Ad Ammutinamenti va in scena la Vetrina della giovane danza d’autore

Il festival si chiude con l’usuale tre giorni dedicata ai progetti emergenti da tutta Italia

Alex

“Alex”, di Roberta Maimone

Da giovedì 14 fino a sabato 16 settembre, in vari luoghi della città, è la Vetrina della giovane danza d’autore a trovare la sua naturale realizzazione nell’ultimo weekend di Ammutinamenti, progetto ideato dall’Associazione Cantieri Danza e realizzato in collaborazione con il Network Anticorpi XL (rete italiana dedicata alla promozione e allo scouting della giovane danza d’autore, che attualmente coinvolge 38 strutture di 16 regioni).

Tra l’altro, per il terzo anno consecutivo, Network Anticorpi XL rinnova il suo impegno nel creare un più ampio ventaglio di opportunità, fornendo supporto alle giovani generazioni grazie al suo formato “eXtra”: il significativo momento di presentazione delle creazioni selezionate viene infatti preceduto da un percorso di accompagnamento estivo che possa offrire ai giovani autori e autrici gli strumenti per riuscire ad affrontare al meglio la partecipazione alla Vetrina.

Saranno 15 le performance proposte dalla Vetrina, per un approfondito excursus sullo stato dell’arte della danza contemporanea di ricerca. Si parte giovedì 14 settembre, con cinque lavori, a partire dalle 17.30 al giardino “Il Deserto Rosso”, dove il coreografo Michele Scappa presenta There is a planet, creazione ispirata all’omonima mostra di fotografie realizzate dall’architetto Sottsass. Alle 18, sulla banchina della Darsena, troviamo poi Danilo Smedile, ideatore e interprete di Rosso, liberamente ispirato a Rosso Malpelo di Giovanni Verga. Ci si sposta quindi all’Almagià per i tre lavori serali, a partire dalle 21: in Eroide contemporanea, adottando il modello ovidiano, Massimo Monticelli compone una sua personalissima eroide danzata, mentre con Inesorabilmenteunavia YoY Performing arts (ossia Emma Zani e Roberto Doveri) cercano una sorta di esortazione alla ricerca di nuovi equilibri. A chiudere, il primo studio di Come sopravvivere in caso di danni permanenti, di e con Francesca Santamaria, che l’autrice definisce «una radiografia coreografica».

Venerdì 15 settembre si inizia alle 16.30 (replica alle 18) a Palazzo Rasponi con Chiara Ameglio, che in collaborazione con Santi Crispo presenta Lingua, nato nel tentativo di rispondere alle domande su quali siano l’incarico primario e la missione della performance. Alla Classense (ore 17 e 18) vedremo poi Alex, di Roberta Maimone, coreografia che testimonia un processo psicologico di conoscenza e che coinvolge l’autoriflessione e l’interazione con gli altri. La tripletta dell’Almagià (sempre dalle 21) si apre invece con Cuma, solo coreografico attorno alla figura della sibilla, di Michele Ifigenia Colturi, cui seguono Caronte di Camilla Montesi, ispirato alla omonima figura mitologica, e Albatros di Pablo Ezequiel Rizzo, che trae anche ispirazione dalla teoria cyborg della biologa e filosofa Donna Haraway.

Sabato 16 settembre sono gli spazi della Fondazione Sabe per l’arte (ore 16.30 e 18) a ospitare Martina Gambardella con Mute, che nasce dal desiderio di celebrare l’origine del movimento, mentre è al Rasi (ore 17) che Roberto Tedesco presenta Simbiosi, termine che spesso viene scambiato per “vero amore”. Finale all’Almagià dalle 21, con A Solo in the Spotlights di Vittorio Pagani, in cui, attraversando danza, parole e proiezioni video, il solista esplora aspetti della vita sulla scena; poi Infieri di Pierandrea Rosato, che fa del silenzio il principio chiave del pezzo, quindi Ototeman di Sofia Galvan e Stefania Menestrina, dove l’esigenza di leggerezza dà vita a una stanza fittizia in cui tre anime strettamente legate tra loro cercano uno spazio per coesistere.

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