazione ma ufficialmente nessuna conferma: il sindaco Luca Coffari, a capo della task force interna che sta seguendo la pratica, si limita a confermare le inadempienze del gestore (la società Mdc, Marina di Cervia) assicurando l’impegno per garantire una struttura più efficiente ai diportisti. Dall’opposizione arrivano accuse di eccessivo lassismo: per Cervia il porto dovrebbe essere un biglietto da visita impeccabile invece per troppo tempo si è lasciato correre.

L’ultima puntata della telenovela Comune-Marina è andata in scena al tribunale di Napoli in ottobre. Il giudice del capoluogo partenopeo, dove è stata trasferita la sede della concessionaria, ha respinto il ricorso della società confermando quanto già espresso dai giudici ravennati: la Marina deve 627mila euro all’amministrazione pubblica per non aver adempiuto a diversi obbighi nella gestione del porto nel periodo dal 1986 al 2014. «Dopo le sentenze di Ravenna erano stati fatti i pignoramenti sui conti correnti – spiega Coffari – e ora con questa sentenza è stato dato il mandato alle banche di pagare la cifra. Non è ancora nelle casse del Comune per questioni tecniche ma è da considerare incassata». Il contenzioso ha riguardato più aspetti che fanno parte della convenzione tra Comune e Mdc ma soprattutto il dragaggio dell’asta canale: di competenza di Mdc ma mai fatto, secondo il Comune. «Non abbiamo – replicano dal porto – il dovere di dragare la limitata parte interna dell’asta del canale, ma solo di garantirne la navigabilità. Se ciò avviene naturalmente non si prospetta nessun obbligo, come stabilito dal perito del tribunale». In un comunicato stampa di fine ottobre l’ente pubblico ha messo in fila il riepilogo delle principali inadempienze: «Ha fornito servizi qualitativamente inferiori e ha provocato disservizi, ne sono testimonianza le decine di segnalazioni e le denunce pervenute negli anni dall’utenza e gli accertamenti effettuati dalle autorità competenti; ha applicato tariffe determinate unilateralmente in misura nettamente superiore all’andamento del tasso di inflazione; non ha curato in modo adeguato la manutenzione delle strutture e degli impianti; ha violato in diverse occasioni norme tributarie ed edilizie».

Circostanziate lamentele all’indirizzo di Mdc arrivarono lo scorso agosto da Cerviamare e Servimar, la coop che tutela gli utenti diportisti e il cantiere navale che ha sede all’interno del porticciolo, replicando agli annunci di Mdc. Il consigliere delegato Roberto Sabatini (erede della famiglia che nel 1971 costruì il porto) presentò un piano di investimenti per la rinascita: un paio di anni per «un porto a cinque stelle» con la riqualificazione dell’ultima parte dell’approdo e del fabbricato che ospiterà nuove attività commerciali, più verde e una «passeggiata aerea che consentirebbe il rispetto della privacy dei clienti mentre i turisti visiterebbero la darsena da una posizione sopraelevata». Cerviamare e Servimar risposero parlando di un porto che mancherebbe di servizi fondamentali e basilari, pur chiedendo tariffe più elevate che altrove. La replica fu al veleno: «Cerviamare oltre a non avere rapporti con Mdc pare abbia come unica attività l’istigazione alla morosità di alcuni clienti del porto. C’è un contratto d’affitto con durata pluriennale, accettato e sottoscritto e ci sono tariffe portuali, che vengono decise dal Marina di Cervia, come sancito dall’articolo 4 del contratto. La recente decisione della Corte di Appello di Bologna ha confermato la sentenza di primo grado di Ravenna che condannava trenta clienti del porto al pagamento delle tariffe richieste dalla Mdc».

Di fronte alla sentenza napoletana qualcuno vede una vittoria a metà. È Paolo Savelli, sfidante di Coffari alle amministrative 2014: «Difendersi nei ricorsi costa risorse economiche ma anche di impegno e ha lasciato il porto da anni con una gestione carente che non fa bene all’immagine della città. Sembra quasi che le ultime amministrazioni non abbiano voluto affondare il colpo». I primi problemi arrivarono che il porto era nato da poco: «Per i crediti vantati dal Comune fino al 1987 si arrivò a un accordo in perdita per le casse pubbliche». Il consigliere comunale di opposizione ha le idee chiare: «Secondo stime attendibili una gestione efficiente del porto potrebbe portare 500mila euro di entrate pulite. Credo che la cosa migliore da fare sarebbe la decadenza della concessione a Mdc, la gestione inhouse del porticciolo per completare tutte le opere che mancano e rimettere in piedi il suo funzionamento in modo da renderlo più appetibile per cercare un nuovo gestore».

