La scuola deve restare aperta. Ma come? E per cosa?

Erano da aprire a tutti i costi? Era meglio tenerle chiuse per qualche settimana in modo da svalicare l’imminente picco?
Le scuole, di nuovo, per l’ennesima volta in questi due anni, sono state al centro del dibattito per qualche giorno.
Con tantissimi insegnanti e operatori che ogni giorno si trovano costretti a fare da vigili, più che docenti, per coprire classi scoperte, per garantire che le norme anticovid siano rispettate in modo rigoroso dentro aule dove tutto il resto – o quasi – non funziona. Aule dove non sempre c’è il metro di distanza, scuole dove non ci sono spazi abbastanza grandi per far uscire i ragazzi in più di uno alla volta durante le lezioni (e mai durante la ricreazione), dove la mascherina può essere abbassata solo il tempo di una veloce merenda, ammesso che non ci siano due positivi in classe, perché in tal caso servono due metri di distanza e i due metri proprio non ci sono.
In aule dove l’unico sistema di ricambio d’aria sono le finestre aperte. Se in classe si riesce ora a garantire la distanza è perché metà dei ragazzi sono a casa, in Dad o assenti. E anche la scuola è per metà assente, perché ovviamente anche i docenti si sono ammalati o sono in quarantena.

Però la scuola, ci viene detto, è troppo importante per i ragazzi e deve restare aperta, anche se non proprio per tutti. Perché così, quasi senza che la cosa abbia fatto scalpore (se non per i comitati più attenti) si è introdotto il controllo del green pass all’ingresso, in genere a opera di un bidello, per permettere di scremare tra vaccinati e non quando in classe ci sono due positivi. Una situazione che peraltro di solito dura pochi giorni, il tempo di vedere arrivare il terzo e mandare tutti in Dad, ma che intanto traccia una bella linea.
Così come la linea viene tracciata dai mezzi pubblici usati da studenti di quindici o sedici anni per andare a scuola: anche qui serve il green pass altrimenti si resta a casa. Soprattutto se si vive in periferia, lontano dalle scuole che, nel caso di licei e istutiti, hanno sede nelle città principali.

La pandemia ha provocato danni enormi sulla generazione degli adolescenti, ogni giorno escono dati a confermarcelo, e la Dad indiscriminata degli ultimi due anni li ha sicuramente amplificati. La scuola poteva essere un’ancora e un salvagente e invece per molti è svanita, si è rarefatta al punto da non essere più scuola.

Dunque è sicuramente vero che la scuola deve restare aperta. Ma bisognerebbe anche ragionare su come, perché e per cosa. Non certo per poter fare le verifiche in presenza, per esempio. Anche perché il rischio adesso è che lì dentro i ragazzi, prima di qualsiasi altra cosa, imparino l’ipocrisia di regole rigidissime che rendono oggettivamente la scuola un luogo più ostile di quanto non lo sia mai stato e che servono di fatto a celare carenze strutturali coperte da una valanga di chiacchiere e promesse.

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