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INSERTO SPECIALE / I 15-21 marzo 2018 RAVENNA&DINTORNI

ANTEPRIMA Edizione 2018

IN COLLABORAZIONE CON

www.ravennafestival.org

INTORNO AL TEMA

INTERVISTA

Ideali, utopie e avanguardie artistiche nel segno della libertà

«OGNUNO DI NOI HA UN SOGNO PERSONALE O COLLETTIVO...» Conversazione con la presidente del Festival Cristina Mazzavillani Muti

Con il titolo “We Have a Dream” il Festival continua ad esplorare eventi epocali e icone del ‘900 come Martin Luther King. Ne parla il direttore artistico Franco Masotti I have a dream è il titolo del discorso tenuto da Martin Luther King il 28 agosto 1963 davanti al Lincoln Memorial di Washington, al termine di una marcia di protesta per i diritti civili nota come “Marcia su Washington per il lavoro e la libertà”: in esso il reverendo King – con una cadenza da profeta biblico e rimandi a Lincoln e Gandhi – espresse la speranza che un giorno la popolazione di colore avrebbe goduto degli stessi diritti dei bianchi. Fra i più famosi discorsi del XX secolo, I have a dream è diventato simbolo della lotta contro il razzismo non solo negli Stati Uniti ma in tutto il mondo, compendio di quella vita che il reverendo King dedicò alla libertà e all’uguaglianza nel credo della non violenza, e che si concluse drammaticamente con il suo assassinio il 4 aprile 1968 a Memphis, cinquant’anni fa. We Have a Dream prosegue il percorso iniziato dal Festival con l’edizione 2014, dedicata alla scoppio della Grande Guerra, con il quale si esplorano eventi cruciali e personaggi del secolo scorso. Ne abbiamo parlato con Franco Masotti, uno dei direttori artistici del festival. Da dove nasce l’idea di questo titolo ispirato a Martin Luther King? «Ci eravamo ripromessi di cogliere al volo l’occasione offerta dal centenario di Leonard Bernstein, un grandissimo direttore e compositore che ha unito popular music multietnica e musica “alta”; vittima oltretutto della caccia alle streghe maccartista negli anni '50, di conseguenza bandito dalle sale americane più prestigiose per le sue posizioni politiche. Assieme a lui volevamo ricordare i cinquanta anni dalla scomparsa di Martin Luther King. Abbiamo deciso negli ultimi anni di dedicarci a icone del recente passato come Nelson Mandela e ora King, entrambi simboli della lotta non violenta per l'uguaglianza e i diritti umani». Matteo Cavezzali > continua a pagina III

Il compositore e direttore d’orchestra Leonard Bernstein (foto Allan Warren) In alto: Martin Luther King

Il programma del Festival 2018 è, come i precedenti, ricco di eventi che sviluppano due percorsi: il titolo principale, “We have a dream”, richiama le parole di Martin Luther King, rafforzate dal romagnolo A j ò fat un sogn, mentre l’altro tema che si alterna e si incontra a tratti con il primo è “Il canto ritrovato della cetra”. Cristina cosa ne pensa? «Sì, i due temi si intrecciano. Il sogno di Martin Luther King fu gridato nel 1963, quando partecipò alla marcia per i diritti civili del popolo di colore. Aveva preparato un intervento ma, la sua amica, la cantante gospel Mahalia Jackson gli urlò di parlare del sogno, quello che aveva per il suo popolo, King buttò via i fogli e parlò a braccio. Nessuno poteva immaginare che le sue parole sarebbero diventate un messaggio universale. One man. One march. One speech. One dream. Perché, ognuno di noi ha un sogno, personale o collettivo». Anna De Lutiis > continua a pagina XII

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Edizione 2018

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15-21 marzo 2018 RAVENNA&DINTORNI

Un ritratto del compositore Terry Riley, fra i maestri del minimalismo musicale. Il suo capolavoro “In C”, del 1964, sarà eseguito al Festival (12 giugno) dall’ensemble Tempo Reale

Il dietro le quinte di Kiss me, Kate musical capolavoro di Cole Porter Non poteva mancare un musical, nato e creato per Broadway, nell’edizione 2018 del festival dedicata alle vene creative dell’America. E quale se non il capolavoro datato 1948 di Cole Porter Kiss me, Kate. Uno spettacolo che è teatro nel teatro, dove la finzione si intreccia con i retroscena di una messa in scena shakespeariana. Kiss me, Kate diventà così un gioco di specchi e “delle parti” dinamico e brillante che segna uno spartiacque della commedia musicale della prima metà del Novecento con canzoni cameo come “Another Opening Another Show” e “So in Love”. A Ravenna il musical di Porter arriva in prima nazionale (dal 7 al 9 giugno al teatro Alighieri) nell’allestimento della compagnia britannica Opera North con un cast di orchestrali, coro, e attori-cantanti-ballerini di notevole caratura artistica.

