Un attore, un fumettista e i fantasmi del villaggio Anic: quando il teatro fa centro

Al mercato coperto di Ravenna l’intervista a Luigi Dadina e Davide Reviati, che ha annunciato di essere al lavoro su un cortometraggio animato

Il Mercato Coperto ha ospitato, lunedì 3 aprile, il nuovo incontro del ciclo Il Teatro Fa Centro, la rassegna curata da Reclam e Ravenna Teatro, con il sostegno del comitato Spasso in Ravenna, con l’obiettivo di portare tra le attività del centro di Ravenna i protagonisti della stagione dei teatri della città.

Nella storica cornice del Mercato, Luigi Dadina (attore, autore e cofondatore del Teatro delle Albe) e Davide Reviati (fumettista e illustratore) hanno avuto modo di raccontare, guidati dall’intervista di Federica Angelini (giornalista di R&D), il percorso che li ha portati alla realizzazione di Mille anni o giù di lì, lo spettacolo in scena martedì 4 e giovedì 6 aprile alle 21 al teatro Rasi nell’ambito della Stagione dei Teatri e del progetto legato all’Anic di Ravenna Teatro.

L’ex villaggio industriale ravennate infatti fa da sfondo all’intera narrazione dello spettacolo anche se, come precisa Reviati, «l’arte è trasfigurazione, si “parte” dal villaggio Anic di Ravenna senza la pretesa di raccontarne la storia o le vicende, ma di fare una riflessione su temi e dolori universali, raccontando le ferite e le contraddizioni di uno dei tanti villaggi operai dell’Occidente».

Sia Reviati che Dadina hanno infatti condiviso parte della loro vita al Villaggio, conoscendone da vicino segreti e ombre. L’illustratore – di fama internazionale – vive ancora nella casa in cui è nato e cresciuto, in quello che oggi si chiama quartiere San Giuseppe: «Vivere ancora al Villaggio, per quanto sia morfologicamente cambiato, significa convivere con i fantasmi. Fantasmi di amici, anzi di una generazione, che è stata spazzata via dall’eroina. Scrivo e disegno di loro per esorcizzare la loro perdita».

I temi della droga, della solitudine e dell’alienazione sono al centro dello spettacolo che vede Dadina nei panni di un uomo solo, relegato in casa a trascorrere le sue giornate registrando quel che accade, quel che ricorda e ciò che immagina all’interno della periferia di piccole palazzine tutte uguali sorte attorno al colosso petrolchimico. Nel delirio e nel sogno si mischiano allucinazioni e poesia: i versi delle poetesse rom Bronisława Wajs e Mariella Mehr si accompagnano alle illustrazioni di Reviati, alle musiche di Francesco Giampaoli, e alla voce narrante di Elena Bucci. «La scelta di poetesse nomadi, dall’animo ribelle e la vita tormentata non è stata casuale – spiega Dadina – sul palco interpreto un uomo prigioniero della sua mente, che da oltre trent’anni non esce di casa. Le “zingare” si fanno anello di congiunzione tra culture opposte, simboleggiando la libertà tanto desiderata dall’inconscio del protagonista».

La sfida più grande, secondo gli autori dello spettacolo, è stata quella di far coesistere i “tempi” di fruizione dell’illustrazione con quelli del teatro, senza che l’arte teatrale finisse per “fagocitare” quella visiva, trasformandola in un semplice sfondo. In Mille anni o giù di lì musica, recitazione, disegno, poesia e narrazione si fondono sinergicamente tra loro, dando voce alla sofferenza di una generazione intera.

Per quanto riguarda i progetti futuri, mentre Dadina è impegnato nel progetto del Grande Teatro di Lido Adriano, Reviati ha rivelato di essere al lavoro in un altro ambito ancora, quello cinematografico, per realizzare un cortometraggio animato.

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