Il grido di allarme di Franco Nanni dell’associazione Roca che riunisce i contrattualisti ravennati: comparto affossato dall’emendamento blocca-trivelle, dal Covid che ha impedito i lavori all’estero e dalla diminuzione del prezzo del petrolio
L’origine della crisi attuale sta in un cocktail di cause: «Prima di tutto il blocco alle estrazioni in Italia deciso dall’emendamento dei Cinque Stelle: doveva essere di diciotto mesi e invece è stato prorogato di altri sei con scadenza a luglio 2021. In seconda battuta si è aggiunto il Covid: con la pandemia le aziende non hanno potuto proseguire nemmeno le commesse all’estero perché non si poteva viaggiare. Poi la ciliegina sulla torta è la diminuzione del prezzo del petrolio: con 40 dollari al barile le compagnie hanno congelato tutti i progetti in programma».
Sulla carta il blocco alle trivelle doveva servire per aggiornare il Pitesai, acronimo che indica il piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee: «Tutto fermo e prevedo già che useranno il coronavirus come scusa per prendere altro tempo. L’impressione è che il Governo faccia di tutto per non andare avanti. I Cinque Stelle vogliono mantenere una facciata con un certo elettorato e dimostrarsi come quelli che hanno bloccato le estrazioni. Ma non raccontano fino in fondo i fatti e non dicono che stiamo importando dall’estero il 94 percento del consumo nazionale di metano: importiamo e teniamo bloccato il settore nazionale con ricadute sulle aziende e sugli occupati».
Per le imprese diventa difficile preparare una ripartenza o studiare una exit strategy: «Chi poteva ha spostato i suoi lavori all’estero, ma trovare commissioni all’estero è difficile perché le altre nazioni, a differenza dell’Italia, privilegiano proprio le aziende locali. Prendiamo il Mare del Nord: è un contesto chiuso in cui è difficile entrare da fuori, ci è riuscita la Rosetti Marino ottenendo un risultato straordinario». Riconvertirsi? «Si fa presto a dirlo. Ma in cosa? Se fai il perforatore e hai acquistato macchinari specifici, in cosa altro puoi rilanciarti? Se va avanti così il settore sarà azzerato cancellando competenze e conoscenze». Nanni fornisce un numero: la costruzione di una piattaforma estrattiva richiede 250mila giornate di lavoro. «Ne basterebbe una nell’alto Adriatico per dare una scossa al settore».
Anche Eni, con i suoi oltre cinquecento occupati nel distretto ravennate, deve fare i conti con la crisi: «È una multinazionale, investe di più all’estero per fare profotto. Ormai possiamo considerare da dimenticare il piano da due miliardi di euro presentato a gennaio 2018. E se va avanti così, senza estrarre gas, dovranno chiudere gli impianti ravennati». Sarà il progetto di cattura e stoccaggio C02 a dare la scossa? «Ben venga qualunque investimento, sia chiaro. Non diremo mai no a nuovi progetti. Ma scordiamoci che possa salvare l’occupazione e sia la risposta alla crisi ambientale. Serviranno più macchinari che uomini».