Sonorità, visioni, parole che sono fluite “nelle vene dell’America” INTERVISTA A FRANCO MASOTTI > segue dalla prima In questi tempi, anche in America, pare che la lezione del reverendo King sia stata dimenticata… «Credo che proprio in questo momento sia importante guardarsi indietro e capire cosa non ha funzionato. Visti i tempi, la lotta contro il razzismo non ha nulla di simbolico o retorico ma torna ad essere purtroppo necessaria e di stringente e inquietante attualità. I diritti che parevano definitivamente raggiunti sono messi in forte crisi». È tornato con questa edizione a occuparsi di una delle sue grandi passioni da sempre: l’America che dagli anni ’50 a oggi è stata una fucina culturale a cui l’Europa ha guardato con grande interesse... «Sì, tra gli anni ’50 e ’70 è stato assolutamente così. Lì sono nati il jazz, la modern dance con Martha Graham, Merce Cunningham e Trisha Brown, l'espressionismo astratto, l'elettronica e le chance operations di John Cage e tantissimo altro ancora, da Miles Davis a Frank Zappa, da Dylan ai Talking Heads... Da lì sono arrivate molte delle novità più rivoluzionarie degli ultimi cento anni, al di là delle tante contraddizioni di quel Paese. A Berkeley nasce anche la contestazione studentesca a un certo tipo di potere, prima ancora che nel '68 arrivi in Francia e poi in Italia e Germania». Le “Vie dell’Amicizia” raggiunge quest’anno Kiev: Riccardo Muti sarà sul podio dell’orchestra Cherubini e di musicisti ucraini per il doppio concerto che unirà Ravenna a una delle più antiche città dell’Est Europa. C’è un legame con il tema del Festival? «Certamente. Al di là della comune storia bizantina, c'è da dire che fino a qualche tempo fa l’Ucraina era un pezzo importante di Unione Sovietica. Ci è piaciuto anche evocare in qualche modo la contrapposizione tra Russia e Stati Uniti durante la Guerra Fredda. Gli Stati Uniti si proponevano in quegli anni come luogo libero che appoggiava le espres-

sioni artistiche che erano invece pesantemente censurate in Urss. Così presentiamo un grande compositore ucraino come Valentin Silvestrov, che non ha certo avuto vita facile fino alla caduta del muro di Berlino. Non vuole essere una contrapposizione netta, sia ben chiaro. Ma è significativa e deve anche far riflettere su altre situazioni oggi ancora esistenti di oppressione sulle arti e la cultura». Il cartellone del Festival 2018 è vastissimo con un centinaio di eventi, di cui entreremo via via nel merito. Intanto però c’è uno spettacolo a cui tiene particolarmente, su cui vuole porre l’accento? «Un concerto che balza agli occhi è quello di David Byrne. Non sapevamo ancora il titolo che avrebbe dato al nuovo disco e al tour, che nella sua parte italiana si aprirà proprio a Ravenna, ma quando abbiamo scoperto che era American Utopia la cosa ci è molto piaciuta. È un artista con una coerenza artistica e etica senza compromessi e da molti anni non veniva in Italia. Credo sia uno degli autori americani più rappresentativi. E poi quella da molti considerata la più grande commedia musicale di sempre: Kiss Me, Kate di Cole Porter che è di una bellezza devastante come musica e testi. È un modo per riportare idealmente a Ravenna Cole Porter, che venne in città ben due volte e dove, secondo la leggenda, concepì la sua Night and Day. Poi celebreremo il minimalismo – a partire da Terry Riley – e la chitarra elettrica, lo strumento per eccellenza della musica del ‘900, nata appunto negli Usa. Tanto altro avrebbe potuto esserci ma con questo omaggio, sia pur inevitabilmente limitato, si potrà davvero entrare e fluire “nelle vene dell'America”.

Fra gli omaggi all’arte made in Usa quello al minimalismo e al mito della chitarra elettrica

CONCERTI

IL MITO AMERICANO DIRETTO DA MARSHALL, DAVIS E CONLON Sul podio delle orchestre Cherubini e Rai e musiche di Bernstein, Gershwin, Glass Grandi orchestre, direttori di vaglia e un repertorio di composizioni del ‘900 che spaziono fra autori statunitensi e omaggi alla cultura e al mito della frontiera americana, segnano la sezione del Festival intitolata per l’appunto alle “Nelle vene dell’America”. L’esordio (4 giugno al Pala De André) è con l’Orchestra Cherubini, diretta da Wayne Marshall che propone al pubblico il fascino della nostalgia e di mondi perduti che permeano tre pezzi di Ravel (Alborada del Gracioso, Le Tombeau de Couperin, La Valse), Three Dance Episodes dal musical On the Town di Bernstein e il celebre An American in Paris di Gershwin. Un omaggio a Leonard Berstein a 100 anni dalla nascita lo offre il Maestro Dennis Russel Davis, sempre sul podio dell’Orchestra Cherubini con l’esecuzione della Sinfonia n. 2 The Age of Anxiety e, nella seconda parte, in prima nazionale, la Sinfonia 11 del minimalista Philip Glass (il 16 giugno al Pala De André). Sempre Davis, con Maki Namekawa, in duo pianistico (il 17 giugno alla Classense), si cimenta in brani di Keith Jarret (Ritual, inedito in Italia), Glass (Mishima) e Stravinskij (Le sacre du printemps). Infine sul podio dell’Orchestra Nazionale Rai, il direttore James Conlon esegue l’ouverture da Candide di Bernstein, il Cantus in memoriam Benjamin Britten di Arvo Pärt, la Sinfonia da Requiem op. 20 di Britten e la Sinfonia n. 9 in mi minore Dal Nuovo Mondo (il 7 luglio al Pala De André).

