167 – «L’ultima tappa»

167 Dante RidimensionataNel 1933 Giovanni Papini dava alle stampe per la Libreria Editrice Fiorentina un’opera intitolata Dante vivo, un libro che secondo l’autore non voleva essere «di professore per scolari, né di critico per critici, né di pedante per pedanti, né di un pigro compilatore per uso di pigri lettori».
Papini aveva voluto scrivere un «libro vivo d’un uomo vivo sopra un uomo che dopo la morte non ha mai cessato di vivere», evitando di comporre «una delle tante vite di Dante, maiuscole o minuscole, utili o superflue, che tutti gli anni si pubblicano qua e là per il mondo».
Un capitolo dell’opera non poteva non essere dedicato a Ravenna, «l’ultima tappa» della vita del Poeta: «S’è parlato molto, a proposito dell’Alighieri a Ravenna, dei ricordi e monumenti bizantini ma a Dante l’impero d’Oriente diceva poco. Per lui, invece, Ravenna era la tappa iniziale e finale del vero impero, quello di Roma […].Ma se grandi eran le memorie del passato nella malinconica città, ultimo rifugio dell’Impero e di Dante, non era troppo grande la realtà in quei primi decenni del Trecento […]. Miglior compagnia gli avranno fatto, son certo, i pini contorti di Chiassi sopra le rive deserte dell’Adriatico o quei santi, imperatori e angeli di mosaico che aspettano da secoli, coi loro occhi enormi ed immoti, dalle pareti di San Vitale e di Sant’Apollinare, un canto che li sciolga da quell’incanto sacro e minerale. Ormai la sua conversazione è più coi morti che coi viventi […]. Ravenna, città di pini e di morti».

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