C’è chi ha dovuto minacciare diffide per ottenerla e chi l’ha sempre avuta, ma non ha mai saputo per fare cosa…
La ragione per cui questa mamma ha rinunciato al suo diritto è lo stesso per cui, un po’ come la gran parte degli altri genitori che abbiamo sentito, vuole restare anonima. Di mezzo ci sono i bambini e quindi c’è sempre il timore che possano in qualche soffrire di una tensione scuola-casa. «Adesso sono in una condizione di tregua armata, diciamo con la scuola, per questo non voglio espormi – ci racconta il babbo di una bimba del ravennate – ma ho dovuto minacciare un’azione legale alla scuola per fare in modo che mia figlia non fosse messa in una “classe parallela” e le fosse garantita un’attività. Ora le cose vanno bene, ma certo c’è stata un po’ di tensione». L’idea della “classe parallela” pare piuttosto diffusa in alcuni istituti quando gli esonerati sono appena uno o due in una classe, ma è una situazione che mette a disagio i bambini “ospiti” e peraltro rischia di penalizzare anche quelli “ospitanti” che si trovano a crescere di numero durante le ore di normale didattica.
«È per questo – dice la mamma di un bimbo di seconda elementare in una scuola cittadina – che il prossimo anno rinuncerò, lo manderò a religione. Non voglio conflitti». Di nuovo questo leit motiv. E così sono tante le situazioni in cui si tace quando almeno l’ora alternativa è prevista, anche se non proprio tutto funziona come dovrebbe. «Sì, fanno un’attività, hanno diverse maestre, fanno cose diverse. Io non so chi siano queste maestre, non le ho mai incontrate, né mi pare ci sia un programma con un filo conduttore. Ma almeno leggono e imparano cose utili» ci racconta la mamma di un bimbo in una primaria del centro città. «Si sentono storie per cui davvero noi non possiamo lamentarci».
La ragione per cui l’ora di alternativa è così difficile da strutturare per le scuole naturalmente sta nell’esigenza di ottimizzare i costi e se gli insegnanti di religione sono garantiti e mai messi in discussione e non sostituibili da altri insegnanti, le ore alternative possono essere svolte da qualsiasi altro insegnante della scuola o dell’istituto in un gioco di incastri non sempre semplice.
«L’alternativa? Sempre garantita, ma per un anno intero nessuno si è mai preoccupato di informarci cosa facessero i nostri figli e con chi. Alle riunioni di inizio anno c’è l’insegnante di religione, ma di quella di alternativa nemmeno l’ombra, per non parlare dei colloqui. E la sensazione è sempre e comunque che la questione sia più un problema per la scuola che un’occasione magari per sperimentare cose nuove. Un peccato» chiosa la mamma di un bimbo di quarta elementare che frequenta una scuola in città. Ma anche per lei, nessuna voglia di una vera battaglia. «È che anche se so di avere ragione ed essere nel giusto, mi rendo conto delle difficoltà e finisco, mio malgrado, per percepire la nostra scelta come un problema di cui quasi sentirsi in colpa, come fosse un vezzo e non una questione di principio. Se almeno anche chi sceglie la religione si ponesse lo stesso tipo di dilemma…».