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IV / Anteprima

Edizione 2018

RAVENNA&DINTORNI 15-21 marzo 2018

ARTE E CONFLITTI

Quando il canto ritrovato della cetra riesce a toccare il cuore dell’uomo Il direttore artistico Angelo Nicastro parla delle nuove sensibilità musicali oltre le crisi del ‘900 Fra gli eventi in programma un omaggio al compositore ucraino Valentin Silvestrov Il tema del Ravenna Festival con il We have a dream evoca i sogni di riscatto e libertà, che si palesano anche attraverso la creazione artistica, ma esistono purtroppo i sogni infranti dai conflitti e dalla tirannia del potere, e in tal caso anche il tacere dell’arte. La riflessione nasce da una conversazione con uno dei direttori artistici del Festival Angelo Nicastro, a proposito della sezione del programma intitolata “Il canto ritrovato della cetra”, di cui si è occupato da vicino. «Il tema del rapporto controverso fra arte e potere era stato già toccato anche lo scorso anno a proposito delle tormentate vicende di Shostakovich a confronto con il regime stalinista, e del rischio del tacere della musica e del canto di fronte allo strazio delle ingiustizie, dei massacri e dell’esilio – commenta Nicastro –. L’immagine è quella biblica, ripresa nel Nabucco di Verdi, della “cetra appesa ai salici”, o quella del canto schiacciato dall’oppresione degli invasori nei versi del poeta Quasimodo. Anche Adorno aveva scritto che dopo Auschwitz il bello non aveva più cittadinanza. Peraltro, nell’ambito dell’evoluzione culturale del Novecento è stata più volte evidenziata la tendenza della musica moderna, in particolare col linguaggio del serialismo, a una certa afasia concettuale, all’isolamento, all’incomunicabilità». Insomma, una crisi non solo estetica ma profondamente culturale e umana di fronte alle tragedie del Secolo Breve «Certo, ma c’è sempre un risveglio, una rinascita e, per l’appunto, come abbiamo inti-

Il gruppo vocale The Sixteen

EVENTI Gli splendori di Aleppo e le tre fedi un solo dio Intorno al tema del “Canto ritrovato della cetra” si dispiegano diversi appuntamenti concertistici come Lo splendore di Aleppo con canti di amore e lode delle comunità sirio-cristiana, armena, musulmana e giudaica); i Vespri Ciprioti con musiche di Jean Hanelle e della tradizione dell’isola di Cipro; il gruppo The Sixteen in Super Flumina Babylonis con musiche di Part, Byrd, de Monte, Tallis, Taverner; il duo De Maistre (arpa) - Tena (nacchere) con musiche di vari compositori iberici, il Quartetto Klimt con musiche di Schubert, Mahler/Schnittke, Corghi e Schubert; il Duo Gazzana con musiche di Silvestrov, Bach, Ysaye e Mozart; Tre fedi un solo dio con musiche della chiesa maronita d’Oriente, della tradizione ebraica sefardita, della tradizione sufi e ispirate alle poesie di Hildegard von Bingen.

Liturgie domenicali, Vespri e giovani artisti per Dante Nel cartellone dell’edizione del Ravenna Festival 2018 trovano conferma alcune rassegne collaterali agli eventi principali che si presentano con appuntamenti praticamenti quotidiani. Oltre le tradizionali Liturgie domenicali con l’esecuzione di partiture sacre nelle più importanti chiese ravennati, ogni sera alle 19 – dall’1 giugno al 5 luglio in San Vitale – l’appuntamento è con i Vespri e un ricco cartellone di concerti di musica sacra e antica proposta da eccellenti gruppi e solisti. Sempre dai primi di giugno ai primi di luglio, gli antichi Chiostri Francescani ospitano spettacoli (fra teatro, musica, danza e multimedia) selezionate di giovani artisti che si sono ispirati alla figura e alla letteratura dantesca, in particolarew alla Commedia. Tutte le mattine alle ore 11.

tolato “il canto ritrovato della cetra”, che soprattutto nei paesi dell’est europeo ha ripreso da tempo un percorso di notevole espressività e la capacità di toccare con la musica il cuore ancora prima della mente. Dietro questa risorgenza c’è una componete mistica e religiosa, ma più semplicemente un ascolto della tradizione, l’uso di strumenti e sonorità arcaiche, una sensibilità comunicativa più aperta e profonda che passa attraverso nuovi linguaggi musicali, spesso minimalisti». Chi sono i protagonsiti del “canto ritrovato”, di tali nuove capacità espressive attraverso i linguaggi musicali? «Nel programma del Festival abbiamo dato spazio a varie testimonianze musicali che comprendono compositori e strumentisti di varia estrazione culturale, etnica e religiosa, provenienti come si diceva dall’Est europeo ma anche dal Mediterraneo e dal Medio Oriente. Un approfondimento e un omaggio particolare riguarda, attraverso due concerti e un incontro, la personalità e l’opera musicale del pianista e compositore ucraino Valentin Silvestrov».

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15-21 marzo 2018 RAVENNA&DINTORNI

CONCERTI

IL MAESTRO

MUTI TENDE LA MANO A KIEV PER IL CONCERTO DELL’AMICIZIA Da sinistra: il direttore Valerij Gergiev; Ottavio Dantone e Accademia Bizantina

Da Gergiev a Fray e Accademia Bizantina Gli appuntamenti con la grande musica sinfonica e quella cameristica In cartellone anche il Quartetto della Scala, Simply Quartet e Pezzi/Auskelyte Come ogni anno, l’estate ravennate si preannuncia intensa per l’importanza degli appuntamenti che Ravenna Festival proporrà agli appassionati che potranno godere di una programmazione talmente diversificata da soddisfare ogni palato. Sarà interessante ascoltare, l’8 giugno, come l’Orchestra del Teatro Mariinskij di San Pietroburgo diretta da Valerij Gergiev eseguirà un programma di matrice russa con influenze francesi. Proprio l’apertura sarà affidata ad una delle composizioni simbolo dell’Ars Gallica, il Prélude à l’après-midi d’un faune di Claude Debussy, a cui seguiranno i Quadri di un’esposizione, capolavoro del più feroce sostenitore musicale dell’identità nazionale russa, Modest Mussorskij, nell’elaborazione orchestrale di Maurice Ravel. A chiudere questo programma franco-russo le Danze sinfoniche op.45 di Sergej Rachmaninov, composte dal musicista nel suo esilio statunitense. L’indagine sonora dei mondi ultraterreni danteschi sarà il tema dell’appuntamento del 9 giugno quando l’Ensemble vocale Voces Suaves proporrà un ventaglio di brani composti tra l’Umanesimo e il primo Barocco. Diamanti tra le gemme saranno i brani di Jacques Arcadelt, Luca Marenzio, Claudio Monteverdi e Carlo Gesualdo da Venosa. Degno di nota l’accostamento di queste musiche con quelle composte dalla contemporanea Joanne Metcalf. Il 10 giugno il Quartetto del Teatro alla Scala offrirà una lettura di brani di ipnotica introspezione. Forse il più famoso dei brani di Arvo Pärt, Fratres, è paradigma della tintinnabulazione, teorizzata proprio dal compositore estone, mentre il Quartetto op.11 di Samuel Barber deve la sua fortuna all’arrangiamento per orchestra del secondo tempo, l’Adagio. Chiuderà il Quartetto n.12 op.96 Americano di Antonín Dvořák, commistione del mondo folk-

