Ora il servizio di Continuità assistenziale sarà più preparato, grazie a 50 ore di formazione a cui sono stati o saranno sottoposti i 200 medici coinvolti
Non si tratta – è stato ribadito – di un nuovo servizio di “guardia medica pediatrica”, ma di un percorso di approfondimento dell’esistente Continuità assistenziale. Percorso che le mamme hanno valutato positivamente. «Lo abbiamo fatto insieme questo percorso – ha detto Laura Fanelli in rappresentanza delle mamme – è stato molto importante e anche molto interessante. L’Azienda ha dimostrato di capire le nostre esigenze, e anche noi abbiamo potuto renderci conto della complessità del mondo sanitario. Il nostro giudizio rispetto alla soluzione trovata è positivo: è stata fatta una bella cosa, e non rappresenta un punto di arrivo ma di ripartenza, poiché intendiamo continuare questo dialogo con l’Azienda per migliorare sempre i servizi erogati».
Il dottor Giorgio Guerra, direttore sanitario dell’Ausl Romagna, ha a sua volta evidenziato che «l’opera di miglioramento dei servizi attraverso il confronto con la cittadinanza è un punto importante previsto nel nostro Atto Aziendale. La formazione dei colleghi di Continuità assistenziale che abbiamo attivato continuerà, nell’ottica di dare una risposta puntuale alle famiglie e anche di prevenire accessi inutili in ospedale».
Come illustrato dal dottor Pierdomenico Lonzi (responsabile Formazione e Medicina convenzionata dell’Ausl) i servizi di presa in carico pediatrica in orario notturno e festivo erano molto differenziati tra territori, prima dell’Ausl Romagna. «Non dimenticando mai che un medico di Continuità assistenziale è già in grado e preparato per prendersi cura dei pazienti di ogni fascia d’età, bambini compresi – si legge in una nota dell’Ausl – la scelta aziendale è stata quella di formare ulteriormente, gradualmente, tutti e 200 i medici di Continuità Assistenziale della Romagna (150 con contratti a tempo indeterminato e una cinquantina con contratti a tempo determinato). Sono dunque stati attivati due corsi, nell’aprile 2016 e nel settembre successivo, con i quali sono stati formati circa la metà dei medici. E nei prossimi mesi sono già stati programmati corsi per proseguire con la formazione, che è da considerarsi permanente, e completare così il quadro». Si tratta di 14 ore teoriche e di altre 36 ore pratiche, effettuate all’interno di reparti di Pediatria. Tale formazione ha anche portato a redigere, da parte del dottor Daniele Morini e dei suoi colleghi di Continuità Assistenziale, un “Quaderno”: vero e proprio manuale che sarà consegnato a tutti i professionisti di Continuità assistenziale e ai nuovi assunti e incaricati.
Come funziona il servizio
Come noto in orario notturno (dalle ore 20 alle ore 8 di tutti i giorni) e in orario prefestivo e festivo (dalle ore 20 del venerdì alle ore del lunedì) è attivo il servizio di Continuità Assistenziale che si attiva telefonicamente. I medici – ha ribadito con molta chiarezza il dottor Morini – effettuano una presa in carico che può consistere: nel rilascio di consigli telefonici al paziente; in una visita, da effettuarsi presso gli appositi ambulatori di Continuità Assistenziale situati sul territorio o, quando ne sussistono i reali presupposti clinici, a domicilio; nell’invio del paziente (se trasportabile) al Pronto Soccorso o nell’attivazione del 118.
Per i pazienti pediatrici tale servizio non cambia, ma – come evidenziato nel corso della serata anche con alcuni video di telefonate simulate realizzati grazie all’ausilio del dottor Morini e delle mamme del Comitato – il medico, formato, è particolarmente attento nell’intervista telefonica alla mamma, nella raccolta dei sintomi e nel follow up telefonico attraverso telefonate di controllo nelle ore successive.
Questo il percorso attivato che, ha evidenziato il dottor Federico Marchetti (Dipartimento materno infantile e Referente scientifico della formazione pediatrica alla Continuità assistenziale) «è all’avanguardia ed è tutt’altro facile da trovare in altre parti d’Italia» e che «è stato contraddistinto da grande collaborazione tra i medici di Continuità assistenziale i Distretti e noi ospedalieri. E anche perché può dare una risposta importante alle famiglie, in modo che serenamente sappiano se proseguire con le terapie che stanno intraprendendo o piuttosto rivolgersi alla struttura più adatta in quel momento per il loro bambino».