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    Categoria: società

La studentessa: «Ecco perché odiamo la scuola. E ce ne andiamo dall’Italia»

«Troppi docenti senza passione, che premiano i mediocri. E al Classico metodi educativi superati»

Riceviamo e volentieri pubblichiamo lo sfogo di una studentessa di una scuola superiore della provincia di Ravenna.

Siamo ancora qui, allo stesso punto come ogni fine estate. Migliaia e migliaia di studenti e studentesse preferirebbero non tornare a scuola, anzi affermano proprio di odiarla. Ma perché? Perché odiamo il luogo che dovrebbe prepararci alla vita? Perché odiamo le persone che dovrebbero accompagnarci attraverso la storia delle più nobili arti e discipline? Perché odiamo i libri e le parole che dovrebbero raccontarci le più importanti scoperte, le più grandi guerre? Tanto da far sì che ogni anno tanti di noi abbandonino prima di arrivare all’agognata meta del diploma?

Forse odiamo la scuola perché la percepiamo innanzitutto come la peggiore istituzione del Paese. Il pesante sottofinanziamento a favore di interessi sul debito pubblico e pensioni, strutture che cadono a pezzi, stipendi di personale e professori ai minimi, interminabili azioni burocratiche, incapacità totale di offrire riscatto sociale sono solo alcuni dei mastodontici difetti che la scuola presenta. 

Forse odiamo la scuola perché i dati sui coefficienti che indicano i livelli di ansia e nervosismo tra di noi rispetto all’area Ocse hanno valori a volte del 20 percento più alti.

E forse siccome odiamo la scuola, l’Italia sta perdendo uno dei pilastri sui quali costruiva la sua classe dirigente, il Liceo Classico, ormai completamente abbandonato ad un metodo educativo passato e superato, che si ostina nella sua ottusità a chiedere agli studenti di rinunciare a qualsiasi interesse che non sia contemplato dall’orario curricolare (cosucce come cinema, musica, teatro, sport).

Forse odiamo la scuola perché è riuscita a cestinare grandi uomini e donne grazie al folle metodo valutativo messo in atto, dove non conta la media generale ma la sufficienza in ogni materia, dove saremo pertanto costretti a perdere innumerevoli ore delle nostre esistenze per tentare disperatamente di raggiungere il 6 in ogni corso, seppur completamente alieno da nostri interessi o talenti.

Forse odiamo la scuola perché non vengono premiati i più brillanti, fuori scala in particolari arti e discipline, ma i mediocri, i tanti che riescono ad avere ogni materia appena sufficiente, senza eccellere, soprattutto conformandosi, con poco o nessuno spirito critico (guai a criticare l’insegnante o il dirigente!), rimanendo avvolti in un manto di grigio qualunque.

Forse la odiamo per i troppi docenti (anzi, le troppe docenti visto che sono soprattutto donne) senza passione per l’insegnamento e per le loro materie, che sembrano arrivate lì solo perché le loro lauree umanistiche non sono ricercate dal mondo del lavoro. 

Forse odiamo l’Italia e ce ne andiamo tutti perché questo Paese ha deciso di costruire il suo tessuto sociale partendo da fondamenta marce, sbagliando tutto, fin dal principio, dando la possibilità di eccellere solo ai pochissimi tanto baciati dalla fortuna da avere condizioni socio-economiche stabili e cervelli in grado di imparare tutto al meglio. Sta invece affondando e mortificando tutti gli altri, perdendo centinaia di talenti.

E chi arriva al pezzo di carta? Auguri, ad aspettarlo c’è un’università che sempre meno famiglie possono ormai permettersi. Non è un caso se in Unione Europea occupiamo gli ultimi posti della classifica del numero di laureati, con un ridicolo 21 percento della popolazione. 

Prima di lamentarsi del tracollo del Paese, perché non effettuare delle analisi e capire che siamo il celeberrimo gigante dai piedi di argilla, destinato a crollare su se stesso? All’italiana però, senza far rumore, in modo che tutto resti com’era e si riesca per l’ennesima volta a non dover prendere una decisione.

Buon rientro a scuola a tutti noi.

Clotilde D. Veglianti