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    Categoria: economia

«Con il sì al referendum sulle trivelle nessun posto di lavoro a rischio»

La posizione di Ravenna in Comune scatena la reazione del vicesindaco
che ribatte: «Tremila lavoratori perderebbero il posto».

«Nessun posto di lavoro risulta a rischio a Ravenna nei prossimi anni a causa del referendum contro le trivelle. Dire il contrario è mistificazione della realtà». Non ha dubbi Raffaella Sutter, candidata sindaco per la lista civica Ravenna in Comune (Ric). «Qualora il referendum raggiungesse il quorum avremo nel medio periodo almeno tremila disoccupati. Saranno assunti da Ravenna in Comune?», ribatte Giannantonio Mingozzi del Pri, vicesindaco con delega al Porto. Insomma la consultazione referendaria del 17 aprile scalda gli animi in città. Il quesito chiede di abrogare il rinnovo automatico fino all’esaurimento dei giacimenti delle concessioni estrattive entro le 12 miglia dalla costa (l’ultima legge di stabilità ha già stabilito che non possano essere rilasciate nuove concessioni ma quelle in essere siano prorogabili). «È il ministero per lo Sviluppo economico – prosegue Sutter – a dire che attualmente le sette concessioni di “coltivazione di idrocraburi” che competono alla giurisdizione della capitaneria di porto ravennate termineranno non prima del 2027, a parte una relativa alla piattaforma Naide che terminerà nel 2024». Insomma anche se vincesse il sì, per altri undici anni si potrà continuare ad estrarre idrocarburi.

Lo scontro tra Edera e Ric si consuma anche su un altro aspetto della vicenda. «Una graduale trasformazione delle risorse energetiche può accompagnare la nascita di un moderno sistema basato sulle risorse rinnovabili e sostenibili – ipotizza Sutter –, come del resto sta avvenendo già da alcuni anni nei Paesi del nord Europa e rispetto ai quali l’Italia è rimasta spaventosamente indietro. Può creare la possibilità di nuovi posti di lavoro nei campi della ricerca e delle tecnologie innovative, aumentare il grado di collaborazione con un’istituzione importante come l’Università e portare di conseguenza ad un generale miglioramento delle condizioni ambientali aprendo il campo d’azione ad altri settori dell’economia, come ad esempio il turismo. Una vittoria del sì potrebbe stimolare gli operatori del settore ad avviare, un po’ forzatamente, la necessaria politica di ricollocazione». E invece il numero due di Palazzo Merlato ha poca fiducia nella «miracolosa ricollocazione occupazionale sognata da Ravenna in Comune» e lancia l’allarme con un appello all’astensione dal voto: «Perderemmo in poco tempo uno dei settori industriali più importanti del comparto energetico nazionale e non esiste rinnovabile al mondo che possa assorbire quei lavoratori espulsi, tanto meno in quella cosiddetta fase di transizione ancora tutta da scoprire. Quel referendum è dannoso per la nostra economia e inutile per le stesse attività legate alle energie rinnovabili, quindi non si vada a votare».

Il referendum su che realtà vrà conseguenze. Mingozzi dice che «gli idrocarburi in Italia sono una risorsa straordinaria alla quale nessun Paese al mondo, nelle nostre condizioni rinuncerebbe: quella attività, se non venisse sospesa può arrivare a produrre 24 milioni di tonnellate all’anno, ipotizzando investimenti per 15 miliardi, 25mila nuovi posti di lavoro e un risparmio sulla fattura energetica nazionale di 5 miliardi all’anno». Qualche numero lo fornisce anche Legambiente elaborando i dati del ministero: «Entro le 12 miglia, lungo le coste dell’Emilia Romagna ci sono ad oggi 15 concessioni di estrazione di gas (nessuna di petrolio) per un totale di 47 piattaforme collegate a 319 pozzi di estrazione. Un numero pari quasi alla metà di tutte quelle presenti sul territorio nazionale. Si stima che le riserve certe sotto i fondali italiani sarebbero sufficienti (nel caso dovessimo contare solo su di esse) a soddisfare il fabbisogno nazionale di petrolio per sole 7 settimane e quello di gas per appena 6 mesi. La produzione di gas degli impianti attivi entro le 12 miglia in Emilia Romagna, nel 2015, è stata infatti di solo 1,15 miliardi di Smc (standard metro cubo). Se si confronta il dato la quantità di gas estratto a livello nazionale, pari a circa 62 miliardi di Smc nel 2014, si evince che l’incidenza della produzione delle piattaforme regionali ricadenti nel quesito referendario, è pari a poco più dell’1,8 percento dell’intera produzione nazionale di gas, e copre non più dell’1,7 percento dei consumi nazionali lordi».

Nei giorni scorsi è uscito l’appello di Confesercenti per il sì parlando di priorità da dare al turismo. La posizione espressa dall’associazione di categoria scatena la reazione scomposta di Mingozzi: «Sbaglia la stessa Confesercenti quando confonde energia e turismo che non sono affatto in contrasto tra loro come dimostrato in 40 anni di attività. Lo ricorda Nomisma Energia: disporre di una certa produzione nazionale di gas e di petrolio è molto importante anche come riserva strategica, nel caso che una grave crisi internazionale interrompa le forniture dall’estero». Manco a dirlo invece l’appello per il sì è piaciuto a Ravenna in Comune: «Accogliamo con grande favore il recente intervento di Confesercenti, che sottolinea l’importanza di una vittoria del Sì al referendum per dare appunto lo slancio al turismo locale, che anche secondo Ravenna in Comune deve diventare il settore strategico su cui convogliare sempre maggiori investimenti».

Per discutere di tutto ciò, la lista Ravenna In Comune invita la cittadinanza all’incontro che si terrà domenica 20 marzo alle 9.30 alla sala D’Attorre di Casa Melandri, in via Ponte Marino 2 a Ravenna. Ospiti di rilievo nazionale offriranno spunti e riflessioni per mantenere alta l’attenzione sul tema delle trivellazioni.

Intanto il Comune di Ravenna, stando a quanto risposto dall’assessore al Bilancio al question time presentato dall’M5s, è pronto a chiedere Ici e Imu ai padroni delle piattaforme, probabilmente qualche milione di euro. «Venti giorni fa la Cassazione ha emesso una sentenza strategica molto importante, anche per la nostra città – dice Valentina Morigi dal suo profilo Facebook –. Per la prima volta, infatti, è stato sancito il principio secondo cui anche le piattaforme potranno essere accatastate come immobili produttivi e sottoposte a regime di Ici e Imu: si tratta di risorse importanti, utili per i servizi e i bisogni della nostra comunità. Il nostro Comune si è attivato otto giorni dopo la pubblicazione della sentenza: dal 3 marzo, infatti, abbiamo regolarmente incontrato l’Agenzia del Territorio, e insieme stiamo stabilendo i passaggi necessari per censire tutte le piattaforme presenti sul nostro territorio, per definire la procedura di accatastamento, per determinarne i valori e infine, procedere con gli avvisi di accertamento, notifica e riscossione».