Nel territorio comunale la prefettura gestisce 350 posti utilizzati soprattutto per l’accoglienza di chi è sbarcato via mare al sud
Le persone che arrivano sul territorio di Ravenna sono smistate dall’hub di Bologna dove in gran parte arrivano dopo gli sbarchi di fortuna sulle coste siciliane. Tuttavia a Ravenna si sta da tempo ormai registrando anche la presenza di richiedenti asilo arrivati via terra e che, nonostante la regolare richiesta di asilo rilasciata dalla questura, non trovano in tempi brevi posto del sistema di accoglienza rodato per coloro che arrivano via mare e gestito dalla prefettura. Ecco così che dopo l’emergenza dello scorso anno per una quarantina di persone, per cui fu necessario in inverno apprestare un alloggio in collaborazione con la protezione civile, da diversi mesi una quindicina di uomini, ancora una volta tutti pakistani, dorme all’aperto.
Ad attivarsi per loro, come era successo lo scorso anno, la rete di solidarietà volontaria e in particolare l’associazione Rompere il silenzio. Non solo, grazie anche all’intervento anche dell’associazione senegalese Asra, queste persone in queste settimane hanno potuto trascorrere le giornate nei locali della moschea. La notte invece ad attenderli c’erano ancora i portici dell’Engim, proprio davanti alla questura (la quale tuttavia ha svolto il proprio compito e non ha più margine d’azione). A sollevare una polemica rispetto all’intervento di Asra è stata un’altra realtà senegalese in città in particolare con Babacar Pouye, ex presidente della Rappresentanza extraUe e presidente dell’associazione Global Solidarietà (una delle realtà che lavora proprio nell’accoglienza profughi) che ha scritto: «Portarli alla moschea non è una soluzione. Per sradicare questa problema bisogna prima di tutto approfondire e cercare di sapere chi sono, da dove vengono e che cosa ha fatto la prefettura fino ad oggi. Tra tutti questi pseudo profughi la grande parte è solo migrante economico», difendendo l’operato della prefettura. Naturalmente non si è fatta attendere la replica di Asra tramite le parole della neopresidente Fatou Boro Lo: «Global Solidarietà, di cui il presidente è Babacar Pouye, presidente uscente di Asra, a dispetto del suo nome getta subdolamente veleno su chi, con umiltà e pragmatismo, cittadino o associazione, si rimbocca le maniche e dà un aiuto immediato e concreto a chi è in oggettiva difficoltà». E ancora: «Chi lo fa per mestiere, continui pure a farlo, con umanità (speriamo), senza cinismo e nel rispetto delle leggi. Ma lascino stare il mondo del volontariato, che agisce senza alcuno scopo di lucro e solo per difendere i diritti più elementari di tutte le persone».