Disturbi del comportamento alimentare, «senza fondi aumenteranno i ricoveri»

Ne parla la responsabile Ausl, Di Stani. «Il 70 percento guarisce, ma bisogna agire immediatamente. Campanelli d’allarme? Non fate mangiare i figli da soli in camera»

BilanciaHa fatto discutere nelle scorse settimane lo stop ai finanziamenti stabilito dal governo Meloni che, all’interno dell’ultima legge di bilancio, ha messo a rischio la tenuta delle strutture che curano i disturbi del comportamento alimentare (Dca o Dna – Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione). A seguito delle proteste di pazienti e associazioni, il ministro Schillaci ha annunciato che verrà messo a disposizione di queste realtà un fondo di 10 milioni di euro (contro i precedenti 25 su scala nazionale, di cui 1,8 destinati all’Emilia Romagna). Fondo che centri e Usl si augurano venga rifinanziato in maniera strutturale in favore di una politica contro i disturbi alimentari, sempre più diffusi tra giovani e giovanissimi e che rappresentano una percentuale di mortalità seconda solo agli incidenti stradali nella fascia d’età 12-25 anni.

In Romagna, l’Usl ha riunito le quattro realtà di Ravenna, Rimini, Cesena e Forlì, creando un equipe multiprofessionale e un monitoraggio tramite cartelle cliniche regionali coordinate e creando il Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale (Pdta) che inizia con il riconoscimento precoce dei disturbi, la presa in carico del paziente e della sua famiglia, e prosegue con un lavoro di rete organizzato su più livelli.

Il mancato rifinanziamento avrebbe conseguenze negative per i pazienti con un conseguente aumento dei ricoveri, misure d’emergenza costose e impegnative per il servizio sanitario nazionale che, grazie al lavoro di Usl e ambulatori, sono oggi quasi azzerate in regione.

Ne parliamo con Marinella Di Stani, responsabile del Percorso Disturbi del Comportamento Alimentare dell’Ausl Romagna.

Quanto sono cresciuti i casi nel corso degli ultimi anni?
«Nel 2019 l’Ausl Romagna contava 515 utenti, 154 minori e 361 adulti, mentre nei quattro anni successivi si è arrivati a contare 335 minori e 444 adulti, per un totale di 779 pazienti con disturbi alimentari in tutta la Romagna. Il post pandemia ha causato un aumento del 51% delle diagnosi, ma nonostante questo dato, siamo fieri della rapida diminuzione dei ricoveri, oggi quasi azzerati. Si tratta di una controtendenza a livello territoriale resa possibile grazie al Pdta offerto da Ausl Romagna, dove i pazienti vengono presi in carico grazie a segnalazioni e impegnative di medici di base, famigliari e associazioni. Per quello che riguarda la provincia di Ravenna, dal 2019 al 2021 si sono contati 15 ricoveri di minori e 5 di adulti, con una riduzione di circa il 20% rispetto agli anni precedenti. I dati relativi al biennio 2022/2023 devono ancora essere elaborati».

Quali sono le patologie più diffuse?
«Tra i disturbi alimentari più frequenti vanno citati l’anoressia nervosa e la bulimia, spesso accompagnati da disturbi dell’umore e della personalità. Sempre più diffusi anche casi di avoidant restrictive food intake disorder, una patologia legata alla fobia del cibo più che alla paura di ingrassare. Sono in aumento anche i casi di Binge eating disorder, disturbo che porta a un’alimentazione incontrollata e a una compulsività verso il cibo».

Qual è la percentuale di guarigione?
«Grazie al percorso terapeutico circa il 70% dei pazienti guarisce completamente entro due anni dall’inizio delle cure. Il restante 30% si divide tra pazienti che ricorrono al ricovero e altri che sviluppano patologie psichiatriche di diversa natura, aggravando la loro situazione e arrivando a una mortalità del 10% in un lasso di tempo di 10 anni causato da complicanze fisiche o tendenze suicide».

