Una carrellata sui dischi più importanti del 2018 (“so far”)

Kali Uchis

Kali Uchis

Mentre si sta per concludere il primo semestre del 2018 è tempo di guardare fuori dall’Italia e cercare di mettere in fila alcune uscite importanti o comunque meritevoli d’attenzione in campo internazionale, una sorta di “best of 2018” finora, o meglio “so far”, come va di moda scrivere e come stanno scrivendo in questi giorni le principali riviste on line di settore di tutto il mondo. Pochi capolavori (forse nessuno) in un anno finora sotto tono rispetto per esempio agli ottimi 2017 e 2016, con il tentativo di rialzare la testa del rock (o il pop o il folk) suonato (anche) con le chitarre.

È piaciuto un po’ ovunque, per esempio, il dream pop dei Beach House, tornati effettivamente in buona forma con 7 mentre non è stata capita del tutto, al momento, la versione per così dire dimessa (ma per chi scrive piuttosto stilosa) degli Arctic Monkeys. Stanno piacendo ai “soliti”, poi, i suoni più sghembi e taglienti dei nuovi Car Seat Headrest (bello, in effetti) o Parquet Courts, per orfani anche, per esempio, dei Pavement (che tra l’altro possono consolarsi anche con il nuovo album del loro leader, Stephen Malkmus, anche se non è la stessa cosa). Per quanto riguarda il versante più prossimo al folk è tornato Father John Misty, con un disco piuttosto classico che continuerà a piacere ai suoi tanti fan ma forse, detto tra noi, meglio virare su qualcosa di più serio, come il nuovo Ryley Walker, per esempio. Per chiudere (o quasi) con le chitarre da segnalare i lavori art-rock-pop, o qualcosa del genere di Unknown Mortal Orchestra e U.S. Girls, che ci portano come sonorità, finalmente, anche a lidi più “black”, i più interessanti come ormai assodato in questi anni.

E allora cominciamo con i bei dischi di due star sulla scia delle varie Beyoncé, Rihanna, Lauryn Hill, come la debuttante colombiana Kali Uchis e la già reginetta Janelle Monae per poi proseguire nel mondo black, versante jazz, con il nuovo discusso album (c’è chi dice “geniale” e chi parla di banale riciclaggio, fate voi) Kamasi Washington fino ad arrivare al magico mondo dell’hip hop, in questo periodo catalizzato naturalmente da Kanye West e da tutti i suoi eccessi (amore per Trump compreso) e spacconerie ma anche dalla grande produzione del disco di Pusha T, il migliore finora della carrellata di album (compreso quello un po’ interlocutorio dello stesso Kanye) da sette canzoni l’uno (almeno così pare) in uscita in sequenza per la sua etichetta Good Music. In ambito rap meritano un ascolto anche i lavori di due “girls”, Cardi B e Cupcakke, piaciuti anche fuori dal giro.

Chiudiamo con un rapido sguardo verso l’elettronica, dove comandano in questi mesi Jon Hopkins e Dj Koze (ma ci sarebbero da recuperare le 8 ore dell’ultimo lavoro dei maestri, Autechre), mentre è sicuramente tutto da assimilare il nuovo disco di Oneohtrix Point Never, che si ama o si odia e che è ormai fuori da tutti gli schemi. Un’ultima segnalazione per il debutto alternative dance-pop, se si può chiamare così, degli australiani Confidence Man, acclamato in tutto il mondo.
A fine anno ci risentiamo per entrare nel merito di questi e (si spera) altri dischi che ricorderemo del 2018.

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