Una sorta di tutti contro tutti che pare ormai giunto all’epilogo finale. Un procedimento per la decadenza della concessione era già stato avviato nel 2013 poi archiviato a settembre 2015. «L’archiviazione del precedente procedimento è stata adottata solo per motivi formali, cioè per istaurare un nuovo procedimento ed un nuovo confronto con Marina di Cervia su tali diversi presupposti», spiega il Comune.

Cause, ricorsi, rimborsi, sentenze 50 anni di lotte al porto di Cervia

Il tribunale dice che il concessionario deve 627mila euro al Comune L’opposizione: «Gestione inhouse frutterebbe 500mila euro all’anno»

Il logoramento dei rapporti istituzionali dura da tempo a colpi di ricorsi legali ma ora sembra avvicinarsi la parola fine, in maniera poco consensuale: a pochi anni dalla scadenza naturale della concessione demaniale rilasciata nel 1971, il Comune di Cervia sembra intenzionato a mettere alla porta il gestore del porto turistico (circa 300 posti barca) per arrivare a individuare un nuovo concessionario con cui ripartire da capo in sintonia. L’intenzione di procedere verso la decadenza della concessione in corso trapela dai corridoi dell’amministrazione ma ufficialmente nessuna conferma: il sindaco Luca Coffari, a capo della task force interna che sta seguendo la pratica, si limita a confermare le inadempienze del gestore (la società Mdc, Marina di Cervia) assicurando l’impegno per garantire una struttura più efficiente ai diportisti. Dall’opposizione arrivano accuse di eccessivo lassismo: per Cervia il porto dovrebbe essere un biglietto da visita impeccabile invece per troppo tempo si è lasciato correre.

L’ultima puntata della telenovela Comune-Marina è andata in scena al tribunale di Napoli in ottobre. Il giudice del capoluogo partenopeo, dove è stata trasferita la sede della concessionaria, ha respinto il ricorso della società confermando quanto già espresso dai giudici ravennati: la Marina deve 627mila euro all’amministrazione pubblica per non aver adempiuto a diversi obbighi nella gestione del porto nel periodo dal 1986 al 2014. «Dopo le sentenze di Ravenna erano stati fatti i pignoramenti sui conti correnti – spiega Coffari – e ora con questa sentenza è stato dato il mandato alle banche di pagare la cifra. Non è ancora nelle casse del Comune per questioni tecniche ma è da considerare incassata». Il contenzioso ha riguardato più aspetti che fanno parte della convenzione tra Comune e Mdc ma soprattutto il dragaggio dell’asta canale: di competenza di Mdc ma mai fatto, secondo il Comune. «Non abbiamo – replicano dal porto – il dovere di dragare la limitata parte interna dell’asta del canale, ma solo di garantirne la navigabilità. Se ciò avviene naturalmente non si prospetta nessun obbligo, come stabilito dal perito del tribunale». In un comunicato stampa di fine ottobre l’ente pubblico ha messo in fila il riepilogo delle principali inadempienze: «Ha fornito servizi qualitativamente inferiori e ha provocato disservizi, ne sono testimonianza le decine di segnalazioni e le denunce pervenute negli anni dall’utenza e gli accertamenti effettuati dalle autorità competenti; ha applicato tariffe determinate unilateralmente in misura nettamente superiore all’andamento del tasso di inflazione; non ha curato in modo adeguato la manutenzione delle strutture e degli impianti; ha violato in diverse occasioni norme tributarie ed edilizie».

