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    Categoria: cultura

L’Eresia fra riti pagani e l’incanto della poesia

“A piena voce“ (7) da Milano

Ad ogni replica la “creazione“ delle Albe cresce, aggiunge un pezzo, si trasforma. È come assistere alla metamorfosi di un organismo, un sistema biologico formato da elementi diversi in cerca di una sua omeostasi, pur sempre provvisoria e mutevole. Ogni sera si cerca di concatenare i quadri di una storia, legando gli inni delle diverse tribù, prima di passare ai versi di Majakovskij.

Ieri sera è toccato alla tribù di Milano, guidata da Alessandro Renda e Monica Barbato, una delle più variegate e multiculturali, aggiungere il suo inno, una formidabile versione di un coro delle Baccanti di Euripide sulla melodia di We Will Rock You.

Da una parte i maschi, dall’altra le ragazze, schierati gli uni davanti alle altre. Ad un segnale di Martinelli i due schieramenti prendono ad insultarsi violentemente. Bocche di adolescenti che si sbraitano addosso, impossibile capire le parole; mostrano il bianco dei denti, le braccia tese come allo stadio. Stridii femminili cercano di sovrastare le voci più spesse dei maschi, gli occhi si sgranano dallo sforzo. Ed è inquietante capire quanto facilmente si possa risvegliare l’animo violento al fondo di ogni ragazzino, stuzzicare le sue frustrazioni, fare avvampare le braci di automatismi e ricordi disturbanti che si pensavano estinte.

Il pubblico segue con attenzione il graduale ammutolirsi delle ragazze. Misteriosamente, solo i maschi continuano ad inveire. Ad un gesto delle femmine, i maschietti si accasciano a terra come burattini, prede facili di un incantesimo, o alla mercé di un sogno. Corpi disordinati, aggrovigliati per terra, vengono accerchiati da queste nuove baccanti, le fanatiche e letali compagne di Dioniso, che intonano il loro canto. Se ne vanno, dopo aver fatto a pezzi i maschi come Agaue con Penteo, e scompaiono dietro il torrione meridionale del Castello.

Ed ecco risvegliarsi i maschietti, confusi; stiracchiano le braccia, sbadigliano, non sanno dove sono. Eppure tutti hanno fatto lo stesso sogno, tutti sono stati fregati dalle donne: è giunto il momento di riconquistarle, di corrergli dietro. Un torneo medievale si scatena lungo i fossati del Castello; e l’energia di questa giostra gialla e nera strappa un lungo applauso al pubblico.

 

Alla fine dello spettacolo mi giro a guardare le facce di chi ha deciso di fermarsi ad assistere a Eresia. Riconosco qualcuno da Ravenna (ieri è partito un autobus dal Rasi), ma, com’è naturale, la maggioranza è composta da milanesi. Molte coppie giovani, attirati dalle voci e dalla musica, hanno deciso, per questo pomeriggio, di sospendere il loro tubare al Sempione, e di lasciarsi intrattenere dai non-scuolini.

Dietro di me un ragazzo e una ragazza si tengono per mano, sopraffatti dai versi di Majakovskij. Lei porta ciclicamente il fazzoletto agli occhi, scuote la testa. Lui cerca in tutti i modi di salvare la propria fiera mascolinità, ma già gli strema il labbro, e gli occhi sono umidi. Fregato. In fondo, sulla parte alta del fossato, una donna di mezza età continua a mormorare «ma che bravi, che bravi», piange a dirotto.

La sera, dopo la cena all’aperto, alcuni dei ragazzi più grandi, i maggiorenni e gli universitari, si riversano in Duomo, e scalpitano per fare un giro, chi sui Navigli, chi verso le Colonne (di San Lorenzo). Passano in mezzo alle folle dei giovani meneghini, girellando col passo di Don Giovanni e di bellimbusti; si fanno guardare, intonano cori.

Li seguo fino alle Colonne. Qui, sotto la militaresca chiesa di San Lorenzo, ogni sera si formano spontaneamente tribù di giovani, seduti in cerchi isolati, un po’ come a piazza Verdi a Bologna. In fondo alla piazza, le Colonne, uno dei più famosi retaggi del passato romano di Milano; periodicamente si avverte una vibrazione sulla pietra calda, seguita dallo sferragliare di un tram che compare a intermittenza dietro al marmo bianco.

I non-scuolini, sguinzagliati, gironzolano per la piazza, disturbano qua e là, e alla fine trovano i candidati perfetti per una collaborazione Ravenna-Milano: un gruppetto di salentini vestiti di giallo (!) e muniti di chitarra. Partono cori e battimano, qualche canzone di Rino Gaetano, come da programma. Una coppia elegante si avvicina a uno di loro, Lorenzo Asciutti da Alfonsine, 19 anni. La ragazza rimane indietro, si fa avanti il maschio: «Vorremmo sapere perché siete vestiti così e perché state cantando» gli chiede. «Siamo attori», risponde l’Asciutti, con un sorriso che abbaglia.