loristico statunitense e boemo. Due tra i compositori più noti della storia saranno i pilastri del concerto del 26 giugno che vedrà il pianista David Fray interpretare insieme all’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini due concerti per tastiera di Johann Sebastian Bach (BWV 1052 e 1055) e il concerto K491 di Wolfgang Amadeus Mozart, composizione tra le più drammatiche del musicista salisburghese. Le sonate per violino e pianoforte di Johannes Brahms verranno eseguite l’8 luglio dalla violinista Justina Auskelyte e dal pianista Cesare Pezzi. Il duo, attivo da diversi anni nonostante la giovane età dei componenti, ha di recente visto pubblicare l’incisione delle composizioni per violino e pianoforte di Balys Dvarionas. Quello che si può definire il testamento, se non spirituale, quantomeno intellettuale di Johann Sebastian Bach sarà eseguito il 10 luglio. L’Arte della Fuga è vertice della capacità compositiva del maestro tedesco e la sua composizione racchiude diversi misteri, dalla destinazione strumentale alla sua incompiutezza: sarà missione dell’Accademi Bizantina e Ottavio Dantone sciogliere i veli che ammantano questa vertiginosa opera speculativa. Il 13 luglio vedrà esibirsi il Simply Quartet, vincitore del I premio al 7° Concorso Internazionale di Musica da Camera Joseph Haydn: saranno protagoniste proprio le note di un quartetto (op.33) del compositore austriaco al quale il concorso è dedicato, con il noto La morte e la fanciulla di Franz Schubert. A Bela Bartok è attribuita la frase «le gare sono per i cavalli, non per i musicisti»: forse per sfatare quest’idea sarà proprio un quartetto del compositore ungherese a chiudere l’esibizione di questo gruppo di talenti. Enrico Gramigna

Al Festival sul podio della Cherubini e del Maggio Musicale Fiorentino Sono tre gli eventi del Festival 2018 che vedono protagonista Riccardo Muti alla guida della “prediletta“ Orchestra Cherubini e della “storica” compagine del Maggio Fiorentino. Innazitutto la nuova e ulteriore tappa del progetto internazionale dei “Viaggi dell’Amicizia”. Quest’anno il Maestro tende la mano per il “ponte di fratellanza attraverso l’arte e la cultura” a Kiev e al popolo ucraino, fondendo come di consueto, per l’occasione di due concerti gemelli, a Kiev e a Ravenna (1 e 3 luglio) i musicisti dell’Orchestra Giovanile Cherubini con quelli dell’Orchestra e coro del Teatro dell’Opera Nazionale d’Ucraina. Ancora in divenire il programma musicale ma sembra non mancheranno pagine verdiane. Un secondo appuntamento sancisce un legame lungo 50 anni fra Muti e l’Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino che vedrà il Maestro e la formazione toscana impegnati nell’esecuzione in forma di concerto del Macbeth di Verdi (il 15 luglio al Pala De André) dopo il debutto al festival di Firenze. L’opera verdiana sarà anche tema di studio della IV edizione della Muti Italian Opera Accademy in programma fra la fine di luglio e i primi di agosto. Infine (il 18 luglio al Pala De André) l’omaggio al grande virtuoso americano del violino Ruggiero Ricci. Sul podio della Cherubini col violinista dei Wiener Philharmoniker Wilfried Hedenborg, Muti eseguirà pagine musicali di Paganini, Rossini e Beethoven.


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Edizione 2018

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15-21 marzo 2018 RAVENNA&DINTORNI

TEATRO

Una scena da “Maryam” del Teatro delle Albe (foto Enrico Fedrigoli). A destra: Chiara Lagani e Fiorenza Menni in “Storia di un’amicizia”

Dalle amiche di Fanny & Alexander alla dolente Maryam delle Albe In scena anche altre nuove produzioni: la Sinfonia Beckettiana di Nerval Teatro e Lettere a Nour con il grande Franco Branciaroli Che sogno e teatro abbiano molto in comune è un'intuizione che attraversa la cultura occidentale almeno da quando, in piena epoca barocca, un mondo antico ritenuto eterno non cominciò a sfaldarsi, stingendo come un sogno nel mattino. I personaggi di Calderón e di Shakespeare, di Cervantes e di Bruno, furono gli attoniti testimoni di questa rivoluzione, a bocca aperta davanti a mondi nuovi che si svelavano allora per la prima volta, come Miranda alla fine de La tempesta. Il teatro s'imparentava al sogno: due metafore dell'esistenza umana, in bilico fra due crinali di nulla. D'altra parte, lo stesso Freud, in un altro secolo di crisi, chiamerà il sogno “dramma onirico”: la rappresentazione allestita dall'inconscio per dar corpo alle nostre pulsioni più profonde. Tutto ciò per dire che il titolo dell'edizione del Ravenna Festival di quest'anno, “I have a drem - A jo fat un sogn”, intende molto più di quanto non si potrebbe immaginare a tutta prima, promettendo una programmazione teatrale di tutto rispetto. Si parte il 14 giugno all'Alighieri con un'anteprima assoluta, Lettere a Nour. Scritto nel 2016 dall'islamologo franco-marocchino Rachid Benzine, questo libro ricostruisce un dialogo epistolare fittizio fra un padre, filosofo mussulmano e progressista, e la figlia Nour, che decide di raggiungere in Siria l'uomo che ama, un jihadista dell'Isis. Com'è possibile che la stessa fede possa giustificare due vite tanto differenti? Questo è il doloroso pun-

