Tamara Fagnocchi realizza audiolibri, pubblicità («Fate l’amore con il sapore»), documentari, cartoni animati. «Con Cinquanta sfumature di grigio mi è venuta la nausea…»
«Sono partita dal teatro – ci racconta al telefono – e poi un po’ per caso sono incappata nello speakeraggio pubblicitario, che all’epoca nemmeno sapevo cosa fosse. Non avrei mai pensato di avere la voce adatta, se ne sono accorti alcuni colleghi: ho fatto i primi provini, sono andati bene. E mi sono resa conto che a teatro ero bravina, ma non certo eccezionale, mentre con la voce il lavoro mi veniva facile e funzionava tutto subito».
Da lì è partita una carriera che l’ha (oltre che portata a Milano) vista protagonista come doppiatrice, soprattutto per documentari (ma anche reality, film e cartoni animati, come l’ultimo Made in Abyss, per cui ha prestato la voce al ragazzino protagonista) e appunto negli spot. «Da Volkswagen ad Arca Planet, da Eurospin fino a Intimissimi (è sua, tra le altre, anche la voce del celebre “Kinder Colazione Più, al mattino chi ci dà di più”, ndr). Ad ascoltarmi sono però soprattutto gli altri, perché io a casa non ho neppure la televisione…». Senza tv, ma con una passione per le pubblicità. «Mi diverto molto, sono sempre esperienze diverse. E oltre che essere un lavoro remunerato bene, nel mondo della pubblicità trovo grande qualità, una vera ricerca della bellezza».
Tra i libri “interpretati”, anche uno di cui non va particolarmente fiera. «Tre anni fa – ci racconta – mi chiamarono per un provino, cosa abbastanza inusuale nell’ambito degli audiolibri. Poi ho scoperto che era per Cinquanta sfumature di grigio, di cui avevo solo sentito parlare in maniera vaga, a quei tempi. Sono stata presa, anche se non subito, e ho iniziato a lavorare: non era certo un capolavoro, ma avevo già lavorato su romanzi rosa di basso livello. Con il passare delle pagine però ha iniziato a venirmi la nausea. Di erotico c’era ben poco secondo me; il problema erano i messaggi terribili che il libro lancia alle ragazzine. A quei tempi voleva leggerlo anche mia nipote quindicenne e mi sono immaginata tutte le ragazzine che per colpa di quel libro avrebbero potuto pensare che in fondo se uno è ricco, figo e giovane può permettersi di importi un po’ tutto. È l’unica volta che mi è capitato, ma ho rifiutato quel lavoro, abbandonando gli altri due libri della trilogia (Cinquanta sfumature di nero e Cinquanta sfumature di rosso, ndr) che avrei dovuto invece completare. La Mondadori non la prese benissimo, mi fece terra bruciata attorno, tanto che per un po’ non ho più ricevuto offerte per audiolibri. Poi hanno iniziato a cercarmi gli stessi autori e ho fortunatamente ripreso».
Quanto conta, oltre alla voce, l’interpretazione? «Sicuramente la mia esperienza teatrale è un plus rispetto ad altri colleghi. Più in generale, la voce va allenata, esattamente come un atleta allena i muscoli. Fortunatamente lavoro ininterrottamente e quindi non ne ho praticamente bisogno, ma non appena resto due giorni senza lavorare sento che ho bisogno di “riscaldarmi”».
E se arriva un raffreddore? «È sempre stato uno spauracchio per tutti noi, ma io avevo già iniziato a igienizzarmi anche prima del Covid, riuscendo già a far sparire i raffreddori. D’altronde in questo lavoro non è che ti aspettano: i tempi sono serrati e la voce è l’ultimo tassello di un lunghissimo percorso, o ci sei o non ci sei. Devi garantire un’estrema disponibilità e grande reperibilità. Come un chirurgo, con la differenza che noi non salviamo nessuna vita».
Lavorare con la voce, può avere anche delle controindicazioni… «Ho delle amiche che non mi chiamano perché dicono che tanto mi sentono tutti i giorni (ride, ndr). E poi c’è sempre l’effetto sorpresa, di chi ti conosce solo per la voce: ricordo che vinsi un casting della Suzuki e poi quando mi presentai a Milano l’agente mi guardò come se qualcosa non le tornasse. Con la voce, in effetti, puoi essere chi preferisci, anche una bionda, alta e con gli occhi azzurri…».