Lo sfogo di uno chef: «Quante bugie dietro a quelle Stelle Michelin…»

Riceviamo e pubblichiamo una lettera che farà sicuramente discutere: è quella di uno chef che denuncia un sistema poco trasparente – per usare un eufemismo – dietro le quinte di un locale di un cuoco stellato, in cui ha lavorato. L’anonimato è necessario per evitare diffamazioni – non essendo possibile una replica – ma i temi sollevati crediamo possano essere comunque utili per tenere alta l’attenzione sulla qualità di un lavoro che ha direttamente a che fare con tutti noi.

Pexels Rene Asmussen 2977514

Ho pensato tanto prima di scrivere queste righe, perché il rispetto che ho per il mio lavoro certe volte mi divide in due. Essere un cuoco significa abbracciare una scelta di vita di rispetto per il cibo, gusto e amore per le persone con cui condividi la tua passione. Si cucina per condividere, si cucina per spogliarsi delle menzogne, delle etichette. Credevo che tutti quelli che abbracciano questo mestiere, che scelgono di fare gli chef, di aprire un ristorante, di diventare cuochi-imprenditori, la pensassero come me. Beh, il mondo della cucina di oggi, il mondo dell’apparenza, mi ha invece ingannato e deluso.

Dopo tanti anni di lavoro sodo, di sacrifici, decido di inseguire il sogno di ogni ragazzo o ragazza che vuole fare questo mestiere, che ha voglia di fare un viaggio lungo, difficile ma pieno di soddisfazioni: mi affido a un cuoco stellato, noto per il suo marketing, per le sue stelle Michelin guadagnate nel corso degli anni, per la sua fama di duro lavoro, impegno, esperienza, talento. Se fosse tutto vero, oggi sarei ancora una persona che sogna di fare parte di questo mondo. Per farla breve, invece, entro nel sistema, lascio il mio vecchio incarico, faccio chilometri per lavorare in un progetto per cui dedico anima e cuore. Ma chi ha detto che non è oro tutto quello che luccica aveva pienamente ragione.

Il prezzo del piatto che hai davanti quando paghi profumatamente la firma di un cuoco blasonato, non è sempre trasparente. Dietro c’è tanta falsità, tanta apparenza e tanto amore non per la cucina, no, ma solo ed esclusivamente per il business. E così mi ritrovo davanti a chef stellati che non stanno nella loro cucina per cucinare. Cuochi che usano i ragazzi di vent’anni per studiare i piatti, le ricette, per fare le prove, prendendosi poi tutti i meriti che invece non gli spettano. Tanto tu, giovane, non puoi dire nulla, hai ancora la speranza di poter crescere. E lo chef incassa intanto stelle Michelin con prodotti scadenti, “pesce fresco” che in realtà è congelato, “materia prima italiana”, del “territorio”, in realtà firmata Spagna, Grecia, Croazia. Soasi venduti come rombi, che hanno un prezzo nettamente inferiore; verdure fresche che si rivelano congelate, addirittura fiocchi scadenti di patate quando abbiamo sul territorio il fresco pregiato. Immagini vendute per quello che voi alla fine non vedete ma pagate, e anche a caro prezzo.

Chef stellati che non sanno usare un coltello per tagliare a julienne, giovani pakistani che da lavapiatti vengono promossi di sera capi partita senza aver mai pulito nemmeno un gambero o una seppia e pagati una miseria.

E il nostro chef stellato non dimentica di diventare il protagonista anche di questa cucina, capace di prendersi i meriti, davanti a giornali che fanno le standing ovation e addirittura grandi critici che mettono i ristoranti nella Guida Michelin senza indagare chi sta dietro a tutto ciò.

Continuiamo ad arricchire persone che diventano chef stellati in modo strano, con la loro storia che si incrocia con imprenditori, donazioni, premi. E così, il ragazzo giovane che continua a guardare Chef’s Table in tv, sogna, lavora sodo per pochi soldi, spende per assaggiare piatti in giro per Italia da ristoranti blasonati e spera, spera, che un giorno, fra 20 anni diventerà il prossimo chef stellato…

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