Il sikh che fa il camionista a Bergamo e studia da sacerdote di culto a Ravenna

Con Fondazione Flaminia e l’ateneo di Bologna le lezioni del primo corso di formazione in Italia per le comunità religiose che non hanno intese con lo Stato. Siamo andati al primo giorno di lezioni

IMG 6446«Mi scusi, vedo che i vostri turbanti hanno colori diversi. Cosa significa?»
«Dipende con che camicia dobbiamo abbinarli. Un po’ come la cravatta».
Ci sono anche i sikh del Punjab, una delle comunità più numerose d’Europa, tra le delegazioni giunte a Ravenna da varie parti della Penisola per partecipare al primo corso di formazione in Italia rivolto agli esponenti delle comunità religiose presenti nel nostro Paese che non hanno stipulato intese con lo Stato.

Il corso è stato promosso dal ministero degli Interni attraverso un bando: ad aggiudicarsi la gestione – sotto la direzione del professor Giovanni Cimbalo, docente di Diritto Ecclesiastico presso l’Università di Bologna, e coordinato dalla dottoressa Federica Botti dell’Università di Bologna e responsabile scientifica del Cois (Consorzio interuniversitario siti) – è stata la Fondazione Flaminia di Ravenna, ente che sostiene il decentramento dell’Università di Bologna a Ravenna e in Romagna, con il supporto del Cois.

Passato alla cronaca come “il corso universitario per gli Imam”, ospita in realtà esponenti di spicco di tutte le comunità non cattoliche d’Italia. Sono trenta in tutto gli studenti selezionati. Ognuno di loro rappresenta una comunità. Ci sono musulmani (16), ortodossi (5), sikh (5), ed altri culti cristiani non cattolici (4) come evangelisti e pentecostali. «Un giardino in cui i fiori sono tutti dello stesso colore non sarà mai bello quanto un giardino in cui ci sono tanti colori diversi», mi spiega uno dei sikh, è di Bergamo e di lavoro fa il camionista, ma è qui come sacerdote del culto, anche per questo oggi indossa i suoi sgargianti abiti tradizionali, con cui è difficile passare inosservati. Vengono tutti da città diverse che ricoprono in maniera uniforme il territorio nazionale dal Veneto alla Sicilia.

Ci sono anche tre donne iscritte. Al primo incontro, che si è tenuto sabato 6 maggio al Palazzo dei Congressi, ce ne sono solo due. Hanno entrambe il chador bianco sulla testa. Una viene da Roma, l’altra è Latifa di Ravenna e fa parte della associazione Life, anche se è qui come rappresentante della comunità islamica italiana, però ci tiene a precisare: «Non credo esista una comunità islamica o non islamica, io credo solo nella comunità umana. La mia vicina di casa è la mia comunità a prescindere dalla religione».

Questi fedeli sono qui per conoscere l’ordinamento giuridico italiano e capire come far interagire la propria comunità con lo Stato. Ci sono infatti diverse incomprensioni da sanare, come ad esempio la questione del kirpan, il pugnale rituale dei sikh che, pur non essendo un’arma perché non affilato, aveva destato polemiche in alcune città come Modena in cui erano partite anche denunce per “detenzione di arma”.

IMG 6443«Il corso evidenzierà diritti e doveri degli esponenti delle comunità religiose – spiega il professor Cimbalo –, garantiti dall’ordinamento italiano, per facilitare la piena integrazione dei fedeli nella società ospitante e a promuovere i valori di libertà, pace e dialogo tra appartenenti alle diverse comunità di fede. Particolare attenzione verrà data a temi sensibili come il diritto a disporre di edifici di culto e alle legislazione del settore. Analizzeremo casi di studio legati alla costruzione e gestione di alcune moschee. Parleremo delle norme che regolano matrimoni, delle cerimonie funebri, della macellazione, che benché regolamentata per legge deve tenere conto di pratiche religiose particolari. Ampio spazio lo dedicheremo ai problemi connessi alla disponibilità del proprio corpo e alle pratiche come la circoncisione e la mutilazione dei genitali femminili, la cui pratica è vietata dalla legge dello Stato. Ci soffermeremo sull’abbigliamento e le pratiche identitarie al fine di individuare le garanzie necessarie alla libertà religiosa da un lato e all’obbligo di riconoscibilità sancito dalla legge. Uno degli scopi principali del corso è parlare del ruolo delle comunità di fede e delle confessioni religiose come strumenti per l’integrazione».

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