Circostanziate lamentele all’indirizzo di Mdc arrivarono lo scorso agosto da Cerviamare e Servimar, la coop che tutela gli utenti diportisti e il cantiere navale che ha sede all’interno del porticciolo, replicando agli annunci di Mdc. Il consigliere delegato Roberto Sabatini (erede della famiglia che nel 1971 costruì il porto) presentò un piano di investimenti per la rinascita: un paio di anni per «un porto a cinque stelle» con la riqualificazione dell’ultima parte dell’approdo e del fabbricato che ospiterà nuove attività commerciali, più verde e una «passeggiata aerea che consentirebbe il rispetto della privacy dei clienti mentre i turisti visiterebbero la darsena da una posizione sopraelevata». Cerviamare e Servimar risposero parlando di un porto che mancherebbe di servizi fondamentali e basilari, pur chiedendo tariffe più elevate che altrove. La replica fu al veleno: «Cerviamare oltre a non avere rapporti con Mdc pare abbia come unica attività l’istigazione alla morosità di alcuni clienti del porto. C’è un contratto d’affitto con durata pluriennale, accettato e sottoscritto e ci sono tariffe portuali, che vengono decise dal Marina di Cervia, come sancito dall’articolo 4 del contratto. La recente decisione della Corte di Appello di Bologna ha confermato la sentenza di primo grado di Ravenna che condannava trenta clienti del porto al pagamento delle tariffe richieste dalla Mdc».

Di fronte alla sentenza napoletana qualcuno vede una vittoria a metà. È Paolo Savelli, sfidante di Coffari alle amministrative 2014: «Difendersi nei ricorsi costa risorse economiche ma anche di impegno e ha lasciato il porto da anni con una gestione carente che non fa bene all’immagine della città. Sembra quasi che le ultime amministrazioni non abbiano voluto affondare il colpo». I primi problemi arrivarono che il porto era nato da poco: «Per i crediti vantati dal Comune fino al 1987 si arrivò a un accordo in perdita per le casse pubbliche». Il consigliere comunale di opposizione ha le idee chiare: «Secondo stime attendibili una gestione efficiente del porto potrebbe portare 500mila euro di entrate pulite. Credo che la cosa migliore da fare sarebbe la decadenza della concessione a Mdc, la gestione inhouse del porticciolo per completare tutte le opere che mancano e rimettere in piedi il suo funzionamento in modo da renderlo più appetibile per cercare un nuovo gestore».

Una sorta di tutti contro tutti che pare ormai giunto all’epilogo finale. Un procedimento per la decadenza della concessione era già stato avviato nel 2013 poi archiviato a settembre 2015. «L’archiviazione del precedente procedimento è stata adottata solo per motivi formali, cioè per istaurare un nuovo procedimento ed un nuovo confronto con Marina di Cervia su tali diversi presupposti», spiega il Comune.

Il Santerno si difende e teme il complotto «Non vogliamo più arbitri da Ravenna»

La società di calcio nega gli insulti razzisti all’arbitro. La vicenda sul tavolo del sindaco: «Ho visto un video dei fatti. Punire i responsabili»

«Chiederemo di non avere più arbitri di Ravenna, quando vengono da altre sezioni non succede mai nulla di clamoroso. Questo mi fa pensare che ci sia un accanimento contro di noi da Ravenna anche se non so spiegarmi il motivo». Fabrizio Bezzi, dirigente del Santerno, sembra sentire puzza di complotto arbitrale: la sua società calcistica è stata protagonista di una accesa domenica con i carabinieri intervenuti al campo di casa a fine partita per scortare il fischietto che aveva diretto la gara contro la Virtus Faenza e due dirigenti della sezione arbitrale provinciale che erano in tribuna.

Il clima durante i 90 minuti è stato piuttosto caldo: il tutto sarebbe scaturito da un’espulsione ai danni del Santerno (che poi ha comunque vinto la partita) decretata dal giovane arbitro Durim Xhafa, 18enne ravennate di origine albanese. Dagli spalti sarebbero partiti gli insulti al direttore di gara e poi anche alla squadra avversaria, ai sostenitori ospiti e ai vertici degli arbitri presenti in tribuna. La presidente degli arbitri, Barbara Panizza, parla di insulti razzisti e minacce.

Tutto smentito da Bezzi: «Minacce di morte e insulti razzisti proprio no, anche perché il pubblico non poteva mica sapere che l’arbitro fosse albanese. Non nego che la situazione fosse accesa ma è diverso da come ne parla Panizza». E allora il consigliere della società biancazzurra abbozza una sua lettura dei fatti: «Quando vengono arbitri di Faenza, Lugo o Forlì non capitano le cose insensate che ci capitano quando siamo arbitrati da arbitri di Ravenna e fioccano le multe alla società». Un copione già visto che portò la società già l’anno scorso a chiedere di non avere arbitri ravennati, una concessione che Bezzi dice di aver ottenuto. Ma Panizza assicura che le designazioni avvengono a rotazione senza seguire indicazioni societarie.

