Il 19 aprile mobilitazione per un’università «libera da guerra e sfruttamento»

Riceviamo e pubblichiamo un intervento dell’attivista ravennate Marina Mannucci in vista della mobilitazione del 19 aprile.

UniversitaVenerdì 19 aprile, il movimento internazionale “Fridays for Future” darà il via a una serie di manifestazioni per la giustizia climatica che si terranno nelle piazze di tutta Italia. Sono diverse le realtà sociali, sindacali e transfemministe che aderiscono alla mobilitazione, tra le quali il Collettivo di FabbricaexGkn che scenderà in piazza il 20 aprile a Milano.

Anche il sindacato Sisa (Sindacato Indipendente Scuola e Ambiente) con tutto il personale docente, dirigente e Ata (Federazione Nazionale del Personale Tecnico Amministrativo della scuola), sia di ruolo che precario, sia in Italia che all’estero, hanno annunciato uno sciopero per tutta la giornata del 19 aprile. Si tratta di un’importante mobilitazione nel settore dell’istruzione, che sottolinea l’urgenza di affrontare le sfide attuali legate alla giustizia climatica e sociale anche nel contesto educativo.

A Ravenna, il 19 aprile, alle ore 15, alla sede di Palazzo Corradini, RavennaStudents4Palestine, l’organizzazione CambiareRotta, il gruppo teatrale Tôchi Bellezza, e l’Osa-Organizzazione Studentesca d’Alternativa hanno unito le proprie forze per denunciare «il ruolo che i luoghi della formazione e del sapere assumono nella cosiddetta transizione ecologica e nei conflitti […]. Scendiamo in piazza contro gli accordi delle università con le aziende ecocide e con chi sfrutta il controllo di terre e risorse per l’oppressione dei popoli devastando l’ambiente».

Le mobilitazioni studentesche in Italia hanno una storia caratterizzata da momenti di grande fermento e impegno per la difesa dei diritti civili, sociali e ambientali. Dai moti del ’68 alle rivolte per i diritti civili, il potere di studentesse e studenti nell’incidere sulle politiche e sulla coscienza collettiva ha agito spesso da catalizzatore per il cambiamento, spostando gli equilibri e cambiando il corso degli eventi.

Negli anni ’60 e ’70, il movimento studentesco italiano ha svolto un ruolo fondamentale nelle proteste contro l’autoritarismo, la guerra del Vietnam e le ingiustizie sociali, durante gli anni ’80 e ’90 contro la mercificazione dell’istruzione, le politiche neoliberiste e le discriminazioni sociali. Occupazioni delle università e manifestazioni di massa sono state strumenti di lotta per la difesa dell’istruzione pubblica e la sua accessibilità a tutte/i. Negli anni più recenti, il movimento studentesco è stato un attore chiave nelle rivendicazioni per la giustizia climatica e ambientale.

La mobilitazione del 19 aprile a Palazzo Corradini è parte di questa tradizione di lotta. La posta in gioco, questa volta, però, è più alta: non si tratta solo di cambiare le politiche delle istituzioni educative. I rappresentanti delle studentesse e degli studenti universitari mi hanno voluto comunicare con chiarezza le loro richieste: «È giunta l’ora che gli Atenei rendano pubblici i finanziamenti da parte delle aziende Oil&Gas e, soprattutto, prevedano piani di decarbonizzazione delle loro attività di didattica e ricerca. Denunciamo inoltre con forza la mancata presa di posizione dell’Università riguardo al genocidio che si sta attuando nei confronti del popolo palestinese da parte del governo israeliano e riconosciamo in questo conflitto le dinamiche proprie del colonialismo occidentale. Vogliamo un’università libera da guerra, sfruttamento e oppressione».

Marina Mannucci

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