L’opera di LeWitt “riesumata” dal Mar: «Ma l’artista non voleva più esporla»

L’ex direttore del museo rivela le «tassative disposizioni» dell’autore. La replica: «Ha prevalso il dovere della valorizzazione»

Sol+LeWitt Wall+Drawing+570 1988.+Museo+dArte+della+citt+di+Ravenna.+ph+Marco+Parollo 2È già polemica – ancor prima dell’apertura al pubblico (il museo inaugura il nuovo allestimento il 13 aprile) – per l’opera di Sol LeWitt recuperata dai depositi del Mar e nuovamente esposta a distanza di oltre trent’anni.

Si tratta di una pittura murale di grandi dimensioni (12 metri per 3), ribattezzata appunto “Wall Drawing #570”, che LeWitt – tra i maestri dell’arte concettuale – aveva fatto realizzare come sua prassi da alcuni collaboratori in occasione della mostra “Viaggio in Italia”, allestita alla Loggetta Lombardesca nel 1988.

Opera che ora si scopre – grazie alle testimonianze del curatore di allora, Bruno Bandini, e dell’ex direttore del Mar Claudio Spadoni – che l’artista avrebbe voluto distruggere o imbiancare.

Spadoni in una lettera inviata ai quotidiani, in edicola oggi (7 aprile), sottolinea infatti quali fossero le «tassative disposizioni dell’artista» e ricorda come durante la sua direzione al Mar non abbia mai pensato di «riesumare» quel lavoro, «non da intendere come “opera”, ma come”intervento temporaneo». Averlo fatto ora, secondo Spadoni, «significa non solo non rispettare le direttive dell’artista, ma non averne nemmeno compreso la scelta concettuale».

Bandini, invece, rivela ai quotidiani di aver scritto una lettera a LeWitt (a cui l’artista non ha però mai risposto) in cui gli avrebbe confidato di non aver distrutto l’opera come da lui richiesto, impegnandosi però a custodirla nei depositi senza mai più esporla.

Il direttore del Mar, Maurizio Tarantino, si difende sottolineando come oggi la nuova esposizione sia stata autorizzata dalla Fondazione LeWitt e dalla figlia dell’artista, morto nel 2007. «Nel percorso espositivo spiegheremo il carattere di temporaneità che caratterizza l’opera, ma nella nostra scelta ha prevalso il dovere alla sua valorizzazione».

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