Il ravennate che vende salse a Hong Kong: «Con la mascherina la gente non assaggia»

Un 37enne di Russi produce condimenti e paste italiani per i supermercati nella città asiatica ma le vendite rallentano perché i clienti non accettano le degustazioni per mantenere la protezione contro l’epidemia

Filippo Sintoni in una foto scattata a Hong Kong

Se vendi condimenti per paste in vasetti, ma i clienti al supermercato si rifiutano di assaggiare il prodotto perché non vogliono abbassare la mascherina contro il coronavirus, gli affari rallentano. Ne sa qualosa Filippo Sintoni, 37enne di Russi che vive e lavora a Hong Kong da sei anni: «Da quando sono stati trovati i primi casi è scattata la paura, tutti indossano le mascherine e non vogliono toglierle quando offriamo una degustazione nei punti vendita. In tempi normali in un’ora facciamo anche una cinquantina di assaggi, ora siamo arrivati a due o tre».

Il ravennate ha un laboratorio di produzione di salse italiane e pasta fresca con la compagna originaria della città sulla costa meridionale della Cina: dal pesto alla genovese al tartufo, dagli spaghetti ai cappelletti. I vasetti sono in vendita online ma anche sugli scaffali di otto supermercati e la promozione incide molto sul volume di vendite: «Se la gente prova la salsa poi spesso acquista. In questa ultima settimana hanno comprato molto meno».

Con la paura di un’epidemia in espansione non è tempo per prelibatezze culinarie del Belpaese: molti, racconta Sintoni, sono già orientati alle scorte come se dovesse fronteggiare l’apocalisse. «Comprano prodotti surgelati che possono essere conservati a lungo, cibo pronto come i noodles istantenei, fanno spesa temendo il peggio. Forse anche perché tanti ricordano la Sars e hanno paura. Nel mio caso mi sento tranquillo: in casa ho il magazzino per l’attività e con un sacco di farina di 25 kg penso di poter fare strozzapreti per sopravvivere a lungo».

Quello che è andato a ruba sono anche le mascherine. Bruciate appena si è saputo del primo caso diagnosticato in città: «I prezzi sono triplicati e in mezza giornata non si trovavano più da nessuna parte. Io ne ho qualcuna di scorta ma non si sa quando arriveranno altre forniture. Per il momento si può sperare nell’effetto gregge che: se tutti la indossano e tu sei l’unicao senza magari sei protetto lo stesso».

A parte i disguidi finora descritti, per Filippo il resto della vita procede con il solito ritmo: «Chiusi biblioteche e luoghi per l’attività sportiva ma non mi pare di vedere meno gente per le strade. Il confine con la Cina è stato chiuso ma non avevo spostamenti in programma e in Italia sono stato a novembre. Molti immaginano Hong Kong come se fosse Cina e in effetti lo è ma al tempo stesso siamo distanti dalla provincia di Hobei dove è partito il contagio».

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