Come funziona il percorso di rieducazione alimentare proposto dall’Ausl?
«Nell’arco di una sola giornata il paziente viene sottoposto a un ciclo di visite completo. Si comincia dall’aspetto psicoterapeutico, con la visita di psicologo e psichiatra, e si prosegue dal punto di vista nutrizionale incontrando nutrizionista e dietista. Si tratta di un lavoro coordinato di quattro operatori specialistici che preparano un referto e un piano nutrizionale per i mesi a seguire. L’obiettivo è quello di fornire un servizio completo in day-service, grazie all’ambulatorio intensivo che fornisce prestazioni più volte a settimana collaborando con le famiglie o le associazioni composte da famigliari ed ex pazienti guariti (a Ravenna il gruppo “Sulle ali delle Menti”, ndr). Solo nel caso in cui il paziente risulti poco motivato, o la sua cartella clinica particolarmente preoccupante – Bmi inferiore a 14, situazione metabolica compromessa o gravi condizioni renali – si procede a interventi ospedalieri e nutrizione artificiale. Per quello che riguarda i pazienti affetti da binge eating invece viene preparato un piano alimentare affiancato al percorso psicologico e terapie di gruppo cognitivo-comportamentali. Nei casi più gravi l’azienda prevede anche un iter di chirurgia bariatrica completamente gratuito».

Quante e quali di queste prestazioni ospedaliere sono gratuite?
«Attualmente, senza il rifinanziamento del Governo, a livello ambulatoriale è quasi tutto a pagamento, ad esclusione del percorso psicologico o psichiatrico. Tra le prestazioni a pagamento anche elettrocardiogramma, elettromiograa ossea e gli interventi del dietista. Questo spinge al ricovero ospedaliero anche i pazienti che non ne hanno davvero bisogno, dinamica che cerchiamo di evitare. Quando il fondo del Governo sarà rifinanziato, almeno 16 prestazioni ambulatoriali diventeranno gratuite. La speranza è quella di arrivare a garantire un percorso integrale gratuito».

I dati evidenziano una maggiore tendenza al disturbo negli adolescenti?
«Adolescenti e adulti sotto i 30 anni sono la fascia più colpita. Quello dell’anoressia nervosa è stato un vero e proprio fenomeno di contagio tra i più giovani, ma i dati sono in miglioramento. La maggior parte dei pazienti, circa il 90%, è di sesso femminile. Per i ragazzi si parla invece di “vigoressia”, ovvero la ricerca spasmodica di un corpo tonico e muscoloso. I ricoveri di pazienti adolescenti oggi non superano il 5% e ricorriamo anche a strutture di prossimità gestite da psichiatri ed educatori per evitare ricoveri prolungati».

La famiglia e i genitori c’entrano nella genesi e nel mantenimento dei disturbi del comportamento alimentare? Che ruolo ha la famiglia?
«Le famiglie disfunzionali o indigenti possono influire nella genesi, così come il seguire in casa diete ferree. Ma di solito le famiglie sono una risorsa che coinvolgiamo subito nel percorso di cura, attraverso gruppi psicoeducativi. Per quelle disfunzionali proponiamo invece una terapia familiare».

E l’uso massiccio dei social media?
«Fenomeni come la pandemia e l’uso smodato dei social hanno sicuramente contribuito al ritiro dei più giovani dalla vita sociale, favorendo l’emergere di patologie legate ai disturbi alimentari. Tuttavia, non credo siano da demonizzare i social quanto piattaforme in sé, ma l’uso che se ne fa: se da un lato gli standard estetici promossi sui social possono essere in un qualche modo induttivi sulle persone più vulnerabili, queste app possono trasformarsi anche in un primo approccio di socializzazione per i più schivi, oltre che un punto di incontro virtuale dove promuovere iniziative e sensibilizzazione».

Quali sono i “campanelli d’allarme” da non sottovalutare per i famigliari?
«Credo che i genitori dovrebbero prestare particolare attenzione ai cambiamenti delle abitudini dei figli: i ragazzi potrebbero smettere di voler mangiare insieme alla famiglia e pretendere di mangiare in camera da soli, questo atteggiamento non deve essere assecondato. Oppure potrebbero correre in bagno appena terminato il pasto, fare attività fisica in modo compulsivo o essere schivi e refrattari nei confronti di chi li circonda. Nei casi di adolescenti affetti da disturbi alimentari è importante agire immediatamente rilevati i primi sintomi, ma la prevenzione è fondamentale: non bisognerebbe mai essere giudicanti o avere pregiudizi sul corpo dei propri figli. Per segnalare casi a rischio o avere ulteriori informazioni è possibile scrivere una mail a disturbialimentari@auslromagna.it».

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