«Se l’Europa vieta la pesca a strascico è un danno per le imprese locali»

Così la pensa Mirco Bagnari, responsabile del settore per Legacoop: «È meglio pescare le specie alloctone»

Pesca Reti Peschereccio

A parlare dello stato di salute del mare Adriatico di fronte alle coste romagnole dal punto di vista dei pescatori è Mirco Bagnari, responsabile del settore pesca di Legacoop Romagna.

Impossibile non iniziare dalle alluvioni di maggio: quali sono state le conseguenze?
«Al di là del fermo pesca per problemi sanitari, il primo problema è stato correlato a tutto quello che era finito in mare dalle colline, in particolare rami e tronchi che hanno provocato danni ad alcune imbarcazioni e alle attrezzature. Ora la situazione è migliorata».

E dal punto di vista alimentare, com’è andata?
«Anche se il reale impatto sulla filiera alimentare è stato contenuto, la gente è rimasta a lungo sfiduciata e diffidente. Diverse sono state le iniziative messe in campo per sensibilizzare e superare il dubbio dei consumatori sulla salubrità del pescato. Il lavoro è stato faticoso ed è ancora in corso».

Che ruolo possono avere i pescatori nella “manutenzione” del mare?
«Come gli agricoltori si prendono cura del territorio, in mare la presenza dell’uomo fa parte di un equilibrio generale. I pescatori non sono solo quelli che – alcuni pensano – razziano il pesce, ma anche quelli che ripuliscono il mare da diversi tipi di rifiuti e, in particolare dalla plastica, una problematica sempre attuale. C’è ancora molto da fare per avere un mare più pulito dall’inquinamento prodotto dagli umani. Ci tengo inoltre a ricordare che soprattutto nell’acquacoltura, stiamo cominciando a usare attrezzature sperimentali. ecosostenibili, che hanno un impatto minore sull’ambiente. Per proseguire in questa direzione, è importante produrre un certo reddito e garantire il ricambio generazionale delle imprese dei pescatori».

Lo scorso 29 luglio è iniziato il fermo pesca biologico e quindi il blocco delle attività della gran parte della flotta pescherecci italiana lungo l’Adriatico. Come sta andando il settore?
«Il fermo pesca è ormai una pratica consolidata in questo periodo dell’anno per garantire la sopravvivenza di alcune specie a rischio. Nonostante questo sarà comunque possibile trovare prodotto italiano, dal pesce azzurro come le alici e le sarde, al pesce spada, e inoltre spigole, orate, sogliole, canocchie, vongole e cozze provenienti dalle barche della piccola pesca, dalle draghe e dall’acquacoltura».

Granchio BluQuest’anno il fermo pesca capita in un momento difficile con la spada di Damocle delle nuove linee di indirizzo del Commissario Ue Virginijus Sinkevicius che pende sulla Flotta Italia…
«Sì, la misura più dirompente sarebbe il divieto di pesca a strascico che sul nostro territorio è molto forte. Se ne sta discutendo molto e siamo preoccupati: non ne capiamo il motivo visto che l’impatto di questo tipo di pesca sull’ambiente, a nostro parere,  è minimo. Così come si sta ipotizzando la restrizione delle aree di pesca con tagli fino al 30 percento di quelle attuali. Noi crediamo che la tutela ambientale e la prevenzione ecologica non possano essere disgiunte dall’attenzione alla sostenibilità economica delle imprese di pesca. Senza contare poi che queste restrizioni si ripercuoterebbero anche su ciò che portiamo in tavola: pesce a prezzi sempre più alti e chissà di quale provenienza, destinato solo a chi se lo può permettere…».

Il cambiamento climatico di questi ultimi anni sta stimolando la crescita di alcune specie a danno di altre?
«Sì. Sono in aumento le specie “aliene”, ossia provenienti da ecosistemi diversi da quello del nostro mare, come il granchio blu, che sono dannose in quanto si cibano di molluschi e novellame. Soprattutto nel Nord Adriatico, i produttori di vongole, cozze e ostriche denunciano danni di oltre il 50 percento della produzione. Anziché tentare di sterminarle, tanto vale catturarle, commercializzarle e mangiarle per ripulire il mare, dove queste creature aggressive non hanno nemici e antagosnisti naturali».

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