golo alla base dell'opera, portata a teatro per la prima volta dal regista Giorgio Sangati, che vede la partecipazione di un mostro sacro del teatro italiano, Franco Branciaroli, e una giovane promessa, Marina Occhionero. Si continua con la Sinfonia Beckettiana di Nerval Teatro, la compagnia di Elisa Pol e Maurizio Lupinelli, in scena il 23 giugno all'Alighieri, che omaggia due grandi del Novecento europeo: Samuel Beckett e Alberto Giacometti. Amici e collaboratori, i due artisti sono accomunati da poetiche per molti aspetti vicine: i personaggi tentennanti del primo sembrano rispecchiarsi nelle statue del secondo. Cinque attori diversamente abili, provenienti dai laboratori che da anni Nerval Teatro porta avanti con l'associazione Armunia, saranno accompagnati da un valente musicista come Matteo Ramon Arevalos, che interpreterà le musiche di Arvo Pärt e Valentin Silvestrov. Sara quindi la volta di due compagnie ravennati, che presenteranno per la prima volta ai loro concittadini due nuove produzioni. Parliamo di Fanny & Alexander, in scena il 5 luglio all'Alighieri con Storia di un'amicizia. Dirette da Luigi de Angelis, Chiara Lagani e Fio-

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renza Menni saranno le due protagoniste della fortunatissima saga L'amica geniale di Elena Ferrante, Lenù e Lila. L'autrice più chiacchierata del nostro paese troverà per la prima volta un adattamento teatrale. Dal 6 al 7 luglio all'Alighieri sarà in scena Maryam, monologo dello scrittore Luca Doninelli scritto per il Teatro delle Albe. Ermanna Montanari darà voce a tre donne palestinesi, colpite dalle atrocità della guerra in modo diverso ma accomunate dalla loro preghiera a Maryam, la Maria dell'Islam. Portatrice del dolore di tutte le madri del mondo, Maryam diventa corpo per un nuovo dialogo fra culture diverse. Il dolore di una donna sarà al centro dell'ultimo spettacolo, in scena il 10 e l'11 luglio all'Antico Porto di Classe. Elena Bucci e Marco Sgrosso, de Le Belle Bandiere, nel loro Antigone Quartet Concerto affronteranno un classico senza tempo della drammaturgia occidentale. L'Antigone sofoclea è l'eroina della contraddizione che passa fra morale e diritto: in mezzo al suggestivo parco archeologico i due attori di Russi interpreteranno tutti i personaggi della tragedia, accompagnati dalle musiche di Raffaele Bassetti e Dimitri Sillato. Iacopo Gardelli

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VIII / Anteprima

Edizione 2018

RAVENNA&DINTORNI 15-21 marzo 2018

DANZA/1

Erodiade e Tango Glaciale, coreografie “ricostruite” dagli anni ‘80 e ‘90 Grazie al progetto Ric.Ci, ideato e diretto da Marinella Guatterini, rivivono i memorabili spettacoli firmati da Julie Ann Anzilotti e Mario Martone Un postmoderno che sa essere ancora preveggente e l’eleganza fatale di un conturbante dramma biblico raccontato da Mallarmé: protagonisti del progetto Ric.Ci (Reconstruction Italian Contemporary Choreography Anni ’80/’90) ideato e diretto da Marinella Guatterini, che dal 2013 ha riportato sulle scene anche a Ravenna l’eccellenza creativa di una delle più prolifiche stagioni della coreutica contemporanea italiana, sono Tango Glaciale Reloaded (1982-2018) e Erodiade - Fame di Vento (1993-2017). Il Tango Glaciale Reloaded – un riallestimento a cura di Raffaele di Florio e Anna Redi dello storico progetto con la regia di Mario Martone – è una prima nazionale che promette di non soffrire il passaggio di ben 36 anni: Martone la definisce icasticamente «una macchina del tempo» che naturalmente e senza forzature accoglie «tre giovani danzattori» non ancora venuti al mondo ai tempi della prima stesura collocata agli albori dei sovrabbon-

danti Eighties, quando sul palco, a cambiare il corso della scena italiana, c’erano Andrea Renzi, Tomas Arana e Licia Maglietta del collettivo Falso Movimento. Una produzione suggellata dalla collaborazione blasonata di Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini e Fondazione della Danza/Aterballetto che a quanto pare ci porta, attingendo al passato della ricerca firmata Artaud, un sapore fresco di futuro: una pioggia di rimandi, dalla new wave ad altri frutti squisitamente figli dell’epoca, con la media di un cambio di scena ogni cinque minuti, racconta infatti i movimenti dei tre inquilini di una stessa casa. Li seguiamo mentre si spostano in dodici diversi ambienti – cucina, salotto, bagno, piscina, tetto… – in una vera e propria avventura domestica in continuo, febbrile mutamento che rende questo Tango Glaciale Reloaded tutto fuorché un’operazione passatista. Per Erodiade - Fame di Vento (1993-2017) ispirato al

