Andrea Delogu porta a teatro i suoi 40 anni: «Chiedere aiuto non è da deboli»

Conduttrice radiofonica, presentatrice tv, autrice di libri: «Il mio mestiere è la comunicazione, in tutte le sue forme». A Faenza lo spettacolo in cui si racconta: «Vivo da dio la mia età». La ricetta per i social: «Blocco i maleducati»

DELOGU

Chiedere aiuto è fondamentale per vivere bene, ma è difficile perché è visto come una cosa da deboli per una generazione, quella dei 40enni di oggi, che è cresciuta con cartoni animati dove non c’era spazio per la debolezza. È il pensiero di Andrea Delogu, 41 anni, personaggio artistico con mille facce: conduttrice tv e radiofonica, scrittrice, influencer. E ora attrice a teatro con “40 e sto” al Masini di Faenza il 26 novembre.

Faenza è Romagna e quindi per una nata a Cesena e cresciuta a Rimini vuol dire aria di casa. Cambia qualcosa salire sul palco da queste parti?
«Nello spettacolo parlo molto della mia terra perché parlo di me e il luogo dove cresci ti regala sempre una parte del tuo Dna. Quindi per il pubblico di queste zone è più facile seguirmi, la sintonia è più immediata quando hai di fronte gente che sa benissimo a cosa ti riferisci quando parli di passatelli e invece in tante parti d’Italia non li conoscono».

Grave mancanza. Sta facendo divulgazione?
«Alla grande».

Ok, ma team brodo o team asciutti?
«Brodo, non litighiamo eh…»

Avremmo litigato se avesse detto il contrario. A proposito di Romagna, Cervia è stata uno dei suoi primi lavori in tv vent’anni fa ai tempi del reality di calcio Campioni…
«È vero! Avevo già fatto la letteronza a “Mai dire domenica” e c’era stato Match Music, ma quando sentii parlare della possibilità di lavorare in zona accettai subito. Con qualche collega di quel lavoro sono ancora in contatto».

Anche quella piccola esperienza ha avuto un ruolo nella costruzione di chi è la 40enne che oggi racconta sul palco?
«Tutto quello che sono lo devo alle piccole esperienze iniziali, anche quando facevo la vocalist nei locali della riviera. Mi hanno fatto capire che potevo “tenere botta” alla grande».

Lo spettacolo è nei teatri da un anno e replica dopo replica ha subito anche delle modifiche in base alle risposte del pubblico. Anche lei è cambiata a forza di raccontarsi?
«Quando racconti la tua storia davanti alla gente tutto sembra molto meno grave perché ti accorgi che non sei l’unica a vivere certe situazioni e lo capisci dai messaggi che mi arrivano da chi è stato a teatro. È tutta una questione di empatia e voglia di raccontarsi».

Un tema dello spettacolo è l’importanza di chiedere aiuto e la difficoltà nel farlo. Perché è così difficile?
«Perché siamo cresciuti con l’idea che essere deboli è un difetto. Forse in questo io vedo un ruolo anche dei manga: la mia generazione è cresciuta guardando cartoni che proponevano l’idea del martirio come qualcosa di giusto, da “Lady Oscar” in poi. Il personaggio Julian Ross di “Holly e Benji” soffriva di cuore e quando si fermava in campo veniva insultato perché doveva continuare e lui continuava…».

La difficoltà di chiedere aiuto si lega al tema della violenza di genere?
«Apriamo la parentesi del patriarcato che è enorme. Come donne siamo cresciute per secoli con l’idea che la famiglia fosse un contesto protetto e quando una donna sta male deve chiudersi in camera perché ci penserà qualcun altro per lei. Non è così, non apparteniamo a nessuno e dobbiamo capire, non solo le donne, che quando c’è un problema ci sono i professionisti a cui rivolgersi, non bastano “gli amici che sanno ascoltare”. La mente è delicata, ci vogliono anni di studi per maneggiarla».

I suoi 40 anni li vive così bene come va raccontando?
«Da dio».

Non c’è mai stato un momento in cui quel numero la spaventava?
«Non mi hanno mai spaventato perché forse la mia generazione non ha avuto la concezione dell’età, ma magari è così solo nella mia bolla di amicizie. Sentivo dire che arrivare ai 40 è una figata ma non mi rendevo conto di quanto potesse esserlo: a questa età hai una consapevolezza che ti fa perdere meno energie nel cercare di capire dove vuoi andare. E se non l’hai capito si è fatto tardi…».

La Delogu 41enne cosa direbbe alla Delogu ventenne?
«Mangia sano perché poi ne paghi le conseguenze».

Tutto qua?
«Sono quella che sono e sono soddisfatta perché ho fatto un sacco di cazzate. Non vorrei darmi consigli per evitare di rifarle. Io ho guadagnato tanto anche dal mio divorzio perché sono in buonissimi rapporti con il mio ex marito e se non ci fosse stato il divorzio non avrei cambiato vita e messo in discussione cose che avevo ma non mi rendevano felice. Sbagliare è fondamentale».

Arriva a teatro ma nel cv ha già radio, tv, libri, social… qual è il suo mestiere?
«Io comunico. Il mio lavoro sta sotto il grande cappello della comunicazione e uso tutte le possibilità esistenti».

I social network sono una fetta importante della sua comunicazione. Come si vive tra hater e like?
«Mia madre è scriteriata e si mette a discutere con i miei hater e quando succede le telefono e mi dice che non può stare zitta. Io invece ho un altro approccio: blocco chi è maleducato o cerca solo lo scontro per dimostrare di esistere. Le critiche e le opinioni sono libere e non potrebbe essere diversamente visto che ho scelto un lavoro dove la mia immagine è necessariamente pubblica».

Le querele servono?
«Non ne ho mai avuto bisogno. Ma chi ha scelto di farle ha fatto bene: i social siamo noi, non sono un mondo a parte».

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