Profugo morto nel canale, la coop che lo ospitava teme un incidente

Ritrovato dopo dieci giorni di assenza. La Cefal: «Ben voluto da tutti». Era al terzo ricorso per il permesso di soggiorno che gli era stato negato

«Non ha lasciato messaggi e nemmeno ci risulta che abbia avuto contrasti con altre persone, era un uomo sereno che si faceva volere bene. Per questo pensiamo che sia stato un tragico incidente». A poche ore dal ritrovamento del cadavere di Bassirou Mbaye, il 38enne senegalese richiedente asilo ripescato dal canale emiliano-romagnolo a Cotignola, una spiegazione a quella morte prova a darla un responsabile della cooperativa Cefal che gestisce la struttura di Budrio dove l’uomo era alloggiato da settembre con altri diciannove profughi africani di varie nazionalità. «La casa è molto vicina al canale – dice Fabio Federici –, magari stava passeggiando mentre era al telefono come a volte capita ed è scivolato». Sulla morte sta indagando il commissariato di Lugo: la prima ispezione del medico legale dice solo che non sono presenti segni di violenza esterna.

A venerdì 28 ottobre risale l’ultima firma di Mbaye nel libro delle presenze nell’abitazione di via Gaggio 14: «Tutti i richiedenti devono firmare tutti i giorni. Nel weekend ci siamo resi conto che non aveva più firmato e non aveva lasciato detto nulla ai coinquilini. Ci è sembrato strano da subito perché Bassirou era uno preciso, lo conosciamo da tempo e non si era mai allontanato di sua iniziativa come invece capita che qualcun altro abbia fatto magari per andare a trovare amici». A volte capita anche che qualcuno decida di lasciare il percorso tracciato del programma di accoglienza e andarsene per la sua strada facendo perdere le tracce: «Su 150 persone che abbiamo seguito finora nel tempo sarà capitato 6-7 volte». Passati i giorni festivi è stata fatta la segnalazione, come richieto dalle procedure, alla prefettura che coordina la rete di accoglienza sui territori. Il corpo, come detto, è stato ritrovato nella mattinata del 7 novembre. Galleggiava nel Cer all’altezza del ponte di via Gaggio.

A Budrio stava da settembre. In precedenza viveva a Villa San Martino in un altro locale gestito dalla Cefal: «L’avevamo spostato a Budrio perché era una nuova sistemazione e lui che era più maturo e giù inserito era un riferimento anche per noi. Non a caso stavamo pensando anche di inserirlo tra i nostri collaboratori se avesse ottenuto il permesso di soggiorno».

Finora gli era stato respinto già due volte e aveva presentato ancora ricorso, in attesa che la pubblica amministrazione facesse il suo corso viveva a Budrio. Pochi passatempi: «So che frequentava la moschea di Lugo». Ma non era la Romagna il luogo in cui voleva restare: «Non aveva mai detto dove ma voleva lasciare l’Italia. Aveva amici in Spagna ma non è detto che fosse diretto là». In Senegal vivono la moglie e tre figli. La cooperativa, tramite le amicizie nella Bassa, proverà a raggiungere i familiari rimasti in Africa.

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