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A sinistra: “Erodiade - Fame di vento” (foto Alberto Calcinai); sopra: “Tango Glaciale Reloaded” (foto Mario Spada)

poema incompiuto Hérodiade di Stéphane Mallarmé con le coreografie di Julie Ann Anzilotti, un doveroso inciso è da dedicare alle eleganti scenografie, che hanno la firma del grande artista concettuale Alighiero Boetti. Realizzato a solo un anno dalla sua morte, il prezioso fondale rosso con sipario, dà un’efficace prova del felice clima di scambio creativo e collaborazione tra diverse arti che permane in salute all’inizio degli Anni ’90 e che riporta quasi tutti “i protagonisti che furono” anche nel riadattamento di oggi. La produzione si deve alla Compagnia XE e, tra spiriti maligni e benigni, angeli e tormenti interiori, mette in scena la metamorfica catarsi nella solitudine di Salomé (chiamata da Mallarmé con il nome della madre, Erodiade) dal preludio al dramma, fino ai momenti successivi alla decollazione del Battista, accompagnata dalla intensa voce di Gabriella Bartolomei sulla partitura di Paul Hindemith. «Ho voluto seguire la scansione del poema non rinunciando però a portare il dramma fino a quel punto di liberazione che forse anche lo stesso Mallarmé aveva intravisto nel suo finale sospeso, quando scrive ‘urtando l’aldilà con il balzo del pensiero» spiega Anzilotti definendo la “fame di vento” della protagonista che – come le suggerì un’intuizione dello stesso Boetti – «vuole e ottiene qualsiasi cosa, ma poi resta più sola e vuota di prima, ancora alla ricerca di qualcosa che le dia un po’ di pace». Linda Landi

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Edizione 2018

/ IX

15-21 marzo 2018 RAVENNA&DINTORNI

DANZA/2

Fra apparizioni e corrispondenze le creazioni di Greco e Bill T. Jones In scena il Ballet National de Marseille con le luci “disegnate” da Pieter Scholten e l’Arnie Zane Company sulle intime visioni dettate in A letter to my nephew Emio Greco con Pieter C. Scholten, Bill T. Jones e Roberto Bolle. Sono questi i “big” della danza attesi all’edizione 2018 del Ravenna Festival per soddisfare anche i palati più raffinati degli appassionati dell’arte coreutica. Il primo appuntamento in cartellone è fissato per il 29 giugno (alle 19 e alle 22) quando, nella cornice del Teatro Alighieri, il sipario si alzerà sulla prima nazionale di Apparizione con il Ballet National de Marseille & Ick, prima parte di un dittico che prende spunto dai Canti dei bambini morti di Mahler per indagare il fanciullino che è in noi, le cui doti di spontaneità, innocenza e curiosità sono state dissipate. Le coreografie sono a cura di Emio Greco e Pieter C. Scholten la cui collaborazione nel tempo si è trasformata in una diade artistica, dove i confini tra l’intervento del danzatore brindisino e quello del light designer olandese non sono più distinguibili. Alla ricerca dell’intuizione sensoriale perduta, l’opera è modulata dai paesaggi sonori di Franck Krawczyk, ancora una volta a fianco di Emio e Pieter, in una partitura visionaria per sette danzatori, un pianista, voci di bimbi e tecnologia digitale. Da segnalare, la partecipazione del Coro Infantil de La Sociedad Coral de Bilbao. La seconda data da “appuntarsi” per celebrare la danza è quella dell’11 luglio (alle 21.30), con l’arrivo – al Palazzo Mauro De André – dell’Arnie Zane Company che dà vita alle coreografie di Bill T. Jones, in A letter to my nephew. Dopo aver debuttato in Francia nel 2015, lo spettacolo è poi approdato negli Stati Uniti lo scorso ottobre e ora sarà presentato in prima italiana a Ravenna. L’ultima creazione del coreografo americano è un collage intimo per nove danzatori, è un ritratto dedicato al nipote Lance T. Briggs – ex danzatore che ha combattuto malattia e dipendenza – sullo sfondo politico del nostro presente. Costruita come una serie di cartoline spedite a casa da

una leggendaria Europa liberale, il lavoro mostra diversi aspetti della figura di Briggs mentre lui giace in un letto d’ospedale: la danza vogue, una vista mozzafiato, una scena di immigrazione forzata. Accompagnato dalle suggestive proiezioni di Janet Wong, dalla coinvolgente partitura originale di Nick Hallett e dal baritono Matthew Gamble, A Letter to My Nephew è un mix toccante ed evocativo di immagini, danza e musica. In giro per il mondo, lo spettacolo viene rimodulato con echi del luogo e del momento in cui questo si svolge. La chiusura a passi di danza del Festival è affidata all’attesissimo Roberto Bolle and Friends, il 22 luglio alle al Pala De André, che è già praticamente “sold out”. Per l’étoile dei due Mondi è un ritorno in città dopo aver incantato il pubblico nel 2007, al fianco di Alessandra Ferri per il suo farewell tour. Questa volta sarà protagonista assoluto e di certo farà faville con il suo galà che ha girato, e tuttora gira, trionfante tra i luoghi più belli e significativi d’Italia e non solo. La sua è stata un’intuizione di successo con sui ha aperto nuovi orizzonti e possibilità, conquistando piazze e teatri, portando la danza dove non c’era mai stata. C’è ancora riserbo sul cast e il programma che lo stesso Bolle sta preparando, ma come sempre l’étoile della Scala, nonché principal dancer dell’American Ballet Theatre di New York, non mancherà di coinvolgere alcuni tra i nomi più importanti del panorama tersicoreo internazionale per offrire al pubblico una serata di danza al suo massimo livello. Roberta Bezzi

E il gran finale del festival è con Roberto Bolle & Friends

Dall’alto: “A letter to my nephew” (foto Jim Coleman); “Apparizione” (foto A. Poiana); Roberto Bolle and Friends

Menù di Pasqua 2018

Menù di Pasquetta 2018

Antipasto Salmone marinato da noi profumato al gin-tonic Tonno salato con panna acida e polvere di capperi Piccolo gratinato di mazzancolle, scampi e capesante Primo Risotto “Acquarello tenuta Colombara” alla marinara Secondo Filettino di pescato del giorno con asparagi e tartufo nero Dolce-dessert Crumble al cioccolato, crema di ricotta profumata all’arancia, salsa al pistacchio In abbinamento ½ bottiglia a testa Mionetto Vivo Extra dry Falerio Pecorino “Gale” d.o.c. Al prezzo totale di euro 35,00

