“Prima di noi”, la Storia senza eroi narrata da Giorgio Fontana

Fontana Prima Di NoiUn’opera importante, senza dubbio e per certi versi molto attesa. Ma forse, tutto sommato, purtroppo non indimenticabile e nemmeno imprescindibile, almeno nella sua interezza.
Prima di noi di Giorgio Fontana (pubblicato da Sellerio) racconta la storia della famiglia Sartori nell’arco di quasi un secolo: vicende di vita comuni, segnate più o meno margimentalmente dai grandi eventi della Storia con la cosiddetta S maiuscola.
Nessun Sartori, va forse premesso, sarà protagonista di alcunché se non della propria vita privata, sui cui si concentra in particolare Fontana.

Già vincitore del premio Campiello, lo scrittore conferma un talento nell’uso misurato delle parole, in una penna precisa e senza sbavature nonostante le quasi 900 pagine del romanzo, ma non tutti i personaggi e non tutte le epoche riescono a mantenere la stessa intensità delle prime meravigliose 200 pagine.
Dal dopoguerra in poi, sarà che le storie sono effettivamente meno memorabili in generale, sarà che davvero i personaggi sono sfiorati sempre più da lontano dalla grande Storia, sarà soprattutto che invece che lottare per la sopravvivenza si trovano a combattere per avere il frigorifero, a tratti viene meno la tensione anche se non si è mai tentati di abbandonare la lettura. E questo, appunto, nonostante quelle dei Sartori siano piccole vite di persone imperfette, che commettono errori inspiegabili tante volte irrazionali e per questo umanissime, che si portano dentro un carico di dolore che non riescono a risolvere, che finiscono per accontentarsi, che soprattutto trovano solo a sprazzi qualche modo di tregua da una ricerca che non ha un obiettivo e non ha un senso chiaro.

Un po’ come quando si guarda la terra vista da un satellite nello spazio, nel leggere questo romanzo sembra inevitabile ridimensionare ogni singola esistenza come parte di un flusso, formichine dentro la storie, vite estrapolate dalla massa legate tra loro da un filo di sangue che porta inevitabilmente con sé un patrimonio di dolore e, a dire il vero, poco altro.
“Il cognome è tutto” dice un personaggio, eppure nessun rapporto padre-figlio o nemmeno madre-figlia appare in qualche modo desiderabile e invidiabile.
Ed è questa sicuramente la forza di un libro che non suggerisce esempi, non fa monumenti a nessuno e ha innanzitutto il grando merito di evitare qualsiasi tentazione di eroismo in modo sistematico.

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