Lunedì 29 giugno il direttore Vittorio Ghielmi
propone tre “Stabat Mater“ a confronto
Lunedì 29 giugno (ore 21) la Basilica di San Vitale sarà riempita dalle emozionanti note dello spettacolo Figlia del tuo Figlio, concerto dedicato agli “estremi” stilistici nell’interpretazione dello Stabat Mater. Mai Jacopone da Todi avrebbe immaginato quante volte e in quante forme, dal secolo XIII a oggi, sarebbe stato musicato il suo testo, e quanto avrebbe viaggiato in lungo e in largo: dalle piccole chiese di paese alle grandi sale da concerto, intonato dai più celebri compositori come da anonimi musicisti di tradizione orale.
Il percorso musicale scelto dal direttore Ghielmi passa dalla tradizione musicale sarda allo Stabat Mater che Josquin Desprez musicò nel 1480, fino a quello che il celebre compositore estone Arvo Pärt (80 anni a settembre) scrisse nel 1985. Dunque, da una parte l’intonazione polifonica di tradizione orale, tramandata nei secoli, di generazione in generazione, nel mondo popolare delle confraternite sarde ancora oggi attive; dall’altra l’elaborazione “colta” dell’antica sequenza, frutto di raffinate tecniche compositive e della evoluzione stilistica che ne ha segnato la storia musicale. Una storia ricca e lunghissima, perché il celebre testo dello Stabat Mater, che ritrae la Madre sofferente ai piedi del Figlio in croce, utilizzato nell’ufficio liturgico del venerdì di passione, è stato posto in musica in innumerevoli versioni dai compositori di tutte le epoche: da Palestrina a Vivaldi, da Haydn a Rossini, fino a Liszt e Dvorak e Poulenc.
Tutto ripiegato sul proprio personalissimo linguaggio è invece lo Stabat di Arvo Pärt, nel segno di quell’inimitabile stile “tintinnabuli”, in cui egli solo sa trasfigurare l’influenza della musica liturgica ortodossa. Il compositore estone mostra una particolare attenzione per l’incedere ritmico del testo poetico e per la profonda spiritualità che esso esprime, che lo porta a coniugare nuovi orizzonti acustici e una tradizione musicale millenaria, riuscendo a fondere il rigore compositivo con la più profonda espressione del dolore.