Il 6 febbraio l’associazione Cuore e Territorio organizza una tavola rotonda con l’intervento di diversi esperti. Una madre: «Dobbiamo dedicare tempo ai figli»
«Ci fa molto piacere quando la comunità si muove per conoscere i temi con cui devono fare i conti le famiglie. Sarà una serata aperta a tutti con l’intervento di alcuni relatori e poi spazio alle domande». Interverranno il sostituto procuratore Cristina D’Aniello, il comandante della polizia postale Ivano Stasi e la psicoterapeuta Agata Manfredi. «Ognuno metterà a disposizione le sue competenze specifiche per affrontare il tema bullismo da vari punti di vista e capirlo». Un fenomeno delicato e difficile da affrontare, come sa bene lo stesso Morgese, luogotenente dei carabinieri in servizio a Forlì, che in questa iniziativa agisce come presidente di un’associazione senza fini di lucro ma quando parla del tema lo fa con la consapevolezza di un bagaglio di conoscenze che derivano anche da indagini e attività sul campo. «Il terreno è difficile perché gli episodi coinvolgono ragazzi attorno all’età dei 14 anni che è una soglia importante: sopra ci sono risvolti penali a tutti gli effetti mentre sotto non c’è imputabilità ma restano comunque i rischi di risarcimenti civili».
L’appuntamento di Classe rientra nelle iniziative di prevenzione ma in alcuni casi è necessario intervenire per reprimere: «L’ambiente in cui molti casi avvengono è quello scolastico e lì devono essere attenti professori e dirigenti per segnalare ai servizi sociali le situazioni che possono nascondere disagi. Questo è il primo passo. Purtroppo non sempre la scuola sa essere trasparente quando deve guardare se stessa, come fanno quasi tutte le istituzioni».
La tavola rotonda, come detto, nasce per iniziativa dell’associazione genitori di Classe e Fosso Ghiaia. In particolare dalla proposta di Arianna Bigi, madre di due alunni che frequentano le elementari all’ombra della Basilica: «I nostri figli sono alla scuola primaria ma credo che già a quell’età ci possano essere dei comportamenti che sono un campanello di allarme di un disagio nascosto. E noi genitori dobbiamo essere capaci di riconoscere quei segnali». Bigi lavora in un asilo nido comunale e studia Scienza del comportamento: «Il bambino o il ragazzino che si comporta da bullo non è una persona cattiva ma lo fa molto spesso come reazione a un disagio che vive in famiglia. Noi genitori dobbiamo ascoltare e dedicare tempo ai figli ma la scuola deve avere gli strumenti per intervenire».