Claudia Giuliani, una vita in Classense da animatrice a direttrice

L’ex dirigente ora in pensione racconta come è cambiata la biblioteca in questi anni, a cominciare dall’utenza

52451Quando Claudia Giuliani iniziò a lavorare alla Classense il presidente del consiglio era Giulio Andreotti, il sindaco era il socialista Aristide Canosani, sui giradischi suonava Rimini di Fabrizio De Andrè e Ferdinando Camon vinceva il Premio Strega. Era il 1978 e Giuliani era una giovane laureata che entrava in servizio alla Classense come “animatore di biblioteca”, un titolo che non esiste più. Poi la lunga carriera che da 15 anni a questa parte l’ha vista come dirigente della Classense, prima con Donatino Domini e poi da sola alla guida dell’istituzione.

Come è cambiata la Classense da quando iniziò a lavorarci a oggi?
«È cambiata moltissimo. Ho conosciuto la biblioteca da molti punti di vista perché vi ho svolto lavori diversi. Quando l’ho conosciuta era una biblioteca di conservazione austera, ma molto frequentata, affiancata da una biblioteca popolare, la Ponti. Direi che e rimasto poco di quegli anni, in cui però inizio il cambiamento. La mia più grande passione è stato fin da subito il libro antico. Ho lavorato molto sulle edizioni del XVI secolo, numerose e importanti alla classense e ho cominciato a conoscerne il patrimonio e la storia. Questo ha creato i presupposti per guardare avanti».

Come è diventata la Classense che si accinge a lasciare?
«Oggi abbiamo una biblioteca aperta che ascolta la città. Ho creduto al fatto che diversi pubblici facciano la biblioteca. Ho voluto attivare un dialogo con interessi che la città esprimeva in modo che in Classense trovasse un appoggio istituzionale, sia sulla ricerca che sull’attività culturale. È un luogo che esprime una forte identità come deposito di eredità e di memoria culturale, ma rappresenta anche una opportunità per la città come luogo di accoglienza e di espressione, di pensiero critico e di rielaborazione della memoria collettiva».

Anche come edificio è molto cambiato, hanno aperto nuove aree come lo spazio Holden per i ragazzi, fino alla Sala Dantesca pochi giorni fa…
«Sono stati anni di lavori ininterrotti e di continue inaugurazioni di nuovi spazi, sempre pensati con una funzione precisa, e non aperti alla cieca».

Come sono cambiati i fruitori della biblioteca in questi molti anni?
«Sono cambiati radicalmente. Oggi si parla di “biblioteca sociale”. gli utenti non sono più semplicemente lo studioso che approfondisce le fonti o lo studente che cerca un libro, ma ci sono lavoratori online, studenti delle superiori che non vogliono più il libro ma cercano la biblioteca come luogo di concentrazione e ritrovo, e anche utenti insoliti a cui non eravamo abituati, che non sono interessati ai libri, ma vengono da situazioni di disagio, come senza tetto o rifugiati, e trovano nella biblioteca un posto dove scaldarsi, bere un caffé, connettersi a internet ma anche un luogo bello in cui stare e in cui tutti sono uguali».

Questa apertura a un pubblico così variegato ha dato anche dei problemi…
«È un fenomeno che avviene in tutto il mondo. La biblioteca accogliente comunque non puo avere una vocazione sociale indiscriminata, e deve rimanere un luogo di riflessione , di lettura, di apprendimento. Ci sono delle criticità da governare la convivenza non è facile, ma al contempo la biblioteca non può sottrarsi a questa nuova funzione, che altrove, in altri paesi, è stata affrontata in modo piu strategico dalle politiche bibliotecarie».

Qual è una bellezza della Classense che i ravennati conoscono poco?
«I libri, ancora troppo poco conosciuti. Ci sono dei libri importantissimi come degli straordinari manoscritti liturgici con miniature di grande eleganza, antichi libri a stampa, rare prime edizioni novecentesche, potrei fare tanti esempi…»

Ha qualche rimpianto?
«Sì, molti. Tante cose che volevo fare, ma non ho avuto tempo… Ci sono biblioteche private da studiare, carteggi da esaminare, nuovi spazi della biblioteca da aprire, le antiche librerie superiori, per esempio. Queste sono le cose che mi piacerebbe ancora fare».

Quello di direttore della Classense è un ruolo molto complesso, il suo successore sarà sia direttore della biblioteca che dirigente comunale, crede sarà difficile seguire tutte queste cose contemporaneamente?
«Credo ci sia il grande desiderio di fare a l meglio. Sicuramente ci saranno delle difficoltà, che andranno affrontate e superate con competenze manageriali e scientifiche. Ma quello di direttore di biblioteca è un lavoro quotidiano di contatto con la realtà sempre molto stimolante».

Un consiglio al nuovo direttore?
«Ascoltare e conoscere le realtà. La Classense svolge, grazie a competenti bibliotecari, attività di ricerca e di servizio sul patrimonio e per il pubblico, su diverse fasce di età, è un luogo aperto con problematiche legate alla fruizione e alla conservazione, anche del complesso storico monumentale dell’edificio, e inoltre la città vuole sempre essere ascoltata. Insomma è un lavoro complesso, faccio il mio in bocca al lupo al mio successore».

E lei ora lei cosa farà?
«Continuerò a lavorare, come ho sempre fatto».

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