Antipasto Insalata di mazzancolle tiepide, misticanza, mango e avocado Seppioline novelle con spuma di squacquerone Primo Cappelletto ripieno di pavarazze della nostra sfoglina Secondo Polpo in graticola con vellutata di asparagi Dolce-dessert Semifreddo alla nocciola con crema di pistacchio e vaniglia In abbinamento ½ bottiglia a testa Pignoletto “Cure’na” d.o.c. Trebbiano “Casticiano” d.o.c. Al prezzo totale di euro 35,00

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Edizione 2018

/ XI

15-21 marzo 2018 RAVENNA&DINTORNI

IL CONCERTO

CONTEMPORANEA

L’INVASIONE DELLE CENTO CHITARRE, DA STEVE REICH AL MISSISSIPPI Una settimana con l’ensemble del Parco della Musica di Roma Tra gli appuntamenti più curiosi della prossima edizione del Festival da segnalare l’invasione delle 100 chitarre elettriche, una settimana di soli ed esibizioni di massa con protagonista il Pmce (Parco della Musica Contemporanea Ensemble), progetto nato e cresciuto nel corso delle diverse stagioni di musica contemporanea della Fondazione Musica per Roma presso l’Auditorium Parco della Musica e che si è sviluppato sotto forma di un gruppo modulare di musicisti da tutta Europa chiamati di volta in volta a eseguire progetti diversi. Al Festival l’ensemble sarà protagonista in particolare giovedì 21 giugno all’Almagià con musiche di Riccardo Nova, Steve Reich e Christopher Trapani. Il direttore Tonino Battista e il chitarrista solista del Pmce, Luca Nostro, saranno anche il giorno dopo a Palazzo San Giacomo di Russi per il culmine dell’invasione, “le 100 chitarre in concerto”, per cui è aperto anche una sorta di casting sul sito del Festival. Il programma sarà completato il 19 e 20 giugno sempre all’Almagià con concerti in solo dello stesso Nostro, di Massimo Ceccarelli (basso e contrabbasso) e un omaggio a Bryce Dessner, fino al “fuori porta” del 23 giugno sul porto canale di Porto Garibaldi con una serata dedicata al blues del Mississippi.

David Byrne al Pala De André con il suo live «più ambizioso»

MUSICHE DAL MONDO

Il fondatore dei Talking Heads chiude il Festival presentando il 19 luglio il suo nuovo disco solista American Utopia

Il Brasile secondo Stefano Bollani Fa tappa il 13 luglio al Pala De André, nell’ambito del Ravenna Festival, il nuovo tour di Stefano Bollani. Tour di presentazione del disco in uscita in maggio, Que Bom, con cui il pianista (accompagnato da Jorge Helder al contrabbasso, Jurim Moreira alla batteria, Armando Marçal e Thiago da Serrinha alle percussioni) torna al suo grande amore per le sonorità brasiliane.

Il tour di presentazione del nuovo album di David Byrne, American Utopia, farà tappa il 19 luglio anche a Ravenna, al Pala De André, come sorta di gran finale del Ravenna Festival 2018. Uscito il 9 marzo per Todomundo/Nonesuch Records, si tratta del primo lavoro solista del grande artista dal 2004. Registrato per la maggior parte a New York nello studio di casa di Byrne, American Utopia vede la collaborazione dell’amico di lunga data Brian Eno, del produttore Rodaidh McDonald (anche di altri nomi di primo piano della scena rock ed elettronica mondiale come The XX, King Krule, Sampha, Savages) e di artisti quali Daniel Lopatin (aka Oneohtrix Point Never), Jam City, Thomas Bartlett (produttore di St. Vincent, aka Doveman) e Jack Peñate. Il tour di presentazione metterà in scena quello che lo stesso Byrne ha definito come «lo spettacolo più ambizioso che abbia mai fatto dai concerti che furono ripresi per Stop Making Sense (il film concerto to dei Talking Heads del 1984, diretto da Jonathan Demme, ndr)».

L’unicità dell’Orchestra di Piazza Vittorio Al Ravenna Festival quest’anno anche una realtà unica come l’Orchestra di Piazza Vittorio, la prima e sola orchestra nata con l'auto-tassazione di alcuni cittadini che ha creato posti di lavoro e relativi permessi di soggiorno per gli eccellenti musicisti provenienti da tutto il mondo che la compongono. Mario Tronco è il capitano della band, intento “a temperarne gli umori variabili in miscele esotiche e irresistibili”, fatte di oud e flicorni, flauti andini e chitarre. Appuntamento il 23 giugno a Palazzo San Giacomo, a Russi.

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Produttore discografico, fotografo, regista, autore, oltre che musicista e artista, americano di origine scozzese, David Byrne ha lasciato un segno nella storia della musica attuale fondando i Talking Heads, band d’avanguardia in grado di combinare musica bianca e musica nera, costituendo una delle colonne portanti della new wave americana. Successivamente – e conteporaneamente – ai Talking Heads, ha intrapreso dal 1981 una lunga carriera solista, collaborando con artisti del calibro di Brian Eno, Ryuichi Sakamoto (con il quale ha vinto l’Oscar, il Golden Globe ed il Grammy negli anni 1988-1989 per la colonna sonora del film di Bertolucci L’Ultimo Imperatore), St. Vincent (con la quale ha pubblicato l’album Love This Giant nel 2012). La sua passione per la world music lo ha portato a fondare la Luaka Bop, la rinomata etichetta di Os Mutantes, Jim White, Los De Abajo, Atomic Bomb Band. Dal 2002 il nome di Byrne è inserito nella Rock and Roll Hall of Fame. (lu.ma)


