L’autore esordiente: «Il noir? Un mezzo per raccontare i miei personaggi»

Nicolò Bertaccini ha dato alle stampe il suo primo romanzo

Nicolo BertacciniDi professione commerciante (titolare dei supermercati NaturaSì a Ravenna e Forlì), il ravennate Nicolò Bertaccini parla di scrittura come “hobby”, ma di fatto lo si può definire uno scrittore esordiente: ha da poco infatti dato alle stampe il suo primo romanzo, dal titolo Mosaico Criminale per Clown Bianco, che sta presentando al pubblico in vari incontri. Il prossimo è quello di sabato 23 settembre alle 17.30 alla libreria Liberamente di viale Alberti, a Ravenna. 

Per lungo tempo ha scritto di motociclismo, la sua grande passione, come è approdato al romanzo? E perché proprio a un romanzo di genere?

«La scrittura mi è sempre interessata, ho frequentato diversi corsi, l’ultimo è stato quello di Matteo Cavezzali a Ravenna e ora penso che frequenterò anche il prossimo, in procinto di iniziare. Lo faccio come hobby, per me è un divertimento e ho voluto provare  a intrecciare alcune storie partendo da quella finale, che avevo abbozzato già una ventina di anni fa dopo che all’università avevamo studiato gli effetti sugli esseri umani delle camere di deprivazione sensoriale. Ho bisogno di sapere come va a finire una storia per iniziare a scriverla, per evitare di perdermi nel mezzo. Partendo da quella ho costruito e intrecciato le altre che ruotano fondamentalmente attorno a due personaggi antitetici, Alfonso e Martina».

Il suo è un romanzo noir o comunque di genere che però più che incentrarsi sulla trama sembra riflettere su alcuni grandi temi universali, come il dilemma etico  tra giusto e sbagliato, la normalità stravolta da un evento straordinario che può portare chiunque a superare limiti impensabili, il confine tra vittima e carnefice, tra illusione e realtà…

«È vero, come dicevo, a me interessava soprattutto raccontare due personaggi, Alfonso, simbolo di una generazione che non vede mai avverarsi il proprio futuro e si ferma, si arrende, cercando di mantenere un equilibrio senza capire che l’equilibrio non può però mai essere statico, ma è sempre dinamico. Dall’altra parte abbiamo Martina, rampante, in movimento, è invece costretta a fermarsi. Utilizzare le regole del genere mi ha aiutato a non perdere il filo, a stare dentro paletti e soprattutto a cercare con il lettore un rapporto basato sulla credibilità».

Come l’ha costruita la credibilità? Come si è documentato e a cosa si è ispirato? Cronache locali?

«No, nessuna cronaca locale. Ho solo voluto inserire la Regina d’Africa come ricordo di infanzia, di quando mio nonno mi portava in bicicletta a vederne i ruderi, in un luogo (la pineta, ndr) oggi impensabile per un locale simile. Mi sono poi consultato spesso con un amico che è carabiniere, che mi ha evitato errori di procedura nelle indagini».

Anche l’ambientazione, tutta ravennate come lascia intuire anche il titolo, è molto dettagliata e riconoscibile…

«Anche in questo caso avevo bisogno di una comfort zone, ossia di ambientare le storie che volevo raccontare in un posto che conoscevo su cui ero sicuro di non fare errori, che è la stessa ragione per cui uno dei due protagonisti, Alfonso, ha l’abitudine di correre, come faccio io al mattino».

E anche lei guida un T-Max?

«(Ride, ndr) No, io sono un motociclista; quello era un po’ un gioco e uno scherzo per i miei amici motociclisti».

Come si trova in questi nuovi panni di scrittore, impegnato a presentare il libro in pubblico?

«Credo che chiunque pubblichi qualcosa speri di essere letto e apprezzato, sia insomma un po’ narcisista. E non nascondo che mi piace andare alle presentazione e incontrare persone che hanno letto e amato il libro. Così come mi piace usare i social, che per me sono anche un modo per esercitare la mia scrittura. Se non si è disposti a questo confronto, forse tanto vale limitarsi a scrivere il proprio diario segreto…».  

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