Eppure nel mondo del pallone, quando si fa riferimento a Santerno e al suo campo, la reazione degli addetti ai lavori è di chi lo considera un contesto caldo: «Vent’anni fa o anche di più qua un arbitro è stato picchiato – spiega Bezzi – ma sono passati vent’anni. Oggi la nostra società ha 40 anni di media, nessuno di noi ha legami con quei fatti. È ora di andare oltre».

Nel frattempo in mattinata il sindaco di Ravenna, Fabrizio Matteucci, ha incontrato Panizza: «Ho visto un video dove è chiarissimo quello che è successo. Esprimo la mia solidarietà a Barbara e ai suoi colleghi e la mia preoccupazione per l’episodio. È ovvio che anche un arbitro può sbagliare. A volte il tifo per la propria squadra può portare ad usare qualche espressione colorita di troppo, e questo ci sta. Ma non c’è alcuna passione sportiva che giustifica la violenza, anche verbale, nei confronti delle persone. Il mio invito è rivolto alle Autorità di Pubblica Sicurezza e alle Autorità sportive: accertare i fatti e punire gli eventuali responsabili».

Liste d’attesa e convenzioni tra pubblico e privato Un incontro sulla sanità

Archiviato il primo appuntamento con la soddisfazione dei numerosi partecipanti che hanno rivolto le proprie domande a esperti e professionisti della medicina, il 16 novembre è in calendario il secondo incontro pubblico di informazione medica del ciclo “Al centro la tua salute”: appuntamento alle 18 alla sala D’Attorre di Casa Melandri a Ravenna (via Ponte Marino 2) con l’iniziativa che vuole aiutare i cittadini a comprendere meglio i contorni delle prestazioni sanitarie, sia per quanto riguarda le visite mediche che i trattamenti operatori. Le sinergie tra pubblico e privato nella sanità nell’interesse dei pazienti e le patologie del pavimento pelvico saranno i temi all’ordine del giorno del nuovo incontro. Terzo appuntamento in programma il 25 novembre.

I TEMI. Quante volte sentiamo utilizzare l’espressione “Convenzionato col sistema sanitario nazionale”: cosa significa esattamente? Di questo si parlerà ma anche di come si traduca in vantaggi nei confronti degli utenti.
Ma anche il tanto dibattuto argomento delle liste d’attesa sarà affrontato nel corso della serata. Sugli aspetti più strettamente inerenti la salute invece ernia inguinale e la calcolosi della colecisti saranno all’ordine del giorno. A proposito delle patologie del pavimento pelvico invece si discuterà dell’approccio multidisciplinare con cui devono essere affrontate, contando sulla consulenza di diversi specialisti: diagnostica, fisioterapia, ginecologia, proctologia e urologia.

GLI ESPERTI. Due professionisti illustreranno i temi rispondendo anche alle domande del pubblico: il dottor Domenico B. Poddie (chirugo e direttore sanitario della clinica San Francesco a Ravenna) e il dottor Enrico Magni (chirurgo). Il primo vanta una lunga esperienza nelle Chirurgie generali degli ospedali di Cervia e di Ravenna, oltre a svolgere attività di consulenza in libera professione, si occupa del trattamento operatorio di malattie non neoplastiche che hanno un forte impatto nelle liste di attesa presso le strutture sanitarie pubbliche: ernie inguinali, ernie ombelicali, ernie post-operatorie, calcolosi della colecisti (in laparoscopia), vene varicose degli arti inferiori, emorroidi. Il secondo invece ha conseguito la laurea in Medicina e Chirurgia nel 1986 all’Università di Bologna e in seguito ha ricoperto differenti ruoli all’Ausl di Rimini e di Forlì-Cesena, svolge la propria attività prevalente in colon-proctologia.

I PROMOTORI. Il ciclo di incontri nasce su iniziativa della clinica San Francesco – fondata a Ravenna oltre 70 anni fa – con l’intendo di offrire alla cittadinanza un’informazione medica alla portata di tutti. L’ospedale privato è oggi una struttura moderna che fornisce prestazioni in accreditamento col Servizio Sanitario Nazionale o a pagamento. Grazie ai costanti investimenti in tecnologie innovative e in personale medico e paramedico di competenza e professionalità, oggi l’ospedale garantisce servizi di alto livello nel rispetto della persona. L’accreditamento con il servizio nazionale è sinonimo di garanzia sulla qualità dei servizi e della possibilità di accedere a visite ed esami senza spesa aggiuntiva rispetto alla struttura pubblica e tempi di attesa più brevi.

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