L’Università per adulti compie 33 anni: 42 corsi, 781 iscritti con età media 59 anni

Inaugurazione dell’anno accademico con una conferenza dello storico Cavassini sul 1917, l’anno che ha cambiato il mondo

“Se per te è davvero importante tenere in esercizio la mente, riconquistare il tuo tempo, prendere cura di te stesso, allora ciò che cerchi lo troverai facilmente da noi”. È un passaggio tratto dalla presentazione online sul proprio sito dell’Università per la formazione permanente per gli adulti “Bosi Maramotti” di Ravenna. Lo storico Alessandro Luparini, direttore della Biblioteca di storia contemporanea Oriani, è il presidente: «Un tempo era pensata per adulti intendendo solo pensionati e anziani, ora è pensata per tutte le persone che dopo i 18 anni vogliono proseguire la propria formazione culturale».

In occasione dell’inaugurazione del 33esimo anno accademico, è in programma una conferenza dal titolo “1917-2017. Riflessioni, a un secolo di distanza, sull’anno che ha cambiato il mondo”  tenuta da Paolo Cavassini, storico che si dedica allo studio e all’approfondimento di tematiche legate alla storia locale e nazionale. L’appuntamento è per sabato 11 novembre alle 10 nella sala D’Attorre di Casa Melandri, via Ponte Marino a Ravenna.

Per l’anno 2017/2018  ha 632 associati e 781 iscritti ai corsi. L’età media, nonostante l’apertura ai giovani, è di 59 anni. Il 72 percento degli iscritti ha un diploma superiore e il 51 percento sono donne. Le lezioni si svolgono in diverse sale della città. I corsi sono 42 divisi in aree tematiche tra arte, storia, letteratura, scienze, stili di vita e welfare. Il minimo di iscritti per far partire un corso è di 15, il massimo di 50. Tutta l’attività è basata sul volontariato. La Bosi Maramotti ha anche un giornale che esce due volte l’anno e si chiama “Il Gufo” e illustra i programmi dell’anno. Il corso più longevo è proprio quello ospitato alla biblioteca Oriani, il corso di storia contemporanea, che è anche tra i più frequentati assieme a quello di lingua inglese.

«L’università nel suo insieme – prosegue Luparini – ha immaginato e costruito un programma che fosse quanto più possibile solido e attraente per il più vasto pubblico. Accogliendo proposte e sollecitazioni, soppesando le critiche, facendo tesoro di quel che non ha del tutto funzionato in passato. Il fine ultimo, come sempre d’altronde, era quello di mettere a disposizione della cittadinanza un’offerta formativa plurima e di elevato livello, che tenesse insieme le ragioni della cultura cosiddetta “alta” e quelle della divulgazione, come dev’essere nello spirito di un’associazione di volontariato che affonda le proprie radici nell’esperienza delle università popolari. Ebbene, scorrendo uno dopo l’altro agli argomenti dei corsi e dei laboratori, mi sento di poter dire in tutta tranquillità che l’obiettivo sia stato raggiunto. Come ogni anno ci sono delle conferme e delle novità. Una, molto significativa, riguarda lo “sdoppiamento” del corso di Cultura romagnola (quest’anno dedicato al teatro dialettale, ndr), uno dei capisaldi dell’Università. Provvedimento, per così dire, attuato “a furor di popolo”. Di grande spessore anche il livello delle attività culturali extra corsuali, incontri e conferenze pubbliche aperte a tutti; a cominciare dalla prolusione che sabato 11 novembre 2017 inaugurerà il nuovo anno accademico, dedicata al centenario del 1917, un anno che letteralmente ha cambiato il mondo, tali e tanti gli avvenimenti che lo caratterizzarono. Da sottolineare infine anche le nuove modalità della “scontistica” che riteniamo, o almeno speriamo, possano invogliare più persone ad iscriversi e a fare iscrivere».

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