De Pascale: «Vanno ridate funzioni alle Province. Terzo mandato? Non mi ricandiderò»

Il presidente dell’Upi sul progetto di riforma degli enti locali

Mdp

Per qualche mese è sembrata una delle priorità di questo governo e le frequenti visite di Michele de Pascale, presidente della Provincia di Ravenna e dell’Upi (Unione province italiane), a Roma per incontrare il ministro Roberto Calderoli con delega alle Autonomie facevano pensare a una rapida conclusione. Invece, di recente, la riforma delle Province sembra un po’ meno urgente nell’agenda di governo anche se il tema verrà sicuramente rilanciato con forza a L’Aquila, dove si terrà l’assemblea nazionale dell’Upi il 10 e 11 ottobre, alla presenza del Presidente della Repubblica e, auspica de Pascale, «di uno o più ministri del governo».

In realtà si tratta di una legge di iniziativa parlamentare particolarmente cara sia a molti amministratori, sia alla Lega di Salvini, in questo momento in commissione al Senato. Uno dei pochi temi su cui sembrava davvero possibile un’intesa bipartisan, come del resto sarebbe auspicabile quando si parla di architettura delle istituzioni.

«L’intenzione comune – ci spiega de Pascale – era restituire funzioni e dignità alle Province per più ragioni. La prima è che oggi c’è una profonda sperequazione tra le città metropolitane e il resto dei territori e, all’interno dei territori, tra Comuni capoluogo e non capoluogo. Per i Comuni minori infatti oggi manca la regia per i piani strategici. Qui abbiamo tentato di ovviare con Romagna Next, dove abbiamo messo insieme tutti i territori della Romagna (il piano fu presentato all’indomani della prima alluvione di maggio e per questo è passato un po’ sotto silenzio, ndr) ma è un caso isolato. Dobbiamo poi sempre ricordare che la nostra provincia non è rappresentativa, con appena 18 Comuni e ben due Unioni. La normalità è invece quella di territori con tantissimi piccoli Comuni che non possono occuparsi di pianificazione».

De Pascale da tempo sostiene che le Province vadano ripotenziate. «Lo pensavo prima dell’alluvione, lo penso ancora di più adesso: in quei giorni sarebbe stato meglio avere un’altra persona che potesse dedicarsi all’incarico perché io per cinque giorni non ho potuto lasciare il Comune di Ravenna e il Coc. Più in generale, come possiamo pensare che un piccolo Comune di montagna si occupi delle strade dissestate dalle frane? O, anche, per l’ordinario, che un Comune come Riolo possa occuparsi di un istituto come l’Alberghiero che è frequentato da studenti provenienti da un’area molto più vasta?».

Nell’idea di riforma c’è il ritorno all’elezione diretta del presidente che avrebbe la possibilità di circondarsi di una vera e propria giunta di assessori con tanto di deleghe e relativi compensi (vedi box in basso sulla situazione attuale). E l’Anci aveva chiesto di inserire in quel quadro anche la possibilità del terzo mandato consecutivo per i sindaci. «Personalmente  – dice de Pascale – ho posizioni un po’ eretiche: secondo me dieci anni per un sindaco sono più che sufficienti per lasciare la propria impronta. Un primo cittadino ha molti poteri, secondo me al termine dell’eventuale secondo mandato è auspicabile un ricambio. Personalmente non ho dubbi sul fatto che, in ogni caso, nel 2027 non mi ricandiderò».

E per la Regione? Ci sono voci secondo cui Bonaccini stesso starebbe valutando la possibilità. «Al momento non è possibile, né per i Comuni, né per le Regioni. Ma trovo sbagliato avvicinare le due questioni, perché i compiti e le deleghe della Regione sono molto diversi, più simili a quelli di un ministero». 

E a proposito di Regioni, tiene invece banco il tema della “autonomia differenziata” osteggiata per esempio dalla Cgil, un’altra riforma cara alla Lega ma che aveva visto anche l’Emilia-Romagna in prima linea con una propria proposta autonoma rispetto a quella leghista. «Si tratta di una legge slegata da quella sulle Province su cui credo ci sia stato un grande fraintendimento – risponde De Pascale -. Per parte mia, ho sempre creduto nell’autonomia solidale. Come Regione, chiedo al governo di darmi più competenze ed esattamente i soldi che lo Stato mi avrebbe comunque dato per poterli gestire direttamente e spenderli meglio. Diversa è l’idea di una Regione ricca che chiede di poter gestire direttamente i propri introiti occupandosi magari di questioni cruciali per l’unità dello Stato, come la scuola, sul modello leghista. Un’idea in realtà lontanissima dal centralismo della destra di Fratelli d’Italia, da quello di una presidente del Consiglio che quando va a visitare un luogo colpito da un’alluvione invece di contattare il sindaco chiama il capogruppo del suo partito in consiglio comunale. È un atteggiamento che dice molto su come si concepisce l’autonomia che va innanzitutto riconosciuta. Comuni, Province e Regioni non sono uffici decentrati dello Stato, ma parti integranti della Repubblica prevista dalla Costituzione. Credo che su questi temi stia emergendo la differenza di fondo tra Lega e Fratelli d’Italia». 

Qualunque sia la ragione che ha “raffreddato” lo slancio verso la riforma delle Province, iniziano a stringere i cosiddetti tempi tecnici nel caso si volesse andare al voto in concomitanza con le regionali e le amministrative del giugno 2024, come inizialmente prospettato, chissà se da L’Aquila arriverà la spinta tanto auspicata da molti.

Il compenso che non c’era, che c’è e che ci sarà. La riforma delle Province a cui si sta lavorando prevede un compenso per il presidente pari a quello del sindaco del Comune capoluogo, come accadeva prima delle riforma che nel 2014 (governo Renzi) le trasformò in un ente di secondo livello, cioè non elettivo. Un compenso che in realtà è già stato reinserito dal governo Conte 2 ma che riguarda solo quei presidenti che già non sono anche sindaci del capoluogo: incassano la differenza tra il loro stipendio da sindaco e quello del primo cittadino del Comune capoluogo.

I compensi, come noto, sono stati fortemente rivisti al rialzo. Nel 2024 per il primo cittadino di Ravenna si arriva a 11mila euro lordi al mese. Lavorano invece attualmente totalmente gratis le persone che De Pascale ha chiamato ad affiancarlo quali Maria Luisa Martinez, Gianni Grandu (presidente consiglio comunale di Cervia), Valentina Palli (sindaca di Russi) e Nicola Pasi (sindaco di Fusignano). Quest’ultimo in particolare, avendo la delega alle strade, ci tiene a sottolineare De Pascale, «ha svolto e sta svolgendo un lavoro particolarmente gravoso dopo l’evento alluvionale di maggio». Con la riforma e l’elezione diretta del Presidente e del Consiglio, si tornerebbe invece a una squadra autonoma, non più “in prestito” dalle attuali giunte.

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