Uno dei 202 naufraghi sulla Life Support: «Non volevo partire, ci hanno minacciato»

La nave della ong Emergency arriverà a Ravenna il 10 aprile dopo 4 giorni di navigazione dal soccorso in acque internazionali. Le parole di un 44enne siriano partito con moglie e due figli due mesi fa

Una foto delle operazioni di soccorso della nave Life Support«La barca su cui dovevamo salire in più di cento a Sabratha era piccolissima, in legno, non ci saremmo mai stati tutti. Insieme a mia moglie abbiamo detto che saremmo tornati indietro. Ci hanno risposto che se non fossimo saliti ci avrebbero sparato». È la testimonianza di un uomo siriano di 44 anni, uno dei 202 naufraghi che arriveranno al porto di Ravenna domani, 10 aprile, a bordo della nave Life Support della ong di Emergency dopo quattro giorni di navigazione dal soccorso in acque internazionali in zona Sar libica. La testimonianza è stata raccolta dal personale di Emergency e resa nota alla stampa tramite una nota scritta. Quello di domani sarà il decimo sbarco a Ravenna in 15 mesi, in totale 1.141 persone. Il nono risale al 21 marzo ed era stata ancora la Life Support.

Il 44enne lavorava in uno studio di design e ha lasciato la città di Homs in Siria due mesi fa con la moglie e due figli. «Ho deciso di lasciare la mia città perché non avevo modo di mandare i miei figli a scuola con la certezza che sarebbero tornati a casa».

Il racconto dell’uomo descrive lo scenario siriano: «Non è un Paese sicuro per vivere. Homs è stata una delle città più colpite dalla guerra. Ci sono ancora tante milizie; molte vengono dal Libano. Ogni giorno venivano a chiederci soldi perché ci lasciassero in pace: ci puntavano contro i fucili ed eravamo costretti a pagare. I miei figli erano in pericolo e non avrebbero avuto un’istruzione. Si svegliavano, tremando, a ogni sparo che sentivano. Mi chiedevano di fare qualcosa per farli stare al sicuro. Abbiamo raccolto i soldi necessari per il viaggio. Abbiamo preso uno zainetto a testa e siamo partiti».

Dalla Siria all’Egitto e poi in Libia, per alcuni giorni a Bengasi poi il trasferimento a Sabratha, a ovest di Tripoli. «L’unico modo per proseguire era pagare più soldi: ci hanno chiesto 1.000 dollari per il viaggio in auto che separa Bengasi e Sabratha. Dopo qualche giorno a Sabratha, alcune persone armate sono venute di notte e ci hanno detto che dovevamo andare».

Il soccorso in mare, svolto dalla Life Support, si è concluso alle 8.30 del 5 aprile. I 202 naufraghi si trovavano su due diverse imbarcazioni precarie tra loro molto vicine. Lunghe circa 12 e 10 metri, erano partite da Sabratha e da Zawiya in Libia. Le imbarcazioni, entrambe sovraffollate, erano state individuate tramite radar. Tra i 202 naufraghi 169 uomini adulti, 15 donne adulte e 18 minori (due di 2 anni, due di 2 e 3 anni, uno di 6 anni, uno di 7 e uno di 9) di cui 6 non accompagnatiLe persone soccorse provengono da Bangladesh, Egitto, Eritrea, Ghana, Pakistan, Palestina, Siria.

L’attracco è in programma alla banchina di Fabbrica Vecchia (Marina di Ravenna) alle 7 di domani. Saranno fatti sbarcare per primi i nuclei familiari con bambini, poi i minori non accompagnati, le donne singole e i restanti naufraghi. Verranno tutti trasferiti al Circolo dei Canottieri della Standiana dove si svolgeranno le visite sanitarie e tutti gli adempimenti di polizia e dei servizi sociali. I migranti saranno poi ripartiti tra le varie province della Regione Emilia-Romagna secondo un nuovo piano elaborato di concerto con il Viminale e la prefettura di Bologna: 45 a Bologna di cui 6 minori non accompagnati, 11 a Ferrara, 20 a Forlì Cesena, 31 a Modena, 14 a Parma, 8 a Piacenza, 41 a Reggio Emilia, 15 a Rimini, infine a Ravenna ne resteranno 17.

«Per arrivare al porto sicuro assegnato abbiamo impiegato quattro giorni di navigazione – afferma Domenico Pugliese, comandante della Life Support –. La scelta di assegnare un porto lontano espone i naufraghi a ulteriori ingiustificate sofferenze, quando dovrebbero essere fatti sbarcare il prima possibile in un posto sicuro. Ha conseguenze anche sull’operato della flotta civile perché implica che ulteriori risorse sono utilizzate per fare fronte a costi inutili di navigazione».

Sulla Life Support di Emergency opera un equipaggio di 29 persone tra marittimi, medici, mediatori e soccorritori, è alla sua diciottesima missione nel Mediterraneo Centrale. In totale ha portato in salvo 1.542 persone.

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