Secondo un’indagine Cgil aumenta il tasso di inattività. Le categorie più colpite sono le donne fino ai 24 di età e gli uomini dai 35 ai 54 anni
Venti milioni di ore di cassa integrazione, tasso di occupazione sceso di tre punti percentuali, aumento delle persone che non lavorano e non cercano occupazione da 62mila a 66mila. I numeri elaborati dall’ufficio studi e ricerche della Cgil di Ravenna possono aiutare a comprendere l’impatto del Covid sul mondo del lavoro nel territorio provinciale.
Cassa integrazione. Da marzo a dicembre 2020 sono stati 46mila i lavoratori che hanno avuto accesso alla cassa integrazione. La parte più consistente numericamente è il settore del commercio, dei servizi e del turismo (15.361 lavoratori colpiti) e da quello metalmeccanico (12.694). Ancora a inizio aprile 2021 sono più di settemila i lavoratori “in cassa”.
Occupazione. Gli occupati in provincia di Ravenna sono passati dai 175.592 del 2019 ai 167.442 del 2020, mentre il tasso di occupazione, che era faticosamente risalito a un 70,6 percento che non si vedeva dagli anni precedenti la crisi iniziata nel 2009, è ripiombato al 67,5%, inferiore anche al dato regionale (68,8). È esploso il numero di persone in cerca di lavoro (da 8.474 a 12.352), con il tasso di disoccupazione balzato dal 4,6 al 6,9 percento.
Inattività. Quello che preoccupa maggiormente è l’aumento del numero degli inattivi (da 62.417 a 66.011), ovvero delle persone che non lavorano e che, scoraggiate, non cercano più una occupazione. Il tasso di inattività, ovvero il rapporto tra il numero di inattivi nella classe di età 15-64 e il corrispondente segmento di popolazione, passa dal 26 al 27,5%. Le fasce maggiormente coinvolte sono le donne nell’intervallo dai 15 ai 24 anni (dal 70 al 78%) e gli uomini dai 35 ai 54 anni, che dal 7% raggiungono il 13%. Un andamento che sembra indicare come stiano aumentando le giovani donne che non cercano nemmeno più di entrare nel mondo del lavoro e gli uomini che, espulsi dal posto di lavoro proprio nella fascia di età della maturità lavorativa, disperano di potervi rientrare.
Marinella Melandri, segretaria generale della Cgil di Ravenna ha commentato: «Ci sarà un prima e un dopo il 2020, l’accelerazione forzata imposta dall’emergenza in alcuni ambiti – smartworking e didattica a distanza per citare solo i capitoli sotto gli occhi di tutti – rivoluzionerà probabilmente l’organizzazione del lavoro post-pandemia»
«I mesi che abbiamo di fronte saranno ancora difficili per il mondo del lavoro – ha sottolineato Melandri –. La campagna vaccinale entro poche settimane dovrebbe consentire di mettere al sicuro la parte più fragile della popolazione; c’è la consapevolezza che dovremo ancora fare i conti con la necessità di prevenire i contagi, con tutto ciò che questo significa per il lavoro. A questo si aggiunge la scadenza del blocco dei licenziamenti per i settori industriali a fine giugno. Se non sarà prorogato dovremo evitare licenziamenti unilaterali, utilizzando tutti gli strumenti disponibili, dai contratti di solidarietà a quelli di espansione alla cassa ordinaria nelle situazioni di crisi, per mantenere i lavoratori collegati alle loro imprese, spingendo sulla formazione e sulla sicurezza sul lavoro. Poi come sempre accade nei momenti di difficoltà, torna la tentazione di scaricare sul lavoro le fragilità: c’è già chi chiede il ritorno dei voucher, del tempo determinato senza causali, senza parlare del rischio di un’impennata del lavoro nero e grigio, in particolare nel nostro territorio caratterizzato dalla stagionalità. Dobbiamo combattere un’idea di ripresa basata sulla precarietà. È un’esperienza già fatta, di cui abbiamo misurato le conseguenze con la pandemia. Gli ingenti investimenti di cui il Paese potrà disporre devono servire a uno sviluppo di qualità, che guardi al futuro, e contemporaneamente bisogna adottare misure di sostegno e accompagnamento, a cominciare da una riforma degli ammortizzatori sociali in senso universalistico e solidaristico. Per questo le risorse del Recovery fund devono essere condizionate a produrre effetti qualitativi e quantitativi sull’occupazione».