Ammesso il quesito sulla durata delle concessioni già attive in mare
Mingozzi (Pri) preoccupato. Vandini (M5s) e Sutter (Ric) più cauti
Il primo a commentare la decisione della Corte è stato il repubblicano Giannantonio Mingozzi, vicesindaco con delega al Porto: «Ravenna e l’Emilia Romagna hanno il dovere di difendere un comparto imprenditoriale e di ricerca tecnologica fondamentale per la bilancia energetica del Paese e per la capacità dell’Italia di essere sempre più autosufficiente e non condizionata dai paesi esteri produttori. Quello che rappresenta l’off shore per l’economia ravennate ed emiliano romagnola non ha pari in nessuna altra città, anche dal punto di vista dei passi avanti che le nostre imprese hanno compiuto per rendere sicuro l’ambiente e le attività economiche della costa. Dobbiamo fare il possibile affinché ai più alti livelli decisionali del Governo la tutela e le garanzie verso questo settore siano effettive e concrete. Il progetto Angela Angelina che sperimenta l’immissione di acqua, come compensazione degli idrocarburi, può aiutarci a superare ostilità e motivazioni divergenti».
È intervenuta sul tema anche Raffaella Sutter, candidata sindaco per la lista Ravenna in Comune, neonato soggetto che si presenta alle prossime elezioni aggregando diverse formazioni e soggetti politici di sinistra alternativi al Pd: «Non comprendiamo i timori espressi dalle forze di governo ravennati, che in diverse occasioni hanno sottolineato come il referendum in questione possa arrecare danni all’economia locale. In questi casi l’espressione della volontà popolare è sempre un valido indicatore per capire le tensioni che animano la società, migliorando le capacità di amministrare un territorio. Non condividiamo l’impostazione che si sta delinenando sul tema occupazionale. Il numero dei lavoratori nel settore oil&gas cambia in continuazione, a seconda degli umori, delle stagioni o degli interessi di chi parla. Siamo stanchi di dati variabili, soprattutto per una situazione delicata che riguarda temi trasversali come la difesa dell’ambiente, lavoro e salute pubblica. A quale gioco giochiamo? Non è credibile che la questione dei posti di lavoro venga utilizzata come ricatto in determinati settori e che sia completamente tralasciata in altri. Vogliamo che il dibattito sulle trivellazioni mantenga un approccio più ampio e dignitoso, in grado di far dialogare tutti gli importanti aspetti che contiene».
Ma su due dei cinque quesiti che la Cassazione ha dichiarato decaduti dopo gli interventi del governo nella legge di stabilità, sei regioni hanno deciso di presentare un conflitto di attribuzione sostenendo che l’azione del governo sia servita ad aggirare la questione. Se venisse stabilito che c’è stato effettivamente un conflitto di attribuzione sarebbero annullate le modifiche legislative introdotte con la legge di stabilità; tornerebbero in vigore le vecchie norme dello Sblocca Italia e due dei referendum decaduti dovrebbero tornare ad essere validi. L’obiettivo dei promotori del referendum è quindi far votare tre quesiti e non uno solo. Il governo potrebbe decidere di fissare la data del voto del quesito attualmente ammesso in aprile, prima che la questione del conflitto di attribuzione (i cui tempi sono piuttosto lunghi) venga risolta. I promotori chiedono che il voto venga deciso almeno per il 12 giugno, in coincidenza con le elezioni amministrative, in modo che ci sia il tempo per risolvere il conflitto.
Il responsabile per Ravenna e la Romagna del movimento Terra nostra Italia con Giorgia Meloni, Federico Baldini, teme che il referendum sulla durata si trasformi in un voto pro o contro trivellazioni: «Noi siamo nettamente favorevoli alle trivellazioni in Adriatico: riteniamo infatti che questo sia un problema che riguardi la difesa della sovranità economica dell’Italia ed il futuro di un’eccellenza ravennate ed italiana come quella dell’offshore, industria nata negli anni ’50 e ’60 a Ravenna proprio grazie alle prime trivellazioni in Adriatico. Inoltre come ha ben evidenziato in una recente intervista l’amministratore delegato di Eni Descalzi le trivellazioni potrebbero a pieno regime coprire il 20 percento del fabbisogno energetico italiano, limitando la dipendenza dal gas e dal petrolio stranieri».