Due querele penali archiviate e ora la sentenza civile sul caso nato dalle denunce dell’associazione femminista che nel 2012 chiedeva maggiore trasparenza, una gestione partecipata e equità di genere nella gestione della moschea
La sentenza ha stabilito che Iannucci, difesa dall’avvocato Gianluca Alni, esercitò il diritto di critica garantito dall’articolo 21 della nostra Costituzione e dall’articolo 10 della Cedu e che le sue affermazioni avevano un fondamento su documenti.
«C’è grande soddisfazione per un esito sul quale non abbiamo mai avuto dubbi, e l’orgoglio di avere affrontato una battaglia amara ma importante per la crescita della nostra comunità – commenta Iannucci –. A Ravenna è accaduto qualcosa di inedito: un gruppo di donne musulmane ha preso la parola pubblica e ha chiesto nient’altro che la garanzia del rispetto delle regole di questo Paese, per la costruzione di una delle più grandi moschee d’Italia. In città solo poche voci, limitate all’associazionismo e a pochi singoli, hanno speso energie e parole per difendere le nostre posizioni. A loro va tutta la nostra gratitudine per il sostegno morale datoci in questi anni e l’impegno per una soluzione costruttiva del conflitto, che purtroppo non si è potuta attuare».
Non si discosta molto la posizione di Ravenna in Comune: «Come mai la giunta Matteucci ha ritenuto interlocutori credibili persone che non erano legittimate a rappresentare la comunità musulmana? Come mai nulla è stato fatto dall’amministrazione Matteucci per accertare se erano vere le accuse di discriminazione nei confronti delle donne e nei confronti dei molti che la pensavano in modo difforme da coloro che arbitrariamente si ritenevano i portavoce della comunità islamica ravennate? La realtà è che si è voluto dare forza e credibilità ad organi dirigenti che non erano legittimati. Non ci stupiamo più di tanto. Matteucci è il sindaco che ha accentrato sicurezza e immigrazione nelle mani di un solo assessore. Un messaggio chiaro, da vero sceriffo, un messaggio che ha voluto premiare i poteri forti anche illegittimamente costituiti e che non va certo nella direzione di una società interculturale laica e rispettosa delle altrui diversità».