Billy Lynn, romanzo di guerra e di America

Bello, divertente, ben tradotto. Così lo presentava Christian Raimo su Facebook. Finalista al National Book Award e vincitore del National Book Critcs Circle Award, È il tuo giorno, Billy Lynn! di Ben Fountain (portato in Italia dalla solita benemerita Minimum Fax per la traduzione di Martina Testa) è effettivamente un romanzo da leggere. Più per come racconta l’America, forse, che per come racconta la guerra d’Iraq.
La storia descrive in pratica il “victory tour” di una squadra cosiddetta Bravo di soldati americani reduci da una missione in Iraq particolarmente pericolosa in cui hanno perso un compagno. Vengono portati trionfalmente in giro in limousine, mostrati negli show televisivi di una serie di stati (guarda caso tutti a breve coinvolti in elezioni) e trascorrono una giornata, la più lunga, quella del Ringraziamento, allo stadio a seguire una partita di football, con i postumi di una colossale sbronza, tra un buffet tra ricconi di provincia, gadget costosissimi, ricordi della guerra che non hanno nulla di eroico o di mitico, scene familiari dove emerge l’America delle periferie, dove scopriamo che a partire militare, in fondo, sono spesso i disperati, le teste calde, quelli che altrimenti non saprebbero cosa fare della propria vita, quelli che non vorrebbero fare la fine, squallida, dei propri genitori. E poi Hollywood, il produttore che conosce il mondo e che sta cercando di piazzare la loro storia per un film, magari con qualche correzione, qualche personaggio femminile, un’ambientazione in un’altra guerra. Lui che peraltro la guerra, quella del Vietnam, l’ha evitata come tanti della sua generazione aderendo di fatto a un movimento pacifista che non regge il confronto con quello attuale. E poi gli americani che salutano i ragazzi, che vogliono vedervi degli eroi, che vogliono credere alla favola dei terroristi. Irriverente, sarcastico, a tratti cattivo, il romanzo è raccontato dal punto di vista del diciannovenne Bill Lynn, membro della Bravo, di cui, tanto per dare l’idea, a un certo punto l’autore (peraltro esordiente) dice: «Billy non se l’è andato a cercare quel gesto eroico, no. È stato il gesto eroico a venire da lui, e quello che teme come un cancro al cervello è che il gesto eroico torni a cercarlo di nuovo». Ah sì, perché gli eroi della Bravo, nel giro di un paio di giorni devono imbarcarsi di nuovo per tornare in Iraq per altri undici lunghissimi mesi. Ma questo è meglio non dirlo troppo durante il Victory tour. La gente rischierebbe di non capire.

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