Guida pratica su come scegliere le scuole superiori: «Non pensate al lavoro…»

Ne parla lo psicologo Iacopo Casadei, che si occupa da vent’anni di orientamento: «Analizzare le competenze dei figli e gli orari con le materie. Non chiedete ai ragazzi l’impossibile»

Iacopo Casadei

Iacopo Casadei

«Una ricerca dice che un bambino sorride 300 volte al giorno, mentre un adulto solo 11. Ecco, la domanda che faccio ai genitori è proprio questa: quanto volete vederlo sorridere, vostro figlio, alle superiori?». A chiederlo, nel corso di conferenze che tiene abitualmente anche nelle scuole della provincia di Ravenna, è lo psicologo cesenate Iacopo Casadei, che si occupa da vent’anni di orientamento scolastico e professionale.

«Siamo tendenzialmente sempre pessimisti – continua, completando il ragionamento – mentre quando si parla di superiori diventiamo invece improvvisamente ottimisti, pensiamo che tutto potrà andare meglio, senza considerare oggettivi fattori ostacolanti. Spesso capita che la famiglia dia un valore alla scuola, senza capire però qual è il limite del ragazzo, pensando che il meglio per lui sia quella determinata scuola, appunto, mentre in realtà il meglio per lui sarebbe non chiedergli l’impossibile».

Cosa si aspettano genitore e figlio, quando partecipano ai suoi incontri?
«Entrambi hanno l’obiettivo di arrivare alla scelta migliore possibile, ma ci sono difficoltà che si ripetono e non aiutano. In primis, è difficile valutare le risorse che il ragazzino ha da spendere nelle superiori e per il ragazzino stesso non è facile autopercepirsi. Si tratta quindi di una decisione che va presa insieme, è una scelta di famiglia, non del ragazzo, anche perché i veri interessi maturano dai 16 anni in su. In Europa scelgono generalmente il proprio futuro a quell’età e sono d’accordo con chi critica il sistema scolastico italiano, che obbliga invece a farlo a 13 anni. Oltretutto abbiamo a che fare con una generazione cresciuta con astinenza scolastica, a causa Covid: sono un po’ più bambini, più immaturi, devono ancora crescere».

Quali sono i consigli pratici da dare alle famiglie?
«Tenere conto delle competenze scolastiche del ragazzo, sfruttando magari questi giorni anche per metterlo alla prova, se qualcosa non ci convince, dal metodo di studio alla maturazione. Non esiste una scuola migliore o peggiore: la scuola in realtà è un abito, che va indossato a seconda delle proprie caratteristiche. Scegliere una scuola in linea con le competenze dell’allievo permette anche di far maturare meglio le cosiddette competenze trasversali, come imparare a gestire lo stress. Per farlo bisogna scegliere una scuola equilibrata per il suo rendimento, né troppo stressante, ma neanche troppo in discesa».

Ma le famiglie conoscono le scuole superiori?
«Non molto, sto notando. Spesso si fanno trascinare da pregiudizi. E i ragazzi prendono in maniera troppo emotiva gli open day, che magari sono stati carini, ma non rappresentano la realtà. Il mio consiglio è di analizzare attentamente il quadro orario di ogni scuola, per capire poi quali sono le materie effettivamente con più ore, per cui i ragazzi dovranno passare più tempo sui libri».

Quanto si dovrebbe tenere in considerazione il cosiddetto sbocco professionale, quello che vorrebbero fare i ragazzi “da grandi”?
«La generazione dei 2009, in particolare, quella che in queste settimane deve scegliere le superiori, è nata a ridosso della grande crisi e tutti gli studi ci dicono che non avrà il problema del lavoro. Per una questione innanzitutto statistica: sono pochi, a fronte di generazioni di 50 e 60enni che gli lasceranno il posto: si sta aprendo un’autostrada sul mercato di lavoro. Questo aspetto quindi non dovrebbe incidere nella scelte delle famiglie, così come non si dovrebbe dare troppo valore a interessi professionali labili, del tipo “voglio fare l’avvocato perché mi piacciono le serie-tv poliziesche”…».

E l’attività sportiva?
«Io considero lo sport molto formativo, così come lo possono essere naturalmente la musica o il teatro. Credo sia necessario coltivare il talento sportivo, che spesso significa molte ore di allenamento e sacrifici. In questo caso il mio consiglio è di forzare meno dal punto di vista scolastico, non chiedere ancora una volta l’impossibile ai propri figli. E quindi se si decide di mettere al primo posto lo sport è giusto fare una scelta sulla scuola coerente. Se invece si punta prioritariamente sulla scuola, bisognerà ahimè saltare qualche allenamento…».

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