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In provincia ogni anno 4mila diagnosi di cancro. Sei su dieci vivono più di 5 anni

I dati del Registro tumori della Romagna: mammella, colon-retto e prostata i casi più frequenti. Falcini, direttore di Oncoematologia dell’Ausl Romagna: «Ancora presto per capire l’impatto del Covid»

La media delle nuove diagnosi complessive di tumore in provincia di Ravenna è di circa quattromila casi all’anno. La neoplasia più frequente è quella della mammella (dieci percento), a cui seguono quelle del colon-retto, del polmone e della prostata, tutte con la stessa incidenza (otto su cento). Il dato si riferisce al quinquennio 2010-2014 ed è contenuto in un documento consultabile sul sito dell’Ausl, elaborato sulle statistiche del Registro tumori della Romagna. I numeri sono solo apparentemente datati. Si tratta in realtà di una necessità operativa, come spiega il responabile del registro: «Bisogna ragionare su fasce temporali più ampie – dice il dottor Fabio Falcini – perché alcune diagnosi si posso fare solo a distanza di tempo e perché un dato importante per il quadro generale è la sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi quindi occorre che il tempo passi».

Anche per questo il direttore del dipartimento di Oncoematologia dell’Ausl Romagna non si sbilancia sull’impatto del Covid: «I miei chirurghi hanno l’impressione che i tumori affrontati siano in fase più avanzata rispetto al passato, perché forse qualcuno ha ritardato il primo consulto con le strutture sanitarie. Ma sono solo impressioni che ancora non hanno il supporto di dati e in medicina parlano solo i numeri». Di una cosa Falcini però è soddisfatto: «I tempi per operare un tumore sono rimasti attorno ai trenta giorni anche durante le fasi più acute del Covid»

In Romagna in totale una media di diecimila nuove diagnosi annuali (7.500 se si contano solo i cosiddetti tumori infiltrati per cui il paziente rischia di morire). «L’incidenza nel tempo è rimasta invariata come numero complessivo ed è comunque un dato positivo perché con l’aumentare della vita media aumentano le possibilità di trovare un cancro». È cambiata però la distribuzione tra le varie tipologie: in calo al polmone per gli uomini e non per le donne che hanno cominciato più tardi a fumare, in calo allo stomaco per un cambio di alimentazione, in crescita pancreas e ovaie.

Oggi un romagnolo che riceve una diagnosi di tumore ha circa il 60 percento di possibilità di sopravvivere oltre i cinque anni. Ogni due tre anni la sopravvivenza si alza di un punto percentuale nel complesso. Ma anche qui c’è variabilità a seconda del tipo di neoplasia: «Prendiamo la mammella, è molto diffuso ma sopravvive oltre il 90 percento delle pazienti. I casi più aggressivi al pancreas difficilmente vivono più di un anno».

In Romagna il registro è operativo da oltre vent’anni e da poco ha ricevuto l’investitura dalla Regione per la gestione di tutti i dati dell’Emilia-Romagna. Un lavoro certosino di vera e propria ricerca: «Vanno riunite tutte le rilevazioni che abbiano a che fare con un tumore o un sospetto, sia solido che ematologico – riassume Falcini –. Si tratta di estrapolare informazioni dai certificati di morte, dalle dimissioni ospedaliere e se necessario bisogna interfacciarsi con i medici di base».

L’importanza del registro tumori è presto detta: è il termometro di cosa succede nella popolazione. L’andamento dei dati e le stime sul futuro aiutano l’impostazione delle politiche sulla salute. Falcini lo spiega con alcuni esempi: «Se la bonifica dell’amianto nell’ambiente sta funzionando si può vedere dai dati sui mesoteliomi. Stessa cosa per capire se uno screening sta dando esiti interessanti. Su quest’ultimo aspetto abbiamo visto ad esempio che l’ultimo dedicato al colon-retto ha avuto un buon calo in appena 4-5 anni, pur avendo una risposta bassa tra la popolazione che si aggira sul 50-60 percento degli invtati».