XII / Anteprima

Edizione 2018

RAVENNA&DINTORNI 15-21 marzo 2018

Un ritratto di Cristina Mazzavillani Muti durante audizioni al teatro Alighieri

Energie creative under 18: audizioni aperte a fine maggio

INFO E PRENOTAZIONI EVENTI In biglietteria, su internet e social network

Le audizioni “Alla scoperta delle energie creative della Romagna” sono riservate a ragazze/i dagli 8 ai 18 anni, singoli o in gruppo (fino a 5 persone). Sono ammesse arti dello spettacolo e multimediali e può iscriversi anche chi ha già partecipato nel 2017. Le iscrizioni, solo via e-mail, sono aperte fino a venerdì 20 aprile. Info: 0544 249219; www.ravennafestival.org. Le audizioni – aperte a tutto pubblico – sono in programma al teatro Alighieri dal 21 al 29 maggio

Per gli spettacoli in cartellone è possibile avere informazioni e prenotare posti alla biglietteria del Festival (teatro Alighieri, via Mariani 2), tel. 0544 249244, tickets@ravennafestival.org, www.ravennafestival.org e attraverso le prevendite ufficiali attive presso tutte le filiali della Cassa di Risparmio di Ravenna, rete Viva Ticket, uffici Iat di Ravenna e Cervia. Esclusivamente alla biglietteria del Festival continua anche la possibilità di sottoscrivere abbonamenti a 7 spettacoli o di acquistare il Carnet Open (4, 6 oppure 8 spettacoli). Info aggiornate, immagini sugli eventi e notizie di servizio sul sito www.ravennafestival.org e anche sulle pagine dei social network del Festival: Facebook, Twitter e Youtube.

«Le “Vie dell’Amicizia” un sogno realizzato, e ora largo alle energie dei più giovani» INTERVISTA A CRISTINA MUTI > segue dalla prima «È il sogno che ci spinge a riemergere dopo aver “toccato il fondo”, a seguire lo spiraglio di luce che ci fa sperare nel futuro. L’altro tema è “Il canto ritrovato della cetra” e anche qui è un risollevarsi dalle sconfitte della vita: «E come potevamo noi cantare / con il piede straniero sopra il cuore» scriveva Quasimodo. Ecco, dopo il dolore e le sconfitte si torna a sognare, a cantare, a fare poesia. Questo cercheremo di raccontare con il Festival». Lei hai sempre desiderato coinvolgere la città, il pubblico, con particolare attenzione ai più giovani... «Ho cercato di uscire spesso dai luoghi “addetti“ allo spettacolo, negli ultimi anni abbiamo invaso pure strade e piazze con violoncelli, violini e in questa edizione con le chitarre elettriche, per far sì che il maggior numero di person siano coinvolte, anzi avvolte, dalla musica. E anche quest’anno ci dedicheremo alla scoperta delle energie creative della Romagna: incontreremo giovani in età da 8 a 18 anni per scoprire le loro potenzialità in tutte le arti che abbiano una componente artistica. Torno a sottolineare che non si tratta di selezioni ma di audizioni. Lo scorso anno molti ragazzi sono stati coinvolti nella Trilogia operistica e in quella circostanza abbiamo scelto quelli che si adattavano al ruolo, non i più bravi. Non facciamo promesse, è vero, ma è probabile che capiti per necessità di aver bisogno delle loro potenzialità». Ravenna Festival, in questa edizione, raggiungerà

Kiev. Ancora una volta una meta lontana verso cui lanciare un ponte di amicizia con la musica. «Ecco, anche questo è un sogno che si è realizzato in questi anni. Sono state superate le barriere di lingua, religione, etnia, anche se all’inizio è stato un grido, una richiesta di aiuto che veniva da Sarajevo a dare il via a un viaggio che non si è più fermato. Una città martire che voleva rinascere e ha cercato di farlo partendo dalla musica. Rivedo ancora l’interminabile fila di gente che venne al concerto, procedendo fra case e strade distrutte di una città fantasma». Parliamo della “Trilogia d’Autunno”. Ancora Verdi: Nabucco, Rigoletto, Otello. Si aspettava il successo che ha avuto il progetto fin dalla prima edizione? «Sinceramente no, però ci speravo, perché sono ottimista, e oggi ne ho la prova. Ma non intendo gli applausi, piuttosto la partecipazione di un pubblico sempre più numeroso. Ero convinta che la Trilogia avrebbe portato anche turisti a Ravenna, in un periodo non proprio vivace. Infatti, già ora registriamo numerose prenotazioni di stranieri che a Ravenna troveranno musica ma anche splendide basiliche. Per questo la Trilogia deve proseguire e va sostenuto lo sforzo per realizzarla. Non sono facili da allestire queste opere ma sono spinta, ad esempio nel Nabucco, da quel grande sentimento di patria, quella sospesa atmosfera biblica che vi si sente. È l’opera con cui Verdi ritrova la voglia di vivere e di comporre dopo i momenti drammatici della sua vita: la morte della moglie Margherita e dei figli».

CONCERTO TREKKING

A PIEDI E IN BATTELLO NELLE VALLI DI COMACCHIO Il Concerto Trekking del Festival – ormai classico mix di percorsi in natura (a piedi o in bici) e musica ideati da Trail Romagna – dopo aver esplorato pinete, zone umide, calanchi e foreste (nella foto, il concerto al bosco della Lama dell’edizione 2017), domenica 24 giugno fa tappa alle Valli di Comacchio proponendo un itinerario bike con partenza da Ravenna fino a Comacchio e/o una passeggiata ad anello che tocca le antiche saline e la Torre rossa, punto d’osservazione privilegiato del paesaggio vallivo. A seguire, in battello, si approda ai casoni di pesca delle anguille per ascoltare un concerto di chitarre blues. Gran finale nell’affasciante Bettolino di Foce, come sempre con un momento conviviale dedicato alla tradizione gastronomica del territorio.


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