Chiusura Western Atlas: offerti 5mila euro ai licenziati. La rabbia dei sindacati

Cgil e Uil: «Mai trovati di fronte a tanto sprezzo delle istituzioni»

Lunedì, 21 novembre, si è tenuto a Ravenna nella sede della Provincia l’ultimo incontro tra i vertici aziendali e i sindacati territoriali nel merito della procedura di licenziamento di 46 dipendenti avviata da Western Atlas, azienda del settore petrolifero che opera dagli anni Ottanta a Ravenna.

L’azienda, del gruppo Baker Hughes, ha presentato quello che ritiene essere il piano di gestione dell’impatto sociale offrendo la cifra di 5.000 euro a lavoratore.

I sindacati hanno esplicitato l’assoluta indisponibilità a sottoscrivere un accordo in questi termini e ribadito l’incomprensibilità delle scelte aziendali, «totalmente incoerenti con il percorso di riorganizzazione attuato dall’azienda stessa per affrontare la crisi che ha colpito l’intero settore negli ultimi anni».

«Tale percorso – sottolineano in una nota Cgil e Uil – è stato condiviso con le istituzioni e i sindacati, ha beneficiato degli ammortizzatori sociali e persino di un tavolo di crisi al ministero dello Sviluppo Economico che, nell’incontro dello scorso 4 novembre, aveva invitato l’azienda e rivedere la chiusura di Ravenna e ad assorbire il personale di Western Atlas nelle altre unità produttive di Baker Hughes, quale miglior soluzione alle varie e intricate problematiche emerse. La decisione di chiudere Western Atlas, nonostante la disponibilità di mesi di cassa integrazione e contratti di lavoro in essere ancora da onorare, sommata a varie comunicazioni e documentazioni reperite delle organizzazioni sindacali, inducono a pensare che la multinazionale intenda proseguire le attività “wire line” tramite la capogruppo Baker Hughes in barba a qualsiasi normativa di legge. Sarà inevitabile uno scontro legale, con la probabile conseguenza per la multinazionale americana di vedersi contestati tutti gli ammortizzatori sociali degli ultimi anni, una serie di cause per i licenziamenti illegittimi dei lavoratori e un pregiudizio insormontabile sulla partecipazione a future gare di appalto in Italia».

«In questi ultimi anni di crisi abbiamo incontrato e conosciuto tanti imprenditori – dicono Filctem Cgil e Uiltec Uil – ma mai ci era capitato di trovarci di fronte a tanto sprezzo delle istituzioni e della normativa come in questo caso: le scelte scellerate del management russo rischiano di mettere all’angolo Baker Hughes in Italia, proprio quando la notizia dell’acquisizione del gruppo da parte della General Elettric delle settimane scorse aveva portato una ventata di positività e ottimismo per il futuro dei 46 lavoratori di Ravenna e i 180 rimasti a Pescara e nelle sedi operative di Viggiano e Catania che, ricordiamo, erano circa 350 nel 2011».

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