Dalmonte di Confcooperative: «Siamo il modello più moderno che ci sia»

Carlodalmonte

Carlo Dalmonte

Il 2 giugno festa della Cooperazione in piazza a Faenza. L’associazione ormai prossima alla fusione Ravenna-Rimini

Carlo Dalmonte è presidente di Confcooperative Ravenna da due anni. Presidente, il 2 giugno Festa della Cooperazione a Faenza. Che significato ha questo momento annuale?
«Celebriamo quello che siamo e quello che sappiamo fare. È un punto di riferimento nello scorrere dei mesi come lo sono le feste parrocchiali. Quest’anno però è simbolicamente importante che si svolga nel cuore della città».
Arriva in un momento cruciale per la vostra associazione…
«Stiamo per concludere la prima tappa della riorganizzazione territoriale con l’unione tra Ravenna e Rimini: dovrebbe essere ufficiale prima dell’estate. In seguito ci sarà tempo per completare i lavori includendo Forlì».
Che bilancio fa del suo mandato finora?
«È complesso rappresentare 200 cooperative in tutti i settori. È un mestiere diverso rispetto alla guida di un’azienda dove si devono prendere decisioni più immediate. In un ruolo di rappresentanza sindacale invece ci sono più sfumature».
L’immagine del mondo cooperativo in generale come se la passa?
«Non abbiamo la rappresentazione adeguata per ciò che siamo e facciamo. Siamo molto meglio e più importanti di come veniamo rappresentati. Succede perché siamo impegnati a fare e non a raccontare. Abbiamo attraversato la crisi mantenendo l’occupazione e nonostante questo ci sono parti politiche che fanno dell’anticooperativismo una bandiera. Ma sbagliano perché è quanto di più moderno ci sia a livello sociale in un mondo in cui le disuguaglianze aumentano».
Ha fatto riferimento alla politica. Come vede il neonato Governo Lega-M5s?
«Aspetto e giudicherò. Personalmente non ho gradito una campagna urlata con promesse la cui realizzazione è un libro dei sogni».
Negli ultimi tre anni è rimasto stabile il numero di imprese aderenti a Ravenna. Come va letto?
«In alcuni settori il calo delle coop può essere letto anche come positivo perché è frutto di accorpamenti che rendono più organizzati i gruppi. E dove la dimensione economica conta molto il numero delle coop non può crescere».
È stato presidente di Gemos e tutt’ora è presidente di Caviro. Realtà così grandi hanno senso in forma cooperativa?
«Grandi o piccole deve esserci sempre il principio della mutualità. Le coop non devono inseguire altri modelli societari per scimmiottare le società di capitale: dobbiamo essere orgogliosi della nostra peculiarità, siamo diversi per nascita».
Tra le vostre associate una delle realtà più importanti è certamente il gruppo Ciclat che si prepara alla maxi gara da un miliardo per la gestione dei rifiuti. Come guardate alla partita?
«Faccio il tifo per il nostro gruppo che ha le carte in regola. In quell’ambito non ci si improvvisa quindi servono dimensione e capacità per stringere alleanze, in questo caso penso con Hera. Sarebbe importante che vincesse una realtà del territorio, non vorrei che vincesse una cordata inglese o spagnola».

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